Coppola a Bologna: Megalopolis come Apocalypse Now

Emilia Romagna
@ANSA

'Ho bisogno di finanziatori, di attori, ma manca ancora la fine'

BOLOGNA, 28 GIU - Apocalypse Now ha ancora qualcosa da dire, anzi nel 'Final Cut' restaurato esprime al meglio il 'suo' tema, "la moralità", con un'eredità cinematografica che il suo papà Francis Ford Coppola vuole infondere anche al progetto personale più ambizioso, più che mai in fieri: la saga Megalopolis che, in cantiere da decenni, è in attesa di coinvolgere nuovi "pionieri" del cinema, attori e finanziatori capaci di affidarsi al rischio e alla scoperta di orizzonti inattesi e imprevisti. Il maestro del cinema parla da Bologna, tra gli ospiti più attesi della 33/a edizione del festival 'Il Cinema Ritrovato' dove è intervenuto in prima persona per l'anteprima europea - proiettata in piazza Maggiore - di 'Apocalypse Now-Final Cut', che la Cineteca di Bologna distribuirà nelle sale italiane in autunno.

Coppola trasmette il suo grande rispetto per quella storia del cinema di cui è uno dei maestri indiscussi e, nonostante gli 80 anni da poco compiuti, mantiene uno sguardo più che mai lucido sulle sfide del momento, da quelle tecnologiche col digitale e i 'piccoli schermi' emergenti, al 'mercificio' delle major cui riserva stoccate senza indulgenza. Parla di Apocalypse Now, del fatto che il Final Cut sia per lui "la versione migliore" del capolavoro. Ricorda gli anni della produzione, quando i figli gli facevano compagnia sul set con Sofia bambina che già "respirava" cinema e si faceva cucire i vestiti per le bambole dalle sarte. Un film che gli "parlava" e che gli ha permesso di percorrere strade senza conoscere la meta. Operazione "che può spaventare" ma che per Coppola rappresenta l'essenza stessa della vita.

E per Megalopolis è un po' così. "Ho delle idee - dice - vedremo se riusciremo a svilupparle". Nel cinema come nella vita "cerco tutte le avventure possibili senza necessariamente sapere se ci sarà un 'happy ending', anche se la speranza è che alla fine l''happy ending' arrivi". I fan, pazientemente, aspettano. Coppola non risparmia critiche al cinema moderno, che definisce "molto industriale" e che al pari di altre industrie - "come quella alimentare" - punta a far soldi con film "distribuiti in tutte le salse, con i soliti supereroi". Un'arte che il maestro definisce "malata". Sintomo di quella spinta a cercare la felicità nella ricchezza che contagia anche la società, in particolare quella americana dove c'è "un governo assurdo" e dove oltre ad avere "grossi problemi con le armi" c'è un problema più latente di "salute mentale".

Il futuro però è dei giovani. Sono loro, dice il regista, "capaci di vedere oltre". Un po' come fece Xerox con Ibm diventando pioniere delle fotocopiatrici e poi surclassata a sua volta da Apple che con un rampante Steve Jobs scommise sul pc con interfaccia a icone e mouse. La scommessa moderna per il cinema è puntare sulle produzioni indipendenti. "Se non si consente ai giovani di sviluppare dei piccoli film indipendenti, che siano da un milione di dollari o molto meno costosi, magari girati con un iPhone, non riusciremo ad avere qualcosa di davvero significativo". Il legame con l'Italia è sempre fortissimo. L'amore per Bologna, ma pure quello per Cinecittà, dove Coppola però vorrebbe vedere "meno polizia e più bandiere italiane". Quanto alla sua, di felicità, la ricetta è semplice: "Sono diventato ricco perché ho fatto il giusto business al momento giusto, ma la mia felicità è la mia famiglia, le persone che conosco".

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