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'Ndrangheta, un arresto per la bomba in una palazzina a Pioltello

Cronaca
La zona coinvolta nell'esplosione (Fotogramma)

Protagonista dell'episodio, che sarebbe stato un atto di intimidazione per ottenere la restituzione di una somma prestata al figlio di un operaio 45enne, è un 25enne membro della famiglia dei presunti capi locali dell'organizzazione criminale

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Un atto compiuto con intento intimidatorio per ottenere la restituzione di un prestito usurario. Per questo un 25enne è stato arrestato dai Carabinieri su ordine di custodia cautelare della Procura di Milano per detenzione di materiale esplodente, estorsione e usura, aggravati perché commessi con modalità mafiose. Le accuse si riferiscono a ciò che era accaduto il 10 ottobre scorso, quando a Pioltello, Comune dove risiede il giovane arrestato, un ordigno venne fatto esplodere davanti alla porta dell'abitazione di un operaio ecuadoriano di 45 anni, in una palazzina di via Dante.

L'arrestato

Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Monza e della compagnia di Cassano D'Adda sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e hanno permesso di documentare le condizioni di assoggettamento psicologico in cui viveva il nucleo familiare della vittima, consapevole dell'appartenenza dell'indagato ad una famiglia di 'Ndrangheta radicata nella zona. L'arrestato è infatti Roberto Manno, figlio del 56enne Francesco Manno e nipote del 53enne Alessandro, attualmente in carcere perché rispettivamente condannati a 9 e 15 anni per associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta "Infinito": secondo i magistrati sarebbero i capi locali della 'Ndrangheta a Pioltello. E proprio nel Comune lombardo il 25enne arrestato si sarebbe comportato in maniera molto spregiudicata, tanto che lo scorso luglio avrebbe picchiato con calci, pugni e mazza di ferro un uomo che aveva con lui un debito di droga. Un episodio che lo stesso giovane avrebbe confermato in una conversazione telefonica.

I motivi dell'ordigno

L'esplosione dello scorso 10 ottobre sarebbe quindi stata un atto di intimidazione. La bomba era scoppiata all'1.20 della mattina, esattamente un'ora e 20 minuti dopo la scadenza fissata per la restituzione di una somma di denaro prestata dalla persona arrestata alla famiglia dell'operaio. La cifra dovuta era di 20mila euro ed era stata data da Manno lo scorso marzo al figlio 20enne dell'operaio. Quel 10 ottobre la somma, con gli interessi, era già salita a 32mila euro e visto che il giovane non poteva pagare Manno ha minacciato ritorsioni sul padre. I danni causati al condominio coinvolto furono tali da costringere il sindaco del Comune ad emettere un'ordinanza di sgombero.

Possibili ulteriori intimidazioni

"È del tutto verosimile che il clima di intimidazione realizzato dai Manno nel territorio di Pioltello possa incidere su coloro che hanno reso dichiarazioni in questo procedimento", ha scritto il Gip Paolo Guidi nell'ordinanza di custodia cautelare. "I soggetti coinvolti come vittime - ha aggiunto il magistrato - hanno a priori paura a ricorrere alle forze dell'ordine. L'intimidazione fa parte del modus operandi di Manno. Solo in questo modo, e cioè con un vero e proprio terrore, può spiegarsi perchè figlio e padre, dopo le minacce di cui sono stati destinatari e dopo l'esplosione, siano addirittura fuggiti in Ecuador".