Le ondate di caldo e quella pericolosa tentazione del condizionatore

Aumenta la temperatura in città e la reazione più comune è quella di abbassare la temperatura del condizionatore o, per chi non ce l’ha, di acquistarne uno, anche approfittando delle agevolazioni fiscali. Ma non è la migliore cosa da fare. Anzi. A lanciare l’allarme è il World Resources Institute, che da più di 40 anni monitora e si preoccupa del consumo delle risorse del pianeta. Un problema soprattutto italiano Quello del condizionamento dell’aria è un problema comune a molti Paesi ma soprattutto interessa il nostro. Sono molteplici i fattori che concorrono al caso Italia. Innanzitutto due dati non modificabili: una popolazione molto anziana, e quindi più fragile e bisognosa di evitare le temperature eccessive, e il fatto di essere teatro di molte delle ondate di calore europee. Questo, purtroppo, porta a una prima grande differenza rispetto ad altri Paesi. Siamo più esposti alle conseguenze più nefaste delle ondate di calore, nonostante il record europeo di condizionatori. Durante l’ondata di calore verificatasi tra fine giugno e inizio luglio scorsi, sono decedute più persone a Milano che in qualsiasi altra città europea. Il secondo problema italiano è il consumo energetico. In Europa siamo quelli con più sistemi di condizionamento nelle abitazioni e, di conseguenza, quelli che in assoluto utilizzano più energia elettrica per farli funzionare. Più di un terzo dei consumi totali dell’Unione europea destinati al condizionamento delle abitazioni è, infatti, a carico dell’Italia, e questo nonostante nella penisola i prezzi al dettaglio dell’energia elettrica siano tra i più alti in Europa. Quasi 23 mila terajoule all’anno contro i 60 mila consumati in tutta l’Unione europea. Impatto ambientale Consumare energia elettrica, ancora largamente prodotta da combustibili fossili, innesca il più classico dei circoli viziosi. Le temperature si alzano per il cambiamento climatico accelerato dal contributo dell’uomo e dai gas climalteranti, l’uomo per rinfrescarsi si dota di sistemi di raffreddamento che, però, consumano più energia e accrescono l’emissione di CO2, con ulteriore aumento delle temperature. Non solo. I condizionatori scaldano l’esterno delle case e i gas refrigeranti possono disperdersi nell’atmosfera durante l’uso e rappresentano un grosso problema in fase di smaltimento. L’R-32, uno dei gas più diffusi negli impianti di climatizzazione, ha un potenziale di riscaldamento di circa 675 volte superiore a quello del CO2. Infine, il condizionatore rappresenta una soluzione del tutto privata: si rinfresca una sola abitazione a fronte di tale impatto ambientale, non recando alcun vantaggio - anzi, un nocumento - alla collettività. Impatto economico Il World Resource Institute è riuscito anche a misurare l’impatto che il repentino aumento dei consumi di energia elettrica causato dai condizionatori durante le ondate di caldo ha sul prezzo - che è variabile - dell’elettricità necessaria all’alimentazione. I dati si riferiscono sempre all’ondata di caldo precedente all'ultima appena conclusa e ai mercati energetici francese e tedesco. Ma sono utili come indicazione generica valida anche per altri Paesi. Il 24 giugno, all’inizio dell’ondata di caldo, in Francia l’energia elettrica costava 56,73 euro al megawattora, il primo luglio il prezzo era aumentato fino a toccare i 118 euro per la stessa quantità di elettricità, più del doppio. Ancora più grande lo iato tedesco, dove i prezzi si sono impennati da 46,27 euro MWh a oltre 127 MWh, quasi il triplo. L'importanza dell'urbanistica E quindi, cosa fare? Sono diverse le misure suggerite dal World Resources Institute. La più immediata è evitare di tenere i condizionatori a temperature troppo basse. Anche una piccola differenza nei gradi - 26 gradi anziché 24 - comporta differenze molto grandi in termini di consumi energetici. E di conseguenza di emissioni di CO2 e di costi, per chi è più sensibile al portafogli che all’ambiente. Ragionando più sul lungo termine, va aumentata ancora di più la percentuale di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Poi ci sono soluzioni per gli edifici, per evitare che si riscaldino come oggi. Ad esempio con l’utilizzo di coperture riflettenti, dalle vernici ai vetri. E poi aumentare l’ombra in città, facendolo possibilmente col verde urbano. Il piano della Francia Diversi Paesi europei stanno pianificando il proprio sviluppo su queste coordinate di sostenibilità a lungo termine e collettive. Uno degli ultimi casi, e uno dei più interessanti da seguire, è quello della Francia. La sindaca della capitale, Anne Hidalgo, ha varato piani urbanistici improntati alla forestazione di Parigi. E il piano urbanistico sta progredendo, con Place de Catalogne già ombreggiata da nuovi alberi, e la recente ristrutturazione dello spazio antistante il municipio, l’Hotel de Ville. Negli anni ‘70 era occupato da una rotatoria molto trafficata, poi sostituita da una pavimentazione pedonale in pietra. A giugno è stato portato a termine l’ultimo maquillage: più del 30 per cento della superficie è stata arricchita da una cinquantina di alberi ad alto fusto e da centinaia di piante a basso fusto. Poi toccherà al rifacimento del piazzale davanti alla Gare de Lyon. Ed è, invece, stata respinta la proposta avanzata da Rassemblement National di garantire l’aria condizionata in tutti gli uffici pubblici francesi. Una gestione, quella francese, diametralmente opposta all’ecobonus scelto per agevolare la climatizzazione in Italia. Una strada più lunga ma che ha il vantaggio di portare benefici a tutti i cittadini e con un impatto ambientale, finalmente, positivo.

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Gabriele De Palma