Emergenza idrica, gravi perdite d'acqua in rete

Cronaca

Giorgia De Benetti

Dai vecchi impianti con manutenzione insufficiente, buchi nelle tubature e perdite occulte, distorsioni amministrative, errori di misurazione dei contatori, fino agli allacci abusivi il sistema fa acqua, molto più che metaforicamente. Secondo le analisi dell’Osservatorio Valore Acqua per l’Italia circa il 60 per cento delle infrastrutture ha più di 30 anni, il 25 per cento ne ha più di 50 ossia troppi per garantire un buon funzionamento

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Sembrava non finire mai: l’acqua corrente, la pioggia, un diritto di tutti fino all’incoscienza di 41 metri cubi persi d’acqua al giorno per chilometro di rete. Dai rubinetti nelle nostre case un flusso continuo, una normalità già oggi regolata dalle prime ordinanze anti-spreco. Il 25 per cento della popolazione mondiale vive uno stato di stress idrico, mentre un terzo dell’acqua immessa nelle reti italiane di distribuzione va perduto. Dai vecchi impianti con manutenzione insufficiente, buchi nelle tubature e perdite occulte, distorsioni amministrative, errori di misurazione dei contatori, fino agli allacci abusivi il sistema fa acqua, molto più che metaforicamente. Secondo le analisi dell’Osservatorio Valore Acqua per l’Italia circa il 60 per cento delle infrastrutture ha più di 30 anni, il 25 per cento ne ha più di 50 ossia troppi per garantire un buon funzionamento.

Tra reti inadeguate, impiego nell’agricoltura e nell’industria, consumo domestico in 1 capoluogo su 3 nel nostro paese le perdite sono superiori al 45%. Secondo l’osservatorio il 47,6 per cento viene disperso lungo la rete, rispetto al 23 per cento della media Ue.

In alcune provincie le perdite d’acqua superano il 70 per cento – come nel caso di Latina e Chieti, secondo i dati Istat, oppure Belluno peggiore provincia per il nord con il 67,8 per cento. Nel settentrione la situazione è comunque nettamente migliore rispetto al sud dove il razionamento è un’abitudine già radicata. Solo in 6 capoluoghi i valori sono inferiori al 15 per cento: è il caso di Milano per esempio, la cui acqua deriva da una falda.

L’Italia è considerato un paese idrovoro: il primo in Europa per prelievi di acqua potabile per abitante (160 m3 per persona all’anno) e 1° paese al mondo per consumo di acqua minerale in bottiglia (188 litri pro capite annui) nonostante quella del rubinetto sia di buona qualità. L’acqua c’è ma se ne consuma e soprattutto se ne spreca troppa: l’incuria evidente sottolinea le carenze dell’amministrazione.

Per non parlare della gestione: marcatamente frammentata. Il servizio per la distribuzione dell'acqua potabile nei 109 comuni capoluogo di provincia o città metropolitane è affidata a 95 diversi aziende tra il pubblico e il privato. La distribuzione dell’acqua per l’agricoltura è gestita da consorzi, l’organizzazione nei piccoli centri talvolta è addirittura orale e un po’ confusa, con imprenditori che lamentano massicce sperequazioni.

Le carenze strutturali sono dovute anche da uno scarso livello di investimenti, secondo i dati dell’Osservatorio: 46 euro per abitante all’anno per il servizio idrico integrato, poco più della metà della media europea, ossia 82 euro.

Numeri in crescita secondo Utilitalia la federazione delle Aziende speciali operanti nei servizi energetici pubblici.

L’acqua costa poco: l’Italia ha una delle tariffe più basse in Europa, 2,11 euro al m3, rispetto per esempio al 9.1 della Danimarca, il 40 percento rispetto a quella tedesca. Significa anche meno denaro per le infrastrutture vetuste, per una tecnologia in grado di contrastare il cambiamento climatico tra cui la siccità crescente.

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