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Green New Deal: cos’è il piano contro il cambiamento climatico

Ambiente

Gabriele De Palma

Getty Images

Ecco cosa prevedono le proposte di legge statunitense e tedesca che mirano alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera

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Mentre si discute a livello comunitario della proposta della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyden per una nuova politica ambientale europea, e in Italia la Camera ha approvato in via definitiva il cosiddetto Decreto Clima è utile analizzare cosa prevedono le proposte per un Green New Deal presentate dai Democratici negli Usa e le misure già approvate dal governo tedesco.

Il modello Roosvelt 

Innanzitutto partiamo dalla definizione in uso oltreoceano, Green New Deal, che richiama espressamente il New Deal messo in atto dal Presidente Roosvelt per risollevare l’economia statunitense all’indomani del crollo di Wall Street del 1929. Come per il piano Roosvelt, anche per il Green New Deal sono previsti ingenti investimenti pubblici che abbiano come risultato immediato una crescita dell’occupazione e dell’economia, e come risultato a medio termine - 2030 - la riconversione energetica verso le fonti rinnovabili.

La prima proposta dei democratici Usa

A Washington è stato presentato lo scorso febbraio un piano per il Green New Deal dalla deputata Alexandria Ocasio Cortez e dal Senatore Ed Markey. Questa proposta è decisamente roosveltiana e abbraccia non solo le tematiche ambientali ma anche quelle occupazionali, di equità sociale e di welfare. Il piano prevede una mobilitazione a livello nazionale per dieci anni in modo da raggiungere l’obiettivo carbon neutral (e cioè con le emissioni di CO2 compensate da attività che ne catturino l’equivalente) convertendo la maggior parte del fabbisogno energetico nazionale a fonti rinnovabili. Sono annunciati interventi immediati nel settore agricolo e in quello di trasporti pubblici. Nel passaggio dal vecchio al nuovo paradigma energetico, l’economia verrà stravolta e nella proposta viene ribadita la necessità di creare lavoro per le professionalità più basse attualmente impegnate nei settori in via di stravolgimento. In aggiunta, come detto, il tentativo di riuscire ad assicurare a ogni cittadino aria e acqua pulite, educazione ed assistenza sanitaria e un lavoro.

La prossima proposta dei democratici Usa

La proposta di febbraio - anche solo limitandosi a considerarne gli aspetti strettamente legati alle misure sul clima - non contiene però alcuna indicazione su dove reperire i fondi necessari nè fornisce dettagli su come procedere verso la carbon neutrality e le rinnovabili. A fine novembre è però stata data vita a una Commissione incaricata di presentare un piano definito per l’inizio del 2020. E il 2020 sarà sicuramente l’anno in cui il dibattito sulle azioni da intraprendere per ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera sarà acceso e si configura già come uno degli argomenti su cui si potranno decidere le elezioni presidenziali di fine anno. Se la prima proposta democratica di febbraio è ingiudicabile, essendo una dichiarazione di intenti non vincolante né precisa, il documento che uscirà dalla Commissione a inizio 2020 sarò molto più attendibile.

La versione tedesca

Molto più dettagliata, invece, la legge approvata dal Parlamento tedesco a fine settembre. Innanzitutto le cifre: 54 miliardi di euro entro il 2023 e altri 46 entro il 2030. L’esborso non graverà però sui bilanci statali ma sarà finanziato dall’aumento delle accise sui carburanti fossili e da nuovi fondi speciali per l’ambiente e sarà speso in larga misura - 86 miliardi - per rinnovare l’infrastruttura delle ferrovie. Entrano a far parte del bilancio ambientale anche gli edifici residenziali, che dovranno quindi pagare in base alle emissioni di CO2 prodotte. Il piano prevede infine che dal 2025 non si potrà più installare un impianto di riscaldamento a gasolio e sono previsti sgravi fiscali fino al 40 per cento per chi sostituirà il proprio impianto a gasolio con uno ecologicamente più sostenibile.

Non si tratta in questo caso di vero Green New Deal, perché lo Stato non impegna denaro pubblico e infatti non si prevede nel documento alcuno sbilanciamento del rapporto del 60 per cento tra debito e Pil, ma sono misure concrete per ridurre le emissioni, che così facendo dovrebbero calare, rispetto ai dati del 2005, del 38 per cento entro il 2030.