Tor Sapienza, Grasso: "Razzismo? No, grida di aiuto"

Cronaca
Resti di bottiglie rotte, sassi ed altri oggetti lanciati durante gli scontri tra residenti e immigrati in via Morandi nel quartiere Tor Sapienza, Roma, 12 novembre 2014
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Per il presidente del Senato le proteste esplose nel quartiere periferico di Roma “sono una richiesta di attenzione” e non possono essere liquidate solo come episodi di discriminazione. E aggiunge: “L’integrazione non sia un semplice incastro di ghetti”

"Quelle proteste, per quanto violente ed esibite, non possiamo liquidarle solo come razzismo. Sarebbe un grave errore di valutazione. Quelle proteste credo siano una richiesta di aiuto e d'attenzione”. Lo dice il presidente del Senato, Pietro Grasso riferendosi agli incidenti dei giorni scorsi a Tor Sapienza. Incidenti che “ci hanno costretto a porci domande ancora senza risposta – ha proseguito intervenendo all'incontro Periferie. Presentazione del primo rapporto annuale del Gruppo di lavoro G124 del Senatore Renzo Piano - I disagi esplosi in queste settimane, prima che si estendano ad altre periferie di altre città, ci devono portare a riflettere criticamente sulle risposte che il nostro Paese ha dato finora alle crescenti difficoltà di tanta parte della popolazione.

“I problemi di quei quartieri sono quelli del Paese”
- "Realtà come Tor Sapienza - osserva Grasso - sono state vissute per troppo tempo come marginali, luoghi nei quali l'attenzione pubblica appare con grande enfasi e scompare con altrettanta rapidità". "I problemi di quei quartieri però - sottolinea il presidente del Senato - sono gli stessi problemi del Paese, solo elevati all'ennesima potenza: disoccupazione, precarietà, dispersione scolastica, assenza di servizi. Sono quartieri abitati da persone che hanno conosciuto il benessere negli anni passati, lo hanno sfiorato, ma lo hanno perso nelle pieghe di questa crisi che da economica sta diventando sociale, esistenziale ed etica".

"Rivedere accoglienza, no incastro ghetti" – Per il presidente del Senato lo Stato, “oltre a rivedere le politiche dell'accoglienza per fare in modo che l'integrazione sia davvero possibile, e non un semplice incastro di ghetti dentro altri ghetti, deve tornare in questi territori, perché è qui che vive la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. Deve essere presente con i suoi servizi, con i trasporti, con le forze dell'ordine, ma soprattutto con scuole, centri giovanili, sportivi, centri per l'impiego, luoghi di cultura, spazi per far nascere associazioni, parchi pubblici ben curati". E conclude: "La maggior parte della popolazione vive in quartieri - dormitorio, confinata fisicamente e idealmente in una realtà distante da quella del centro-città e, dunque, privata della possibilità di esserne parte integrante. Sotto il profilo urbanistico è quindi fondamentale “rammendare”, per usare la felice espressione di Piano, le parti più fragili del tessuto urbano, connetterle alle aree limitrofe e conferire loro la vitalità dalla quale si può sprigionare un nuovo vigore, trasformare in energia quel che ora è risorsa inespressa e nascosta”.

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