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Palermo, in aumento le famiglie indigenti allo Zen

Cronaca

Raffaella Daino

In una delle periferie più difficili d'Italia l'azione di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica viene svolta da associazioni come l'Albero della vita che seguono le famiglie  e aiutano i bambini e gli adolescenti con percorsi educativi e formativi. Ma il loro sostegno non si limita allo studio, perchè in molti casi i nuclei familiari che vivono qui non riescono nemmeno a garantire ai propri figli i pasti principali

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Serena Fleres, pedagogista dell’associazione L’Albero della vita mi attende di fronte all’ingresso della sede, in una delle palazzine che qui chiamano padiglioni, in via Rocky Marciano, una strada nota peri fatti di criminalità oltre che per il degrado, l’abbandono, l’accumulo di spazzatura che caratterizza tristemente quasi tutto lo Zen.

 

La scala è al buio, come l’intero edificio e come la stragrande maggioranza degli edifici; non c’è luce, gli allacci sono abusivi, perché abusivamente sono stati occupati gli appartamenti, dove vivono più nuclei familiari, dove non ci sono spazi sufficienti e i bambini non hanno mai una stanza tutta per sé, per crescere, per giocare, per sognare.

 

Mettersi in regola, chiedere un contratto regolare della luce, è difficilissimo, quasi impossibile, ed è una circostanza che accresce la distanza tra questo non-luogo e il resto della città,  facendo sentire chi abita qui diverso, un non-cittadino senza diritti né doveri, altro dal resto del mondo. Invisibile.

 

 

“Al di là dei confini di questo quartiere non ci vogliono vedere, fingono che non esistiamo, mi dice Rosi Pensato, 48 anni e 4 figli di cui 3 in età scolastica, che possono studiare, andare a scuola, fare i compiti il pomeriggio al doposcuola grazie al progetto Varcare la soglia dell’Albero della vita, che promuove percorsi didattici, per i bambini, laboratori esperienziali per i ragazzi, corsi di formazione per adulti.

 

L’associazione ha anche aiutato lei a trovare un lavoro. “Senza il loro aiuto sarebbe stato impossibile” dice Rosi che assiste gli anziani. “Quando mi presento ai colloqui per trovare un lavoro “a Palermo” e dico che sono dello Zen mi rispondono che il posto è già occupato. Per i miei figli sogno un mondo in cui non siano più invisibili, un mondo più luminoso, perché qui è tutto buio. Gli altri non ci vedono e noi non esistiamo. Ma in fondo siamo persone come tutti gli altri, solo che la gente vede solo una parola: Zen. Non vede noi. Anche lo Stato non ci vuole vedere e non ci vuole aiutare".

 

"Qui tutto è più difficile - continua Rosi - andare a scuola, seguire un corso, c’è solo un autobus che passa di rado e porta “in città”. La fermata alle 6 del mattino è già affollatissima e a volte il bus non si ferma nemmeno perché non riesce a farsi largo tra i cumuli di spazzatura che riempiono la strada. Questo è solo uno dei problemi, qui manca tutto. Le fognature, l’acqua corrente, la luce.”

 

Nel buio proliferano le attività illegali, dell’oscurità si nutre la criminalità, qui i bambini crescono vedendo ragazzi che spacciano, e pensano sia normale. “Ecco noi ci impegniamo per cercare di far capire che questo non è normale” mi dice Serena, impegnata nel progetto con altre cinque colleghe, educatrici e assistenti sociali. L’associazione è impegnata su diversi fronti. I

 

l sostegno materiale, che consente alle famiglie di ottenere mensilmente sia beni alimentari sia, in caso di necessità, anche pannolini, prodotti igienici e materiale scolastico, per provvedere ai propri bisogni; il sostegno socio-educativo, che attraverso colloqui individuali e home visiting offre alle famiglie un percorso di orientamento professionale, la rete di prossimità, ovvero il rafforzamento delle interazioni sociali a supporto della comunità, per creare connessioni tra le stesse famiglie, permettendo loro di confrontarsi sulle problematiche comuni e gettare le basi per una rete di prossimità; l’orientamento alla formazione e inserimento lavoro, area incentrata sullo sviluppo o sulla riattivazione delle capacità dei beneficiari del progetto di trovare e mantenere un lavoro.

 

I nuclei familiari sono coinvolti in un percorso complesso, articolato in una serie di attività, che punta al loro reinserimento lavorativo: dal colloquio conoscitivo individuale focalizzato sulle competenze personali, all’incontro di orientamento lavorativo; dalla scrittura dei curriculum alle indicazioni per affrontare i colloqui; dalla restituzione individuale e definizione del piano di azione per il reinserimento lavorativo fino a incontri di tutoring bisettimanale.

 

 

Salvare bambini e ragazzi dalla povertà educativa, accompagnarli lungo percorsi educativi non è facile quando il principale problema è l’ingiustizia sociale. “Lavoriamo anche per aiutarli a rendersi consapevoli di chi sono e quello che valgono, sull’autostima, sulla capacità di leggere le proprie necessità perché possano imparare ad esprimerle, che è il punto di partenza per cominciare un percorso di rinascita e tentare un riscatto altrimenti impossibile se si cede alla rassegnazione e si rinuncia alla speranza di poter cambiare le cose”.

 

Ma facendo un giro tra i palazzoni che si ergono su strade sporche e maleodoranti, la sensazione è che il destino per loro sia stato già deciso. Condannati a vivere in un quartiere dal quale in pochi riescono ad allontanarsi per cambiare senza servizi, dove l’immondizia si brucia, perché non la ritira nessuno per giorni e a volte settimane, dove le uniche attività commerciali sono alcune officine di meccanici e qualche mini market, dove da poco è stato inaugurato un campetto di calcio per i ragazzi più grandi ma i bambini non hanno un parco giochi e non hanno mai visto uno scivolo o un’altalena, dove l’alternativa per trascorrere il tempo libero fuori da questi angusti, sovraffollati e fatiscenti appartamenti occupati è la strada, tra carcasse d’auto bruciate e oggetti d’ogni tipo abbandonati sui marciapiedi, mentre la musica neomelodica risuona dalle finestre delle case/padiglione senza balconi e dalle auto che passano sfrecciando come sulle strade di un circuito. Molti degli abitanti dello Zen, nati e cresciuti qui, non ne sono mai usciti.

 

I nomi che si danno alle cose sono indicativi della condizione da cui chi proviene dal quartiere Zona Espansione Nord non riesce quasi mai ad affrancarsi. “Cerchiamo di aiutare gli abitanti dello Zen a decostruire l’immagine che loro stessi hanno di sé basata su preconcetti e costruirne una nuova" dice Serena.

 

Chi abita qui non dice “sono di Palermo” ma sono dello Zen.  I bambini non dicono questa è la mia casa ma “questo è il padiglione in cui vivo” e i padiglioni sono contrassegnati da una lettera e da un numero, perchè cosi volle il piano urbanistico che diede vita a quella che presto, e nonostante le buone intenzioni, si rivelò una mostruosità edilizia, una città senza legge a margine della città.

 

Palermo, il resto di Palermo, dista poche centinaia di metri, pochi km al massimo ma  da qui sembra lontanissima. “Una volta – mi racconta Serena -  abbiamo portato alcuni bambini a sorvolare la città, non l’avevano mai vista, non sapevano esistesse, non sapevano di farne parte. Per loro quello che esiste è solo lo Zen, non conoscono altro”.

 

Allo Zen l’associazione aiuta ogni anno 200 famiglie. La povertà, quella economica e non solo quella educativa, dilaga. “Ci sono bambini che non riescono a fare 5 pasti al giorno" - dice Serena Fleres - capita spesso che nel pomeriggio la merenda che offriamo nei nostri laboratori, è l’ultima cosa che mangeranno, perché la sera a casa potrebbero non trovare nulla in tavola.

 

L’Albero della vita ha promosso una raccolta fondi, fino al 4 novembre con un sms o una telefonata solidale al numero 45580 si può dare un contribuito per offrire un po' di normalità alle famiglie che ogni giorno lottano contro la povertà e il degrado delle periferie italiane. L'associazione è attiva oltre che a Palermo anche a Milano, Genova, Perugia, Napoli e Catanzaro.