Spariscono i ghiacciai e cambiano i confini tra Italia e Svizzera: dati e grafici

La crisi climatica ha anche effetti che non ti aspetto: per esempio la modifica dei confini tra Paesi, come Italia e Svizzera. Ma partiamo dall’inizio. Tra gli ecosistemi più vulnerabili agli estremi della crisi climatica c’è, come noto, quello alpino. Le estati eccessivamente calde degli ultimi anni hanno accelerato lo scioglimento dei ghiacciai che fino a poco prima erano tracciati sulle creste dei ghiacciai o lungo nevai perenni. E spesso delineavano dei confini naturali. L’ultimo caso del genere in ordine di tempo riguarda, appunto, la separazione tra Svizzera e Italia, nel tratto che divide il Cervino dal Breithorn. Il ghiacciaio in questione è il Gornergletscher, il secondo più grande della Svizzera. La rapida fusione cui è stato soggetto negli ultimi quindici anni ha ridisegnato il territorio che lo ospitava, tanto da richiedere il ridisegno anche delle mappe nazionali. La decisione è stata già comunicata dalle autorità svizzere, al termine di un periodo di valutazione da parte di un comitato con rappresentanti dei due Paesi, e sarà ratificato nelle prossime settimane anche dal governo italiano. Il cambiamento è minimo in termini di metri, anche perché non incide sull’impiantistica sciistica presente nell’area, ma è significativo del periodo storico. Il nuovo confine è stato tracciato sulla linea che collega Testa Grigia, Plateau Rosa , Rifugio Carrel e Gobba di Rollin. La modifica si è resa necessaria perché, in base alle misurazioni ufficiali della rete elvetica di monitoraggio dei ghiacciai Glamos, il Gornergletscher, il Ghiacciaio del Gorner, si è ritratto di più di 500 metri negli ultimi 15 anni. E dall’inizio delle misurazioni, nel 1850, la perdita di ghiaccio perenne è stata di 3 km, con una rapida accelerazione negli ultimi anni. E la situazione del Gornergletscher non è un unicum. Anche il più grande ghiacciaio svizzero, e più grande d’Europa, ha registrato un arretramento analogo nelle proporzioni anche se maggiore in termini assoluti. Il Ghiacciaio dell’Aletsch, infatti, ha perso più di 3,5 km di lunghezza dall’inizio delle misurazioni. Una tendenza che ormai viene definita da tutti gli esperti come irreversibile. Entro fine secolo rimarrà solo qualche formazione nel bacino del Rodano, nel Vallese. Ma la velocità di fusione degli ultimi anni spaventa gli studiosi dell’Accademia svizzera delle scienze. Nel 2022 si è sciolto il 6% dei ghiacciai, nel 2023 più del 4% e gli ultimi dati sull’estate 2024 segnano un’altra diminuzione del 2,5% Di questo passo i confini italo-svizzeri dovranno essere rivisti nuovamente. Il dato relativo al volume totale dei ghiacci perenni in Svizzera non lascia spazio a dubbi interpretativi: oggi è un terzo rispetto al 1850 e la metà rispetto a 50 anni fa. In base alle stime dell’Accademia della scienza svizzera, senza l’adozione di misure per mitigare il riscaldamento delle temperature, l’addio ai ghiacciai potrebbe avvenire con qualche decennio di anticipo rispetto alle previsioni di qualche anno fa, tra il 2060 e il 2085. Peggio vanno le cose a sud del confine, con il Ghiacciaio della Marmolada, il più esteso delle Dolomiti, che il mese scorso è stato dichiarato “in coma irreversibile” da Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano. Sulla Marmolada i ghiacci si sono ritirati di 1.200 metri dal 1890, ma sono stati gli ultimi 5 anni ad assestare il colpo, con ogni probabilità, fatale: dal 2019 al 2023 la superficie è quasi dimezzata, passando da 170 ettari a 98 ettari. I glaciologi italiani sono convinti che entro il 2040 d’estate vedremo le pareti rocciose del massiccio dolomitico senza tracce di bianco.