Il 16 settembre è la data dedicata alla salvaguardia dell’ozonosfera, strato gassoso che fa parte dell’atmosfera e che protegge la Terra dagli effetti nocivi delle radiazioni solari. La fascia, però, è gravemente compromessa. Anche se il "buco" sembra lentamente ridursi
Il 16 settembre si celebra la Giornata mondiale per la protezione della fascia d’ozono. Si tratta di uno strato gassoso presente nell’atmosfera terrestre che ci protegge dagli effetti nocivi delle radiazioni solari e, in particolare, dai raggi ultravioletti. La data dell’evento non è casuale: in questo giorno, nel 1978, fu approvato dalla Comunità internazionale il Protocollo di Montreal. L'accordo ha tutt’oggi l’obiettivo di indicare nuove politiche in grado di facilitare il riassorbimento di quello che viene comunemente chiamato “buco dell’ozono”. La fascia, infatti, risulta gravemente compromessa, con conseguenze che possono essere gravi per la vita sulla Terra.
Cos’è l’ozonosfera e perché è così importante
L'ozonosfera, che si trova tra i 15 e i 35 chilometri di altitudine, è lo strato dell'atmosfera in cui è presente la maggior parte dell'ozono e che corrisponde alla parte bassa della stratosfera. L’ozono è un particolare gas serra fondamentale per il nostro pianeta. Il suo compito, infatti, è quello di assorbire e trattenere parte dell’energia proveniente dal sole, in particolare le radiazioni a bassa lunghezza d'onda. Questo strato gassoso funge così da filtro ed è in grado di trattenere quasi tutti i raggi ultravioletti. Per questa ragione, più lo strato si riduce e più aumenta la quantità di radiazioni che raggiunge la superficie terrestre. A dosi eccessive, questi raggi ultravioletti hanno effetti dannosi su tutta la vita di microrganismi, animali, piante. Per quanto riguarda gli uomini, le esposizioni prolungate a radiazioni ultraviolette causano danni agli occhi (quali cecità da neve, cancro e cataratta), alterazioni del sistema immunitario ma soprattutto tumori alla pelle, melanomi e carcinomi.
Cos’è il buco dell’ozono
Il buco nell'ozono è la riduzione dello spessore dell’ozonosfera. A causare l’assottigliamento di questo strato gassoso fino a causarne un vero e proprio buco sono state, nel corso degli anni, alcune sostanze inquinanti prodotte in gran parte dell'uomo, sia nelle sue attività produttive sia in quelle di consumo. Nello specifico, lo strato si dirada a causa del rilascio nell'atmosfera dei cosiddetti gas clorofluorocarburo: sono quelli emessi dalle attività umane nei Paesi più industrializzati e contenuti in particolare nei circuiti frigoriferi e nelle bombolette spray. Questi, reagendo chimicamente con l'ozono, provocano l'assottigliamento dello strato e l'allargamento del "buco" sopra le regioni polari, ovvero quelle meno esposte all’irraggiamento solare.
Qual è la situazione attuale
È a partire dalla fine degli anni ’70 che gli scienziati hanno iniziato ad accorgersi del problema e del sempre più netto assottigliamento dell’ozonosfera. Per questo motivo, è stato firmato il protocollo di Montreal nel 1987, poi entrato in vigore nel 1989. Un accordo che, a distanza di oltre 30 anni, sta iniziando a dare risultati positivi. Se è vero, infatti, che il buco nell’ozono ha avuto la sua massima estensione nel 2000, le Nazioni Unite hanno fatto sapere che proprio grazie all’accordo canadese è stato possibile eliminare il 99% dei prodotti chimici che contaminano l’ozono attraverso frigoriferi, condizionatori e molti altri prodotti. Inoltre, in base all’ultima valutazione realizzata nel 2018, è emerso che dal 2000 il buco si è ridotto dall’1% al 3% (a seconda della zona) per ogni decennio. Se i progressi dovessero proseguire a questo ritmo, le Nazioni Unite calcolano che l’ozonosfera potrà essere del tutto ricompattata nell’emisfero nord già nel 2030, mentre nell’emisfero sud si parla del 2050. Più lungo il processo nelle regioni polari, dove il completo risanamento è previsto nel 2060. Anche una ricerca della Nasa, alla fine del 2017, ha rivelato che il buco non era così piccolo dal 1988. Gli sforzi per la protezione dell’ozonosfera, inoltre, hanno in parte contribuito anche alla lotta contro il cambiamento climatico: grazie al protocollo di Montreal, infatti, è stata evitata, tra il 1990 e il 2010, l’emissione di 135mila milioni di tonnellate di diossido di carbonio.