Quante sono state le vittime di violenza contro l’attivismo ambientale

“È stato come se ci avessero lanciato una bomba addosso. Avevamo appena saputo che l’azienda petrolifera Shell stava cercando petrolio e gas al largo delle coste del Sudafrica, vicino a dove vivo. Nessuno si era preoccupato di informarci - né il nostro governo, né la Shell, né nessun altro. L'abbiamo saputo dai telegiornali”, ha raccontato Nonhle Mbuthuma, attivista per i diritti umani e ambientali che vive in Sudafrica in un’intervista contenuta nel report Missing Voices, pubblicato dall’ong Global Witness a settembre. “Come tanti altri attivisti in tutto il mondo, abbiamo visto violati i nostri diritti fondamentali. Eppure mi ritengo fortunata perché sono qui a raccontare la mia storia”, ha aggiunto. Come documenta il report, infatti, 196 altri attivisti non possono fare lo stesso perché sono stati assassinati nel corso del 2023. Dal 2012, il numero di omicidi attestati dall’ong sono 2.106, ma si tratta di una stima per difetto, dato che molti non vengono denunciati, in particolare in alcuni Paesi o nelle zone più rurali. America Latina la regione più pericolosa Dal 2012, l’America Latina è la regione in cui ogni anno si registrano più omicidi di attivisti ambientali e il 2023 non ha fatto eccezione: il 70% dei casi si concentra tra Brasile, Colombia, Honduras e Messico e il 43% delle vittime appartengono alle popolazioni indigene del continente. In particolare, la Colombia risulta il Paese più letale al mondo per chi difende l’ambiente, con 79 persone uccise nel 2023, pari al 40% di tutti i casi segnalati: il numero più alto di omicidi in un anno mai registrato da Global Witness dal 2012 a oggi. La maggior parte dei delitti si è verificata nelle regioni sud-occidentali di Cauca, Nariño e Putumayo, dove i gruppi criminali organizzati sono sospettati di essere responsabili della metà dei casi documentati. La situazione è simile in Messico e Honduras: in entrambi i Paesi nel 2023 sono stati uccisi 18 attivisti – un numero in calo rispetto ai 31 del 2022 nel primo caso e un leggero aumento rispetto ai 14 del 2022 nel secondo. In Messico, oltre il 70% dei attivisti uccisi nel 2023 appartenevano a comunità indigene, vivevano negli Stati costieri che si affacciano sull’oceano Pacifico e si opponevano alle attività minerarie avviate o in programma nella regione. Con lo stesso numero di omicidi del Messico ma meno di un decimo della popolazione, l’Honduras è il Paese con il maggior numero di omicidi pro capite nel 2023. L'organizzazione honduregna ACI-Participa ha identificato la mancanza di terre produttive per gli agricoltori, la prioritizzazione delle attività estrattive e la violazione dei diritti dei popoli indigeni e afrodiscendenti come elementi chiave per comprendere il grande numero di assassini nel Paese. In Brasile, il numero di vittime è diminuito da 34 nel 2022 a 25 l'anno scorso grazie anche al cambio politico portato dal nuovo presidente Luiz Inácio Lula da Silva, che ha ripristinato i finanziamenti per proteggere l'Amazzonia e l'Agenzia che tutela i diritti delle persone indigene che il presidente precedente, Jair Bolsonaro, aveva smantellato. Tuttavia, i cambiamenti rimangono difficili da attuare di fronte a un Congresso conservatore dominato da politici che sostengono gli interessi dei proprietari terrieri privati rispetto alla riforma agraria pubblica. In Asia, la situazione degli attivisti ambientali resta critica, con 468 omicidi tra il 2012 e il 2023, di cui il 64% nelle Filippine. Oltre alle uccisioni, gli autori del report registrano un aumento delle tattiche di repressione non letali, come le persecuzioni giudiziarie e le sparizioni forzate. In Africa, nel 2023 sono stati uccisi quattro attivisti in diversi Paesi, portando il totale a 116 tra il 2012 e il 2023, con la maggior parte dei casi nella Repubblica Democratica del Congo. Negli Stati Uniti, infine, un agente di polizia ha ucciso un attivista ambientale durante una protesta contro la distruzione di una foresta. Il settore minerario resta il più letale Stabilire un legame diretto tra l'uccisione di un attivista e gli interessi di specifiche aziende è difficile. Gli autori del report ci sono riusciti solo in 45 dei 196 omicidi avvenuti nel 2023. Tra questi, la maggior parte risulta correlata al settore minerario, soprattutto in America Latina e Asia. L’Asia, in particolare, è una regione ricca di riserve naturali di minerali cruciali per le tecnologie energetiche pulite, come nichel, stagno, terre rare e bauxite. Sebbene ciò possa sembrare una buona notizia per la transizione energetica, senza una radicale riforma delle pratiche estrattive, i rischi per gli attivisti ambientali non faranno che aumentare. “Per anni ho affrontato minacce di morte, rappresaglie e molestie. Sapere che la mia vita è in pericolo ogni giorno è profondamente logorante. E so di non essere sola”, ha spiegato Mbuthuma all’interno del report. E ha aggiunto: “ogni volta che mi vengono raccontati i benefici delle multinazionali che operano nel mio Paese, mi chiedo sempre: una volta che l'oceano sarà stato inquinato, una volta che i nostri mezzi di sussistenza saranno stati distrutti e il divario sociale si sarà allargato, una volta che il danno irreversibile sarà stato fatto, chi ne pagherà il prezzo?”.

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