Studio del Sant'Orsola conferma effetto dei ritardi di screening
Uno studio dell'Irccs Policlinico Sant'Orsola e dell'Università di Bologna conferma la relazione tra la pandemia di Covid-19 e l'aumento di casi gravi di tumore, a causa del rallentamento e della temporanea sospensione dei programmi di screening durante le fasi più acute dell'emergenza sanitaria. I ricercatori hanno infatti comparato i risultati oncologici di pazienti sottoposti a chirurgia per cancro del colon-retto tra gennaio 2018 e dicembre 2021, registrando una crescita dell'8,6% di casi di metastasi, ossia di diagnosi di tumore allo stadio più avanzato, tra i malati trattati nel periodo pandemico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Jama Network Open, ha analizzato i dati di quasi 18 mila pazienti curati in 81 ospedali italiani. "Il nostro studio è il primo in letteratura a confermare un rischio che prima era solo stimato - sottolinea Matteo Rottoli, chirurgo dell'unità operativa complessa di chirurgia del tratto alimentare del Sant'Orsola e coordinatore del progetto di ricerca - e ci impone attenzione perché è verosimile che questo trend si consolidi anche negli anni a venire". Ogni anno in Italia si stimano circa 50mila nuove diagnosi di cancro del colon-retto. "Se i risultati dello studio si riflettessero sull'andamento della popolazione generale - osserva in una nota il Policlinico - ci si potrebbe attendere un aumento di circa 4.500 pazienti diagnosticati con metastasi a distanza". Da qui, la conferma dell'importanza dei programmi di screening, che hanno subito un forte rallentamento durante la pandemia in tutti i sistemi sanitari del mondo, e la necessità di ampliare la loro pianificazione. In particolare, in Italia il quarto rapporto sui ritardi accumulati dai programmi di prevenzione ha documentato una riduzione del 34,3% (in Emilia-Romagna solo del -2,6%) degli esami di screening eseguiti tra gennaio 2020 e maggio 2021 rispetto al periodo precedente.
L'aumento dei casi può anche essere legato alla "riluttanza che molti pazienti hanno avuto nel cercare cure mediche durante il periodo di emergenza - conclude Rottoli - e nella riduzione delle attività ambulatoriali e chirurgiche". (ANSA).