La Suprema Corte non riconosce la "lieve entità": il saluto fascista venne fatto durante una seduta d'aula, a Milano, mentre si discuteva il trasferimento di famiglie Rom. Confermata la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a un mese e dieci giorni di reclusione con pena sospesa per Gabriele Leccisi, avvocato neomissino milanese, che nel 2013 fece il saluto romano durante una seduta del consiglio comunale di Milano. La Suprema Corte sottolinea che il saluto fascista, specie se fatto in Aula dove era in corso una riunione sulla sicurezza per il piano rom, non può essere considerato un fatto di "lieve entità" e chi lo fa non merita sconti di pena.
Il saluto romano a Palazzo Marino
Era l'8 maggio 2013, quando Leccisi fece il saluto romano, a Palazzo Marino, mentre in seduta pubblica l'amministrazione allora guidata da Giuliano Pisapia stava organizzando una sistemazione per i nomadi sgomberati alla fine di aprile dal campo di Viale Ungheria, periferia sud-est di Milano. Senza successo l'avvocato di Leccisi ha chiesto la non punibilità, per la particolare tenuità del fatto facendo presente che quel giorno si discuteva il piano Rom in una "importante seduta consiliare". Ma per la Cassazione "sono proprio le circostanze di tempo e di luogo" nelle quali è avvenuto il saluto fascista "a non consentire di ritenere sussistenti le condizioni" per applicare l’esimente. Con questa decisione, è stata confermata in pieno la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano il 17 aprile 2018, pronuncia che a sua volta convalidava quella emessa in primo grado dal Tribunale del capoluogo lombardo il 17 dicembre 2015.
Leccisi: "Non mi pento"
"Mi onoro di dichiararmi fascista in uno Stato che si dichiara democratico ma non lo è, sembrerà paradossale ma siamo noi a batterci per la libertà dei cittadini contro leggi liberticide", ha detto Leccisi, dopo la conferma della condanna da parte della Cassazione. "Non ho nulla di cui pentirmi - ha aggiunto - e continuerò la mia battaglia contro la legge Scelba e la legge Mancino. Per me è un onore essere condannato da una certa magistratura orientata politicamente". Gabriele Leccisi è figlio di Domenico, deputato missino che nel 1946 trafugò la salma di Benito Mussolini dal cimitero milanese di Musocco.