Stupratore seriale: Bianchini condannato a 17 anni
CronacaIl ragioniere di 34 anni era accusato di aver commesso tre violenze sessuali. In Aula una vittima scoppia a piangere alla lettura della sentenza. Non sono state riconosciute le attenuanti generiche
Luca Bianchini, il ragioniere di 34 anni accusato di essere lo stupratore seriale di Roma, è stato condannato a 17 anni di reclusione. Bianchini è accusato di tre violenze sessuali avvenute in box condominiali alla periferia della Capitale tra l'aprile e il luglio del 2009. Bianchini, cui il tribunale ha negato
anche le attenuanti generiche, era in aula al momento della sentenza, ma non ha fatto alcun commento. L'imputato, che prima di essere portato via dagli agenti della penitenziaria e' stato salutato con affetto dal suo amico e avvocato Giorgio Olmi che lo ha difeso assieme al collega Bruno Andreozzi, dovra' versare una provvisionale immediatamente esecutiva di 60mila euro al Comune di Roma e di 150mila euro per ciascuna delle donne violentate. In udienza era presente anche il capo della squadra mobile Vittorio Rizzi che ha seguito le ultime battute del processo accanto al pm Nespola.
E' scoppiata in lacrime e ha abbracciato il pm ringraziandolo. Così una delle vittime di Luca Bianchini ha reagito alla lettura della sentenza che ha condannato il suo aguzzino a 17 anni di reclusione. La donna ha presenziato a quasi tutte le sentenze. Alla lettura del dispositivo e' scoppiata a piangere e ha abbracciato il suo legale, l'avvocato Teresa Manente. Poi ha abbracciato il magistrato ringraziandolo per come ha condotto l'intero processo.
L'avvocato Bruno Andreozzi, uno dei difensori di Luca Bianchini, promette battaglia in appello: "La sentenza di oggi è particolarmente pesante ed è andata oltre le stesse richieste del pm per quanto riguarda la pena. Il collegio - prosegue il penalista - non ha ritenuto di riflettre su tutte le obiezioni, le sollecitazioni e i suggerimenti avanzati da questa difesa. Leggeremo le motivazioni (che saranno depositate fra 90 giorni, ndr) e faremo ricorso in appello. Debbo dire che i motivi di appello sicuramente verteranno su tante di quelle cose che avevamo prospettato e che pretendevano una risposta che con la sentenza non c'è stata". Il riferimento dell'avvocato Andreozzi è alla richiesta (respinta) di perizia psichiatrica, alla mancata ripetizione dell'esame del dna, ai mancati accertamenti sui tabulati telefonici con confronto tra l'orario e il luogo delle chiamate fatte da Bianchini e il luogo in cui sono avvenute le aggressioni. "Bianchini non ha detto una parola - conclude Andreozzi - quando il tribunale ha letto la sentenza. Lo andremo a trovare in carcere nei prossimi giorni".
Bianchini si è sempre dichiarato innocente anche se, come aveva ricordato il rappresentante della pubblica accusa in sede di requisitoria, era stato inchiodato dalla prova del dna e dal riconoscimento fatto (anche in udienza) dalle sue vittime. Per l'accusa, "era un ragazzo ossessionato dal sesso che sognava di fare l'amore con donne più grandi di lui: un pensiero che forse lo angosciava anche". Nessun dubbio per il pm che fosse Bianchini "lo stupratore seriale che agiva nei garage condominiali della perferia romana con 'mephisto' per travisarsi, usando fascette e nastro adesivo per bloccare e violentare le donne che poi minacciava di morte".
Bianchini fu arrestato il 10 luglio del 2009 (è ancora detenuto in carcere) quando la polizia ebbe la certezza che il dna, rilevato dalla tracce organiche che avevano macchiato gli abiti delle vittime, era perfettamente compatibile con il suo. A pesare sull'imputato anche un precedente che risale al '96 quando aveva quasi 20 anni: quella volta Bianchini cercò di violentare una vicina di casa intrufolandosi con una scusa nel suo appartamento. La reazione della donna e quella del figlio di dieci anni che si aggrappò con tutta la forza ai capelli di Bianchini evitarono il peggio. Dal gip l'uomo fu scagionato perché ritenuto incapace di intendere e di volere.
anche le attenuanti generiche, era in aula al momento della sentenza, ma non ha fatto alcun commento. L'imputato, che prima di essere portato via dagli agenti della penitenziaria e' stato salutato con affetto dal suo amico e avvocato Giorgio Olmi che lo ha difeso assieme al collega Bruno Andreozzi, dovra' versare una provvisionale immediatamente esecutiva di 60mila euro al Comune di Roma e di 150mila euro per ciascuna delle donne violentate. In udienza era presente anche il capo della squadra mobile Vittorio Rizzi che ha seguito le ultime battute del processo accanto al pm Nespola.
E' scoppiata in lacrime e ha abbracciato il pm ringraziandolo. Così una delle vittime di Luca Bianchini ha reagito alla lettura della sentenza che ha condannato il suo aguzzino a 17 anni di reclusione. La donna ha presenziato a quasi tutte le sentenze. Alla lettura del dispositivo e' scoppiata a piangere e ha abbracciato il suo legale, l'avvocato Teresa Manente. Poi ha abbracciato il magistrato ringraziandolo per come ha condotto l'intero processo.
L'avvocato Bruno Andreozzi, uno dei difensori di Luca Bianchini, promette battaglia in appello: "La sentenza di oggi è particolarmente pesante ed è andata oltre le stesse richieste del pm per quanto riguarda la pena. Il collegio - prosegue il penalista - non ha ritenuto di riflettre su tutte le obiezioni, le sollecitazioni e i suggerimenti avanzati da questa difesa. Leggeremo le motivazioni (che saranno depositate fra 90 giorni, ndr) e faremo ricorso in appello. Debbo dire che i motivi di appello sicuramente verteranno su tante di quelle cose che avevamo prospettato e che pretendevano una risposta che con la sentenza non c'è stata". Il riferimento dell'avvocato Andreozzi è alla richiesta (respinta) di perizia psichiatrica, alla mancata ripetizione dell'esame del dna, ai mancati accertamenti sui tabulati telefonici con confronto tra l'orario e il luogo delle chiamate fatte da Bianchini e il luogo in cui sono avvenute le aggressioni. "Bianchini non ha detto una parola - conclude Andreozzi - quando il tribunale ha letto la sentenza. Lo andremo a trovare in carcere nei prossimi giorni".
Bianchini si è sempre dichiarato innocente anche se, come aveva ricordato il rappresentante della pubblica accusa in sede di requisitoria, era stato inchiodato dalla prova del dna e dal riconoscimento fatto (anche in udienza) dalle sue vittime. Per l'accusa, "era un ragazzo ossessionato dal sesso che sognava di fare l'amore con donne più grandi di lui: un pensiero che forse lo angosciava anche". Nessun dubbio per il pm che fosse Bianchini "lo stupratore seriale che agiva nei garage condominiali della perferia romana con 'mephisto' per travisarsi, usando fascette e nastro adesivo per bloccare e violentare le donne che poi minacciava di morte".
Bianchini fu arrestato il 10 luglio del 2009 (è ancora detenuto in carcere) quando la polizia ebbe la certezza che il dna, rilevato dalla tracce organiche che avevano macchiato gli abiti delle vittime, era perfettamente compatibile con il suo. A pesare sull'imputato anche un precedente che risale al '96 quando aveva quasi 20 anni: quella volta Bianchini cercò di violentare una vicina di casa intrufolandosi con una scusa nel suo appartamento. La reazione della donna e quella del figlio di dieci anni che si aggrappò con tutta la forza ai capelli di Bianchini evitarono il peggio. Dal gip l'uomo fu scagionato perché ritenuto incapace di intendere e di volere.