Ghiacciaio del Belvedere, fusione preoccupante

Era tutto bianco, il Belvedere, parete est del Monte Rosa. Uno dei ghiacciai più grandi delle Alpi, affascinante sfondo del paese di Macugnaga. Una delle guide alpine più popolari della Valle, Claudio Schranz, mostra i nuovi profondi crepacci, che dopo le piogge calde si sono aperti da un anno all’altro. La trasformazione è serrata, il ghiaccio crolla, si apre e si fonde sempre più rapidamente. “È diminuito di oltre 150 metri”, è l’allarme malinconico della guida che così lo ha visto cambiare nel corso della vita. Preoccupanti elementi di studio per i ricercatori del Politecnico chiamati da Acqua Novara Vco. La società di gestione lavora ad un progetto lungimirante da 165 milioni di euro in 12 anni. L’obiettivo è grande: adattarsi al cambiamento. Sul ghiacciaio per i rilievi sono saliti tutti, avventurandosi nella grande pietraia, l’amministratore delegato di Acqua Novara Daniele Barbone: “La velocità con la quale sta fondendo questo ghiacciaio ci preoccupa per quello che potrà essere nei prossimi decenni. In alcuni punti addirittura la fusione supera i 10, 15 cm al giorno, un numero molto rilevante se pensiamo che la fusione dura in media ogni anno per almeno 90 giorni, quindi vuol dire che rischiamo di perdere una quantità d’acqua molto significativa.” Il professor Daniele Bocchiola docente di ingegneria per l’ambiente e territorio al Politecnico: “Ci stiamo concentrando sulla risorsa acqua legata alla fusione glaciale. Ciò che mi ha colpito tantissimo è l’effettiva disgregazione del ghiacciaio, questo fa sì che sia difficile studiarlo. Abbiamo installato degli strumenti che purtroppo si sono rotti proprio per la violenza degli eventi anche climatici e questo sinceramente io ho già studio queste tematiche ma questo mi ha fatto verificare visualizzare ancora di più in maniera plastica la violenza del cambiamento che a cui andiamo incontro” Ci sono anche i ricercatori che lavorano da più di un anno al progetto, raccolgono dati, misurano la fusione sul campo e raccontano di cambiamenti visibili ogni settimana. L’alluvione del mese di giugno a Macugnaga ha distrutto anche gli acquedotti, i tubi sono finiti nel fiume. Il paese è oggi approvvigionato con impianti provvisori. Una sfida continua per la società dell’acqua che deve far fronte anche alle perdite, un 40 per cento di media come in tante regioni d’Italia, che raggiunge il 70 nelle località montane dove l’abbondanza è sfociata nella noncuranza e la siccità suona come un paradosso. Il piano di Acqua Novara Vco è moltiplicare le fonti: “Siamo molto orientati a intervenire per garantire l’utilizzo di fonti plurime e quindi anche garantire che non si lavori solo sui ghiacciai ma anche sulle acque superficiali, sui pozzi e sui laghi, garantendo quindi l’approvvigionamento di acquedotti in modo diversificato e poi lavorare per la riduzione delle perdite”. Agli utenti costerà 100 euro all’anno, 138 sindaci hanno approvato, persuasi anche dalla siccità degli scorsi anni. Il modello peggiore dell’Ipcc, l’agenzia per il cambiamento climatico, è la scomparsa dello zero termico nel 2040, durante l’estate, nei nostri territori, per l’acqua sarebbe un problema enorme. Sulla parete est del Monte Rosa durante l’estate le guide non lavorano quasi più, il terreno si sgretola e le escursioni sono diventate troppo pericolose. “Quando vengo qui non dico che mi viene da piangere, ma quasi, è veramente una desolazione, è brutto.” – resta l’amarezza di una la guida che da 50 anni lavora, osserva, contempla, uno dei tanti ghiacciai sofferenti.

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