Sgominate bande internazionali dedite al traffico di beni archeologici
CronacaI carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale hanno eseguito 23 misure cautelari, in Italia, Regno Unito, Germania e Spagna. L'operazione ha permesso il recupero di oltre 3mila reperti siciliani per un valore superiore ai 20 milioni di euro
Due organizzazioni internazionali attive nel traffico di beni archeologici siciliani sono stata smantellata dai Carabinieri che, il 4 luglio, hanno eseguito 23 misure cautelari, in Italia, Regno Unito, Germania e Spagna. L'operazione, denominata "Demetra", ha permesso ai militari di recuperare oltre tremila reperti archeologici per un valore superiore ai 20 milioni di euro. Le indagini sono state avviate nel 2014 e l’operazione è stata portata a termine dai militari dell'Arma del Comando tutela patrimonio culturale, con il coordinamento di Europol ed Eurojust.
Reperti provento di scavi clandestini in Sicilia
Secondo le indagini, coordinate dalla procura di Caltanissetta, due organizzazioni criminali da anni gestivano un ingente traffico di reperti archeologici. La prima faceva capo a un 76enne di Riesi, in provincia di Caltanissetta, che si avvaleva di una fitta rete di tombaroli che a loro volta, una volta scovati i reperti, li affidavano a una serie di corrieri che li trasportavano dalla Sicilia fino alla Germania. In questo modo, secondo i carabinieri, è stato operato un sistematico saccheggio di aree archeologiche nissene ed agrigentine, con il bottino che veniva destinato anche a facoltosi collezionisti nel Nord Italia, consapevoli della provenienza illecita dei beni. Dalle indagini è emerso inoltre che il gruppo disponeva di falsari con laboratori individuati nella provincia di Catania.
Implicato anche un mercante d'arte londinese
La seconda organizzazione, secondo l'operazione "Demetra", faceva capo ad un mercante d'arte londinese che, grazie ad una complessa rete logistico-operativa estesa tra l'Italia, la Spagna e la Germania, era in grado di trafficare considerevoli quantitativi di beni archeologici. I reperti, stando a quanto dichiarano i carabinieri, finivano nelle aste di Monaco di Baviera attraverso dei prestanome. In questo caso l’organizzazione agiva in maniera minuziosa nel lavoro di ricerca: i tombaroli, infatti, acquistavano i terreni dei contadini nelle campagne del nisseno, in particolare a Riesi, e nell'agrigentino, e cominciavano a scavare.