Il dicastero della Giustizia dovrà risarcire la famiglia di una donna morta nel tribunale di Varese a causa dei colpi di pistola sparati dal marito. “I palazzi di giustizia sono luoghi di conflitto, è un obbligo garantire la sicurezza dei cittadini”
I tribunali sono "luoghi caratterizzati per natura da una conflittualità che può essere anche molto accesa" e li differenzia da altri uffici pubblici: un cittadino che si reca in un palazzo di giustizia "deve poterlo fare nella piena tranquillità della sua sicurezza ed incolumità". È questa la motivazione con cui la Cassazione ha stabilito che il ministero della Giustizia dovrà risarcire i danni alla famiglia di una donna uccisa dal marito nel tribunale di Varese nel settembre del 2002.
Le condanne al ministero della Giustizia
L’episodio risale a quasi 15 anni fa quando Rosolino D'Aiello estrasse la pistola in tribunale durante la causa di separazione e uccise la moglie. Il processo penale si era concluso con la condanna dell'uomo con una provvisionale di 300mila euro in favore delle parti civili. La sorella della vittima aveva quindi fatto causa al ministero della Giustizia e al ministero dell'Interno. Il tribunale di Milano, in primo grado, escluse la responsabilità del Viminale e condannò il ministero di via Arenula al risarcimento, salvo poi la possibilità di rivalersi sull'omicida. Lo stesso il verdetto, ma con riduzione del risarcimento, fu pronunciato anche in appello.
Il metal detector non funzionante
Secondo la sentenza d'appello spetta infatti al procuratore generale e al ministero adottare i provvedimenti necessari per rispettare l’"obbligo giuridico di garantire la sicurezza non dei soli magistrati che lavorano nell'ufficio". Inoltre l'omicidio, pur essendo premeditato, era stato reso possibile "proprio dall'omissione delle cautele previste", non si sarebbe verificato "se fossero stati adottati i sistemi di sicurezza prescritti". Nel tribunale di Varese sarebbe dovuto essere in funzione un metal detector, fuori uso nel giorno dell'omicidio e sostituito da un servizio di guardie giurate, "anch'esso - secondo quanto hanno stabilito i giudici - non funzionante", a carico del Comune.
Nessuna differenza tra lavoratori e visitatori
Il ministero aveva avanzato il ricorso in Cassazione puntando sull'assenza di una previsione di legge che stabilisca l’obbligo giuridico di predisporre specifiche misure per la sicurezza all'interno dei palazzi di giustizia, mentre vi è un obbligo per la sicurezza dei lavoratori. Ma secondo la terza sezione civile "introdurre una differenza tra lavoratori del settore giustizia e soggetti presenti occasionalmente all'interno dei palazzi di giustizia appare fuorviante".