La Suprema Corte ha respinto il ricorso della difesa dell’uomo - condannato a 16 anni di reclusione per aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007 - contro il 'no' alla revisione del processo pronunciato dalla Corte di Appello di Brescia lo scorso 2 ottobre. Anche per gli 'ermellini' non ci sono prove nuove per riaprire il caso
È stato respinto dalla Cassazione il ricorso della difesa di Alberto Stasi - l’uomo condannato a 16 anni di reclusione per aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007 - contro il 'no' alla revisione del processo pronunciato dalla Corte di Appello di Brescia lo scorso 2 ottobre. Anche per gli 'ermellini' non ci sono prove nuove per riaprire il caso. Il verdetto è stato emesso questa sera dalla Prima sezione penale della Suprema Corte.
Il delitto di Garlasco
Il delitto avvenne a Garlasco, in provincia di Pavia, il 13 agosto 2007 (UN CASO LUNGO 10 ANNI - LE TAPPE). Stasi, all’epoca, era il fidanzato della vittima, uccisa a 26 anni nella casa in cui viveva con i genitori: era stato poi condannato a 16 anni di reclusione.
La pronuncia della Corte di appello di Brescia
Ad avviso della Corte di appello di Brescia, le novità proposte dalla difesa di Stasi a sostegno dell'istanza di revisione "non sono state ritenute prove nuove in quanto trattasi di elementi noti e già valutati". Si tratta una consulenza tecnica che segnalava frammenti di impronte vicino a quelle di Stasi, una nota tecnica, allegata al verbale delle operazioni eseguite dal Ris nell'ottobre 2007, che si riferiva a micro crosticine di sapone sul dispenser, e una fotografia del Ris che mostra quattro capelli nel lavandino del bagno. "Gli elementi fattuali che si vorrebbero provare con le prove nuove non sono stati ritenuti idonei a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, debba essere prosciolto, permanendo la valenza indiziaria di altri numerosi e gravi elementi non toccati dalle prove nuove", ha scritto la Corte d'Appello di Brescia nell'ordinanza contestata, senza successo, in Cassazione dalla difesa di Stasi. Per quanto riguarda nel dettaglio gli elementi 'nuovi', "la prima prova nuova - riassumeva l'ordinanza dei magistrati bresciani - è costituita da una consulenza tecnica che segnala la presenza di ulteriori frammenti di impronte nel medesimo punto in cui si trovano quelle di Stasi e la presenza sul dispenser di micro crosticine di sapone; la seconda prova nuova è costituita dalla Nota tecnica, allegata al verbale delle operazioni eseguite dal Ris il 12 ottobre 2017, nell'ambito della quale si dava conto della presenza di 'alcune micro-crosticine' sulla superficie del dispenser, 'prova nuova' perché 'mai valutata'; la terza e' costituita da una fotografia scattata dai RIS che attesta la presenza, nel predetto lavandino, di quattro capelli". Tutte e tre, scrive però la Corte, "non sono state ritenute prove nuove in quanto trattasi di elementi noti e gia' valutati". Giudizio condiviso adesso anche dai supremi giudici. Tra circa un mese si conosceranno le motivazioni del verdetto della Cassazione.