Giornata mondiale della Terra, lo stato del pianeta in 9 grafici

La Giornata mondiale della Terra, che si celebra ogni anno il 22 aprile, è il momento giusto per fare un bilancio sulle condizioni generali del pianeta. Condizioni generali che, diciamolo subito, non sono buone: continuano ad aumentare le emissioni climalteranti, che provocano l’innalzamento delle temperature medie globali; si sciolgono i ghiacci artici così come quelli alpini. Peggiorano anche le condizioni delle foreste pluviali, che stiamo distruggendo a un ritmo folle tanto da portarci vicino al tipping point in cui l'Amazzonia anziché il principale polmone verde del pianeta, sta diventando fonte di inquinamento. Solo due le note liete, che però testimoniano anche le potenzialità delle politiche ambientali messe in campo da molti Paesi: la riduzione del buco dell’ozono e la percentuale di fonti rinnovabili nella produzione di energia elettrica. Vediamo i dati nel dettaglio con l'aiuto di una serie di grafici. Effetto serra Sulle emissioni di CO2 non riusciamo a compiere passi decisivi, nemmeno per invertire la leggermente la tendenza. Anche nel 2024 è stata immesso in atmosfera più gas a effetto serra dell’anno precedente, cosa che si verifica quasi puntualmente negli ultimi 35 anni. Sono poche le stagioni in cui abbiamo potuto festeggiare un calo, seppur lieve. Il più significativo coincide, prevedibilmente, con il 2020. Se non visualizzi il grafico clicca qui Riscaldamento Come previsto, al crescere delle emissioni cresce anche la temperatura. Il grafico warming stripes, ideato da Ed Watkins, rende molto bene l’idea del riscaldamento globale. La visualizzazione è stata realizzata per la prima volta nel 2016 e forse nemmeno Watkins avrebbe immaginato che il gradiente di rosso immaginato in origine non fosse più sufficiente per descrivere l’immediato futuro. Gli ultimi due anni sono stati in assoluto quelli in cui è aumentata di più la media mondiale: +1,17 gradi in più nel 2023 e +1,29 nel 2024. Se non visualizzi il grafico clicca qui Ghiaccio bollente Le temperature crescono in media in tutto il pianeta, ma in alcune regioni aumentano più velocemente. Drammaticamente, una di quelle in cui è più sensibile il riscaldamento globale è quella artica. Non tanto negli ultimi due anni quanto in quelli precedenti, con un 2016 pessimo in cui la temperatura è aumentata di quasi 2 gradi . Se non visualizzi il grafico clicca qui Ne risente direttamente l’estensione del ghiaccio, che nel 2024 ha toccato il suo minimo nella stagione invernale , mentre è andata un po’ meglio per il minimo estivo, che era peggiore sia nel 2007, sia nel 2012 che nel 2020. Però il trend è drammaticamente esplicito. Se non visualizzi il grafico clicca qui Alpi, habitat a rischio Altro habitat messo a dura prova dalla crisi climatica è quello alpino, che sembra destinato a perdere le proprie caratteristiche più peculiari. Il livello dei ghiacci perenni sulle alpi è in rapida diminuzione, uno scioglimento che ha fatto perdere poco meno di 23 metri a partire dall’inizio del secolo alle riserve di acqua dolce più grandi e importanti del centro Europa. un’inversione di tendenza non è ragionevolmente prevedibile, almeno fino a che non caleranno le temperature sui rilievi dell’Europa centrale. Se non visualizzi il grafico clicca qui Bruciare il polmone verde Non va meglio in regioni decisamente più calde della Terra, come le foreste pluviali, o foreste primarie. I dati del Global Forest Watch dicono che l’anno scorso sono andati persi - per colpa dell’attività umana - 3,7 miliardi di ettari di foresta. Se non visualizzi il grafico clicca qui Non l’anno peggiore tra gli ultimi ma un dato allarmante, perché per bruciare una foresta occorrono poche ore, per farla ricrescere sono necessari decenni. E la biodiversità che ospitano non è detto che sia ripristinabile in futuro. Da inizio secolo abbiamo deforestato una superficie equivalente a quella di Italia, Austria, Svizzera e Germania. Se non visualizzi il grafico clicca qui Bando dei Cfc, e il buco si riduce L’estensione in riduzione del buco nell’ozono è una delle poche note liete dell’andamento della salute della Terra. Si è ridotta rispetto all’anno passato, ma quel che conforta di più è seguire la curva sul grafico, al netto delle variazioni annuali da montagne russe, che sembra aver raggiunto l’apice e, si spera, si indirizza verso la chiusura del buco, prevista per il 2050. Sono gli effetti del Protocollo di Montreal siglato nel 1987 da novanta nazioni che si sono impegnate per sospendere la produzione dei gas clorofluorocarburi , che erano una delle principali cause - sebbene si sia scoperto in seguito, non l’unica - dell’erosione dello stato di ozono intorno al pianeta. Se non visualizzi il grafico clicca qui Eolico e solare in crescita E un po’ di speranza si può alimentare anche nel leggere la crescita della percentuale di fonti rinnovabili come l’eolico e il solare nella produzione mondiale di energia elettrica. Dall’inizio del XXI secolo sono passate dallo 0 al 15% sul totale di elettricità prodotta, Anche in questo caso si tratta della conseguenza delle politiche che in molti Stati del mondo hanno incentivato lo sviluppo e l’adozione di soluzioni tecnologiche sempre più efficienti per le rinnovabili. Non è ancora abbastanza e non modifica più di tanto il quadro a tinte fosche dei dati precedenti. Ma forse è sufficiente per credere che se riuscissimo a mettere in campo politiche ambientali adeguate, la situazione sarebbe migliorabile. Se non visualizzi il grafico clicca qui

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