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Migranti, il tribunale di Roma: respingimenti illegittimi

Cronaca

A 14 eritrei, che erano stati respinti dalla Libia nel luglio 2009, è stato riconosciuto il diritto a entrare in Italia e a chiedere protezione internazionale, oltre a un risarcimento danni

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Il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto il diritto di entrare in Italia e di chiedere protezione internazionale a 14 eritrei che erano stati respinti in Libia nel luglio del 2009. I migranti avranno anche diritto a un risarcimento danni. Ad annunciarlo è stata Amnesty International che con l'Asgi aveva promosso un'azione contro il respingimento (LO SPECIALE MIGRANTI).

La sentenza riconosce il diritto di asilo

Nella sentenza, il Tribunale civile ha applicato l'articolo 10 della Costituzione che "riconosce allo straniero il diritto di asilo che deve ritenersi applicabile anche quando questi si trovi fuori dal territorio dello Stato per cause a esso non imputabili". "La sentenza - hanno aggiunto Amnesty International e Asgi - è estremamente rilevante e innovativa laddove riconosce la necessità di espandere il campo di applicazione della protezione internazionale volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto illecito commesso dall'autorità italiana si trovi nell'impossibilità di presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso Stato inibito l'ingresso, all'esito di un respingimento collettivo, in violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti dell'Unione europea".

I respingimenti avvenuti tra il 2009 e il 2010

Come hanno ricordato Amnesty International e Asgi, la sentenza fa riferimento alle vicende accadute tra il 2009 e il 2010 "quando, a seguito della conclusione dell'Accordo con la Libia, l'Italia ha effettuato numerosi respingimenti. Tale prassi era stata ritenuta illegittima già dalla Corte europea per i diritti umani ma, nonostante la condanna all'Italia, molti richiedenti asilo sono rimasti in attesa del giusto risarcimento e, soprattutto, senza la possibilità di accedere a una forma di protezione".