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Diritti ai Mondiali in Qatar 2022

Cronaca

Federica De Lillis

Fischio di inizio fra le polemiche legate allo scarso rispetto dei diritti umani nel Paese

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Uno dei tornei più attesi di sempre, otto stadi dal design incredibile, infrastrutture implementate per accogliere migliaia di tifosi. In poco più di dieci anni, il Qatar ha investito l’equivalente di circa 200 miliardi di euro per essere pronto a diventare il volto e la casa dei Mondiali 2022. Sembra tutto pronto, tutto perfetto, o quasi.

A pochissima distanza dal fischio di inizio della partita che vedrà il Qatar affrontare l’Ecuador nello allo stadio Al Bayt di Doha, un coro si è già alzato: “boicottiamo i Mondiali”.

Le critiche sono rivolte soprattutto alla decisione di organizzare un evento così importante in un Paese che non ha mai brillato dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

 

Gli operai morti in migliaia

Nel 2017, in seguito alle critiche internazionali dovute alle miserevoli condizioni in cui versavano gli operai in Qatar, il Paese ha voluto intraprendere una collaborazione con l’International Labour Organization, un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite. Questo ha portato, due anni dopo, all’entrata in vigore del salario minimo e all’abolizione del sistema della kafala. Si tratta di un istituto diffuso in diversi Paesi arabi che, secondo molte organizzazioni internazionali, rappresenta una forma neanche troppo velata di schiavismo. Nella kafala, infatti, il lavoratore si lega a un kafeel, una sorta di “sponsor” che in teoria ha il compito di garantire per il lavoratore, ma di fatto detiene un potere pressoché assoluto sul dipendente, che rimane soggetto a pesanti limitazioni alla propria libertà personale.

Un piccolo traguardo, se non fosse per le denunce di Human Rights Watch pubblicate nello stesso 2020, che hanno dimostrato come la condizione degli operai sia di fatto rimasta invariata. Si parla di un Paese che conta su 2 milioni di lavoratori migranti provenienti soprattutto da Asia e Africa e che costituiscono il 90% del totale della forza lavoro. In questo contesto si colloca il reportge del The Guardian, secondo cui circa 6.700 persone avrebbero perso la vita per realizzare le mega opere legate ai Mondiali come l’aeroporto a forma di vela, il ponte verso il Bahrein, le nuove strade costate 20 miliardi di dollari. Gli operai provenivano soprattutto da India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka e Pakistan. È probabile, però, che i numeri siano più alti, dato che alcuni Paesi da cui viene la maggior parte della forza lavoro, come le Filippine e il Kenya, non hanno fornito dati.

Bisogna anche aggiungere che, delle oltre 15.000 morti sul luogo di lavoro dichiarate dalle autorità qatariote tra il 2010, anno di inizio dei lavori, e il 2019, la maggior parte sono attribuite a generici “problemi cardiaci” o respiratori non direttamente riconducibili al lavoro svolto. Un dato che desta sospetti, viste le condizioni estreme in cui operano i lavoratori in Qatar, che, secondo l'Organizzazione Internazionale del lavoro, hanno passato almeno 4 mesi all’anno sperimentando orari di lavoro massacranti e significativi stress termici dovuti alle estreme temperature.

Anima conservatrice 

L’impalcatura di Paese moderno e all’avanguardia aveva basi fragili ed è del tutto crollata negli ultimi mesi, in una sorta di escalation conservatrice messa in atto dalle autorità qatariote. Ha iniziato l’ambasciatore dei mondiali del Qatar, Khalid Salman, quando in un’intervista ha detto: “I gay sono malati mentali e dovranno adeguarsi alle leggi di casa”. Quali sarebbero queste “leggi di casa”? È ancora Human Rights Watch a restituire un quadro verosimile della situazione in cui versa la comunità LGBTQ+ in Qatar. “Il clima repressivo intorno alla libertà di espressione nel Paese, compresi i diritti delle persone LGBT, ha fatto sì che molte persone che possono aver sperimentato maltrattamenti abbiano paura di essere intervistate a causa del rischio di ritorsioni”. Come riporta l’organizzazione, il Codice penale del Paese, sotto l’articolo 285, punisce le relazioni extraconiugali, anche omossessuali, con la reclusione fino a 7 anni.

Vietate le bandiere arcobaleno 

A questo si aggiunge la violenza arbitraria esercitata delle forze dell’ordine, che possono arrestare e trattenere chiunque in carcere fino a 6 mesi senza formali accuse né processo, se c’è una fondata ragione per ritenere che la persona abbia commesso un crimine, tra cui anche la “violazione della morale pubblica”. Non coglie troppo di sorpresa, quindi, la proibizione di esporre bandiere arcobaleno o altri simboli che rimandano alla comunità LGBTQ+ sugli spalti durante il torneo.

 

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Alcol e proibizionismo 

L’ultimo colpo è arrivato a due giorni di distanza dall’inizio delle partite: niente vendita di bevande alcoliche all’interno e nei pressi degli stadi. La comunicazione arriva dalla FIFA, che avrà non pochi problemi con l’azienda produttrice di birra Budweiser, tra i suoi principali sponsor. Una decisione presa dopo le pressioni esercitate dal governo qatariota, che già aveva intimato agli organizzatori di spostare gli stand della birra in luoghi meno visibili per non turbare la popolazione locale. L'alcol non è vietato in Qatar ma è strettamente regolamentato. Chi visita il Paese può acquistare alcolici solo da ristoranti e bar autorizzati e c’è tolleranza zero quando si tratta di bere ed essere ubriachi in pubblico. 

Il dissenso

Il dissenso è presto arrivato. Molte istituzioni, aziende e squadre di calcio hanno preso le distanze dalla decisione di organizzare un evento internazionale, in cui è scontato l’incontro tra diverse culture, usanze e tradizioni, nella cornice del fondamentalismo religioso di matrice wahhabita. La Danimarca, per esempio, dopo il divieto di indossare la maglia con la scritta “il mondo è nostro”, scenderà in campo con il marchio della Hummel oscurato, dato che la nota casa che produce divise non vuole abbinare il suo nome a questo Mondiale. Poi c’è la scelta di otto squadre, sulle trentadue che partecipano al torneo, di indossare durante le partite una banda arcobaleno sul braccio. Interessante anche l’iniziativa dell’azienda Pantone, intitolata “Colors of Love”, che permetterà di aggirare i divieti del governo, introducendo negli stadi bandiere bianche con i codici dei colori scritti sopra, a riprodurre quelle arcobaleno: un pacifico simbolo di resistenza contro il volto violento e conservatore svelato dal Paese dei Mondiali 2022. 

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