Sciacca, la città si mobilita per la riapertura delle Terme
CronacaLo stabilimento di proprietà della Regione è stato chiuso il 6 marzo 2015 insieme con le piscine di acqua sulfurea, le piscine di acqua salsobromoiodica, le Stufe di San Calogero, il Grand Hotel delle Terme, il parco termale. Un complesso di beni dall’inestimabile valore, le cui acque hanno proprietà uniche al mondo, risorsa che potrebbe rappresentare una occasione di rilancio del turismo e che la città chiede a gran voce di riaprire. Il 6 marzo un corteo con l'adesione di oltre cento associazioni
Qualcuno con un pennarello ha scritto “ex” accanto alla parola Terme su una delle indicazioni stradali che ancora oggi riportano il nome completo: "Sciacca Terme" . In questa cittadina a forte vocazione turistica affacciata sullo splendido e irrequieto mare della costa agrigentina, che negli anni '70 puntava a diventare il principale polo termale d’Europa, le terme sono invece state chiuse, ormai 9 anni fa. Una storia tutta siciliana di incompiute, sprechi e cattiva gestione del bene pubblico; un bene prezioso, che è stato valorizzato per secoli, dai tempi degli antichi greci, e poi, in epoca moderna, portato progressivamente al suo declino fino al 2015 quando la proprietaria, la Regione decide di chiuderlo perché considerato “improduttivo” nonostante la massiccia affluenza registrata ogni anno; che fosse per scopi medici o turistici, le Terme hanno sempre rappresentato un'attrattiva. E la chiusura, per la città e il comprensorio, è stato un colpo durissimo, ancora più duro perchè inspiegabile.
La chiusura di impianti, piscine, alberghi del complesso termale
"Hanno chiuso tutto come ci fosse stato un terremoto" dicono a Sciacca. Da un giorno all’altro, senza nemmeno il tempo di recuperare le attrezzature e poter procedere con una chiusura metodica e programmata, che avrebbe preservato gli impianti. Invece i fanghi naturali hanno continuato a scorrere ostruendo le tubature mentre scattavano i lucchetti ai cancelli dello stabilimento in stile liberty che si affaccia sul belvedere a strapiombo sul mare, al Grand Hotel attiguo, alle piscine d’acque termali, al parco, alle piscine Molinelli. Erano state ristrutturate, ma non sono mai state riaperte nemmeno le antiche Terme selinuntine, risalenti all’800, dove in assenza di vigilanza sono stati compiuti atti di vandalismo e saccheggio, mentre tutto intorno le acque termali continuano a sgorgare e in più punti si formano pozze di acqua sulfurea; la natura continua a donarsi generosa ma l’uomo, inspiegabilmente, la sopprime.
Il Grande Albego San Calogero, l'incompiuta più antica d'Italia
La lista dei beni pubblici chiusi si allunga guardando al passato e alzando lo sguardo verso la montagna, dove ecco svettare l’incompiuta più antica d’Italia (nel video in un servizio di Skytg24 del 2016). Il Grande Albergo San Calogero, costato miliardi delle vecchie lire, costruito nel 1954 con una mastodontica opera di consolidamento sulla parete rocciosa del Monte Kronio, completamente arredato, con i suoi trecento posti letto in cinque piani, una vista mozzafiato e le annesse grotte vaporose terapeutiche considerate miracolose per curare i dolori articolari.
Un albergo che ha compiuto 60 anni e non è stato mai aperto al pubblico, nonostante due ristrutturazioni, altrettante inaugurazioni e un indennizzo di 800 mila euro che la Regione ha dovuto pagare alla società privata a cui era stata affidata la gestione. Una quantità incalcolabile di denaro pubblico speso e sprecato, per costruire strutture ex novo e ristrutturare quelle obsolete, tutte chiuse.
Difficile trovare altrove in un’area ristretta una tale quantità di beni regionali chiusi. L’elenco è lungo e, oltre agli stabilimenti termali e agli hotel, comprende il gigantesco teatro Samonà (il cui modellino è stato esposto al Louvre di Parigi) e il museo regionale finanziato per oltre 6 miliardi di euro, per il quale i lavori non sono mai iniziati e l’ex convento San Francesco.
Il termalismo ovunque è ricchezza, qui è un’occasione persa
Così raccontava il giornalista Candido Cannavò in uno speciale sotto il titolo “L’oro Bianco di Sciacca” pubblicato il 4 maggio 1975 su La Sicilia di Catania. “C’è una miniera di oro bianco di cui la Natura fece omaggio a Sciacca e all’intera Sicilia, una miniera che la Sicilia ha sempre posseduto riuscendo a farne solo l’industria di un passivo senza fondo: parlo del bacino idrotermale di Sciacca, il più antico di cui si trovi traccia nella storia (Greci, Romani, Arabi) e delle cui virtù terapeutiche è piena la letteratura medica del Medio Evo e del Rinascimento. La Regione lo ha gestito con i criteri dell’ignoranza, dello sperpero e della distruzione. Una storia miserabile”.
In questa storia si inserisce, proprio negli anni ’70, la vicenda della SITAS SpA (Società Italiana Termale Abano Sciacca) a capitale misto pubblico e privato (consorzio di albergatori di Abano Terme): ovvero il sogno e il progetto grandioso di realizzare il più grande complesso termale d’Europa, 7 mila posti letto distribuiti su 11 alberghi in un parco mediterraneo di 3 milioni di metri quadrati, un sogno che come troppo spesso accade in terra di Sicilia si è chiuso con un drammatico risveglio: il fallimento della SITAS, dichiarato dal tribunale di Palermo il 14 dicembre 2008, il più ingente fallimento nella storia della Regione Sicilia. Di quel sogno sopravvivono oggi 4 alberghi denominati “Sciacca Mare”, la cui proprietà venne rilevata nella procedura fallimentare Sitas dal gruppo privato Aeroviaggi di Palermo della famiglia Mangia.
Tutto il resto, ciò che è di proprietà della regione, resta chiuso mentre ovunque il turismo termale e del benessere diventa uno dei degli assi portanti dell’industria turistica nazionale.
Le proprietà uniche al mondo delle acque sulfuree di Sciacca
Eppure le caratteristiche delle acque termali, e in particolare delle acque sulfuree di Sciacca hanno attirato ogni anno migliaia di pazienti e turisti ogni anno, e non solo in epoca moderna. Erano stati gli antichi greci a scoprire le proprietà delle Stufe di San Calogero, dette anche “grotte vaporose”, e sfruttare per le cure di varie malattie le proprietà benefiche di un fenomeno che non ha eguali al mondo; qualcosa di simile esistendo solo in Messico e Giappone.
I vapori privi d’odore che hanno origine da una commistione di acque termali e marine, dovute alla vicinanza del vulcano Empedocle, risalgono nella pancia della montagna cava di San Calogero, sfogandosi all’esterno e confluendo nelle grotte chiamate appunto vaporose dove si sfiora la temperatura di 50 gradi.
Le stufe di San Calogero scoperte dagli antichi greci
Anche la struttura sanitaria per le cure termali intorno alle grotte è stata chiusa 9 anni fa dalla proprietaria, la regione. Due anni fa le stufe sono state parzialmente riaperte, ma solo per scopi turistici, non medici, grazie all'iniziativa dei volontari del Museo dei 5 Sensi, che le mostrano ai visitatori nei weekend. “Abbiamo superato le ventimila presenze in due anni, ennesima dimostrazione che l'interesse per un bene cosi prezioso e raro è immenso” mi dice Tony Russo, uno dei responsabili del Museo guidandomi tra le grotte dove il vapore che fuoriesce dalla struttura avvolge la montagna, raggiunge la vicina basilica donando un aspetto mistico e surreale all’intera zona. I turisti restano ammaliati.
Da 9 anni la città spera nella riapertura
Il termalismo potrebbe rappresentare un volano per l’economia, spingendo nella direzione di quella destagionalizzazione di cui tanto si parla anche ai vertici della Regione. Eppure passando attraverso tre diverse giunte regionali, dopo la chiusura decisa durante l‘epoca Crocetta e la mancanza di iniziative nell’era Musumeci, i progetti restano nei cassetti, anche adesso, mentre il disinteresse e le lungaggini burocratiche sembrano prevalere sulle intenzioni, pure ribadite dall’attuale presidente della Regione Renato Schifani, a proposito di un progetto di riapertura dello stabilimento del complesso termale con un affidamento della gestione ai privati. Il presidente ne ha parlato in questi giorni nella vicina Valle dei Templi, ad Agrigento, in occasione della conferenza stampa sulla presentazione del Telamone restaurato. "Le terme non possono restare chiuse" ha detto il governatore garantendo che farà il possibile perchè entro questa legislatura il complesso termale possa riaprire, a Sciacca come ad Acireale.
Cittadini riuniti nel Comitato Civico Patrimonio Termale di Sciacca
Ma intanto a Sciacca, mentre da anni si attende e si spera che le promesse si trasformino in fatti, si alternano la rabbia e la rassegnazione. Lo spreco di soldi pubblici e l’occasione mancata di rilancio economico bruciano sulla pelle dei cittadini che adesso guidati da un Comitato civico estremamente attivo, si apprestano ad avviare una serie di iniziative di protesta, mobilitazione e proposte per sollecitare la Regione a trasformare le buone intenzioni, anche quelle fino a poco tempo fa latitanti, in fatti concreti.
Il 6 marzo un corteo attraverserà la città fino allo stabilimento termale, poi dall’indomani il Comitato metterà in atto una serie di iniziative e presidi anche davanti al palazzo della Regione, per fare pressione affinché si facciano progetti che si trasformino in fatti concreti e affinché il dossier Sciacca Terme non resti di nuovo, per altri anni, sepolto nei cassetti di quegli uffici regionali in cui le decisioni dovrebbero invece essere prese e realizzate.
I soldi ci sono ma manca la volontà è il refrain che si sente da tempo. Di fronte all’inerzia della politica, la mobilitazione e l’attenzione dal basso non si sono mai fermate. “Le Terme potrebbero essere una potentissima valvola di sviluppo economico ed occupazionale per l'intero territorio”- dice Nino Porrello, giornalista e coordinatore del Comitato Civico Patrimonio Termale di Sciacca. “Invece in questi 9 anni si è assistito ad un totale e sostanziale disinteresse, tra iniziative velleitarie o sbagliate, incompetenza diffusa, mancanza di una cabina di regia che riportasse ad unità le troppo frammentate competenze regionali, mancanza assoluta di un progettualità di rilancio del termalismo. Non si è mai avviata quella privatizzazione prevista dalla normativa legislativa regionale che avrebbe potuto rivelarsi la scelta più intelligente, alla luce della realtà attuale in cui tutto ciò che è pubblico e in particolare tutto ciò che è regionale, a Sciacca è chiuso, a differenza delle strutture su cui è intervenuto il privato, (vedi gli alberghi di Sciaccamare acquisiti dal gruppo Mangia e il resort con campi da golf di Rocco Forte che rappresentano due bellissime realtà).
“In gioco c'è solo non il futuro di questa città" dice Porrello "ma il termalismo siciliano che è all'anno zero, in un momento in cui l'Italia fa registrare numeri record grazie al termalismo del benessere e anche in Sicilia si parla tanto di destagionalizzazione del turismo, la cui componente essenziale dovrebbe essere proprio quel termalismo che invece ha chiuso i battenti. Sciacca oggi può con questa sua vertenza e con questo movimento che noi abbiamo creato tra la gente fare da condottiera per il rilancio di un plusvalore del turismo che può assicurare lo sviluppo economico e occupazionale della nostra isola”.
La rinascita di Sciacca Terme nella visione dell'architetto Tornetta
Le idee e i contributi dalla popolazione non mancano, il caso sta a cuore a tutti e la vicenda delle Terme di Sciacca diventa anche oggetto di studio, argomento della tesi della laurea in architettura di uno studente, Alessandro Tornetta che ha elaborato una visione di come potrebbero diventare la città e lo stabilimento affacciato sulla scogliera a strapiombo sul mare. "Un progetto di rinascita che punta da quelle risorse, le acque termali" – sottolinea Tornetta – che altrove, ovunque, nel mondo, costituiscono una miniera d’oro". In Sicilia, invece, sono un paradosso e l'emblema degli sprechi, di denaro e di occasioni. Ma speriamo che non sia così per sempre. E augurandoci che sia di buon auspicio, a conclusione di questo articolo ecco una sintesi video del progetto di trasformazione urbana della città intorno al complesso termale immaginato dall’architetto di Sciacca. E c'è una sua frase, che vogliamo fare nostra: "Il miglior modo di realizzare l'impossibile è di credere che sia possibile".