Nel giorno della Memoria, scopriamo un prezioso frammento di storia custodito a Roma in una piccola bottega di belle arti
È il 1° febbraio del 1944. Sono passati poco meno di 5 mesi dall’occupazione di Roma da parte delle truppe naziste, avvenuta nel settembre del 1943. La repressione nei confronti della popolazione si sta intensificando. Una piccola bottega in Via dello Statuto, a pochi passi dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, sta per diventare protagonista di un frammento di storia.
Il racconto
«Avevano chiuso tutte le strade, dalla Stazione Termini al quartiere San Giovanni» racconta Claudio Bordi, che ha ereditato l’attività che la sua famiglia porta avanti fin dalla seconda metà dell’Ottocento. «La bottega è stata aperta in questo luogo nel 1920 e ha attraversato diverse vicende, tra cui le due Guerre Mondiali». Tra le tante storie tramandate nelle famiglia Bordi, una viene ricordata e raccontata più di tutte: il giorno in cui una botola segreta posizionata sul retro del negozio salvò la vita di circa 15 persone.
Quando l’area del Rione Esquilino viene chiusa dalle autorità inviate dal regime, si diffonde il panico in Via dello Statuto. «Il nonno di mio marito era un uomo molto coraggioso - racconta la madre di Claudio, Anna Maria Miniucchi, che all’epoca aveva 12 anni -. Lui stava sulla porta del negozio, testimone dello scempio che si stava consumando. Nella via avevano raggruppato tantissime persone che cercavano disperatamente una via di fuga». È a quel punto che Augusto Bordi sceglie di rischiare la propria vita e quella della propria famiglia. Un cenno con lo sguardo e un lieve movimento col braccio invitavano le persone a rifugiarsi nel negozio. Lì i destini di diverse persone, ebree e non, si incontrarono, uniti dal terrore della deportazione. Nascosti nella botola sul fondo del locale, al buio, attesero in silenzio.
Lo spazio sotterraneo «era coperto da una grande tavola molto spessa. Ricordo che aveva una maniglia di ferro e attaccata c’era una grande corda come quella dei marinai per tirarla su» racconta Anna Maria, che oggi ha 90 anni.
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Il salvataggio
In più di 200 vennero catturati e strappati alle loro famiglie quel giorno, ma tutti quelli che riuscirono a nascondersi nella bottega si salvarono. «Passato il trambusto uscirono e andarono via. Di loro non abbiamo più saputo nulla» racconta Anna Maria. «Fu un momento di grande paura, se i tedeschi l’avessero scoperto avrebbero fucilato il nonno e tutta la famiglia».
Francesca Venturini, guida turistica che insieme al marito Claudio gestisce il negozio, racconta di come la bottega stia continuando ancora oggi la sua attività di vendita di prodotti di belle arti. Percorrendo 17 scalini mostra a chiunque voglia sapere di più sui tragici eventi di quel 1944 il luogo che fece da rifugio a coloro che scappavano dalla deportazione. Ha cambiato aspetto, arricchito di pennelli, camici sporchi di pittura, quadri realizzati dai giovani allievi. «Qui cerchiamo di ricreare il sapore e la dimensione della bottega d’arte rinascimentale, in quello che è stato un luogo di sofferenza ma anche di speranza per coloro che si sono salvati, continuiamo, attraverso l’arte, a condividere un messaggio: la bellezza salverà il mondo».
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