Wayne McGregor: “L’IA un partner creativo per creare una danza ibrida mai vista prima”

Nel suo quarto anno come direttore del Settore Danza della Biennale di Venezia, incarico che è stato rinnovato anche il prossimo biennio, Wayne McGregor ha voluto esplorare tutta la complessità della vita umana, il suo mistero e le sue contraddizioni. Con la consapevolezza che “noi umani siamo in movimento”. Uno slogan quasi che ha scelto come titolo della sua nuova creazione We Humans are movement pensata per la Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido di Venezia con cui si è chiuso questo 18esimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea che ha assegnato il Leone d’oro alla carriera a Cristina Caprioli, portatrice di un’idea di coreografia come “discorso critico in continuo movimento”, e il Leone d’argento a Trajall Harrell, autore di un linguaggio nuovo e originale che si basa su una ricca conversazione tra la danza postmoderna, la scena del voguing newyorkese e la danza giapponese Butoh. Un Festival, con più di 80 spettacoli e 160 artisti, che ha affondato le radici nella danza per esplorare altri ambiti come il cinema, l’opera, le arti visive, le connessioni umane e tecnologiche. Là dove Sir McGregor, che lo scorso giugno è stato nominato baronetto da Re Carlo III per “il suo contributo pionieristico nel campo della danza, è Maestro. Partiamo dalla nuova creazione presentata in prima mondiale qui a Venezia. Uno spettacolo pieno di energia, di tecnica, potente. Sembra un inno alla danza… È assolutamente una celebrazione del movimento e della danza. Della capacità e del virtuosismo del corpo umano, della sua espressività. E io devo fare i complimenti a questi ballerini davvero giovani. Abbiamo selezionato 16 ragazzi tra gli oltre 400 candidati che si sono presentati per il college che ogni anno è una parte fondamentale della Biennale perché permette loro di studiare per tre mesi con grandi coreografi. I danzatori che abbiamo scelto sono così pieni di passione, impegno, talento e genialità. Hanno lavorato insieme a noi per creare questo spettacolo ed è stato un vero piacere integrarli su questo magnifico palco con nove professionisti della mia compagnia. Sono molto soddisfatto del risultato. Il titolo We Humans are movement potrebbe diventare uno slogan? Potrebbe sì. Il nome di questo 18esimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea è We Humans e noi umani siamo in movimento e lo siamo sempre. Anche quando immaginiamo di essere fermi in realtà il sangue sta scorrendo nelle nostre arterie, il cuore sta battendo, le costole si stanno abbassando. Il corpo non è mai fermo ed è anche il principale mezzo principale per comunicare con gli altri. Ho pensato che questo sarebbe stato un modo davvero perfetto per intitolare il pezzo. Lei è pioniere nell’uso di nuove tecnologie e nella contaminazione della danza con altre forme d’arte. Anche in questa nuova creazione ci sono tanti altri elementi in scena: video, foto, luci, proiezioni. Come interagiscono tra loro e con i danzatori? Siamo in un luogo, Venezia, in cui Diaghilev ha fatto tante cose incredibili con i Balletti Russi. Diaghilev era un grande collaboratore. Ha lavorato con molti artisti interdisciplinari per arrivare a creare nuove tipologie di spettacoli. In un certo senso sono sempre stato interessato anche io a questo, a lavorare con altri artisti, con la tecnologia, con l'intelligenza artificiale. Così, in We Humans are movement, ci sono queste luci incredibili progettate da Theresa Baumgartner, che sono quasi come un animale, una specie a sé stante , un'illuminazione davvero straordinaria; Ben Cullen Williams ha poi fatto la straordinaria videografia e il lavoro di intelligenza artificiale e poi siamo stati così fortunati che Dj Benji B sia venuto a suonare dal vivo. Suona e mixa una musica che sembra davvero viscerale e la senti come se fosse un membro del pubblico proprio nel tuo corpo. Ti senti come se volessi alzarti e ballare… è una sensazione fantastica. Si tratta di una coreografia site specific pensata appositamente per la Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido di Venezia. Come è nata l’idea di costruire uno spettacolo in questo spazio? È un bellissimo edificio degli anni '30. È assolutamente magnifico. Due anni fa sono stato qui, alla Mostra del Cinema di Venezia, e ho pensato immediatamente che sarebbe stato un grande palcoscenico per la danza. Così ho chiesto e la Biennale di Venezia, che devo ringraziare, mi ha dato subito l’ok. Abbiamo un po’ modificato il palco inglobando anche i sedili delle prime tre file della platea. Abbiamo creato un enorme spazio di 25 metri, davvero profondo, dove lo schermo del cinema diventa quasi una scatola luminosa. Fornisce un tipo di energia incredibile in quella stanza. Abbiamo poi costruito una rampa per permettere ai ballerini di scendere dal palco per raggiungere il pubblico e poi risalire. Questo scambio porta una sorta di immediatezza che è davvero straordinaria. Il cinema è un media bidimensionale e i corpi sono un media tridimensionale . Ma quando entrambi si fondono insieme in un modo straordinario può accadere qualcosa di magico. Nella sua carriera ha lavorato anche per il cinema curando e pensando i movimenti scenici di tanti film, tra cui Harry Potter e Il Calice di Fuoco. Qual è il potere del cinema e quali i punti di contatto con la danza? Il cinema riguarda molto le storie umane. Riguarda l'espressione di idee e la comunicazione di cose che sono lo specchio del nostro mondo o che non abbiamo mai visto prima. Ma anche l'arte del cinema è un'arte coreografica. La telecamera si muove in relazione a un corpo in tempo reale. Ci possiamo avvicinare molto e cogliere l’intimità di un volto o di un corpo oppure allontanarci e avere una veduta a volo d' uccello. E tutto quel movimento è pura coreografia per me. Quindi penso che ci sia una connessione molto forte tra la composizione di una coreografia e la composizione dell'inquadratura in un film stesso. E questa è stata una fonte di ispirazione per questo lavoro”. Lei è stato pioniere nell’uso delle nuove tecnologie, basterebbe citare anche solo ABBA Voyage, il rivoluzionario concerto che ha riportato in scena il celebre gruppo in versione avatar di cui ha curato le coreografie. Come la danza può interagire con l’IA? Noi usiamo costantemente la tecnologia. Parliamo al telefono, pensiamo utilizzando gli strumenti del telefono. E i nostri cellulari sono pieni di IA, che si tratti di una ricerca su Google o di un GPS. C'è così tanta incredibile IA nella tecnologia ma il corpo umano ha delle capacità e un sistema di conoscenza tutti suoi. Ha degli standard di comprensione da cui possiamo imparare se raccogliamo i dati in modi diversi. Se si analizzano tutti i dati riguardo ai miei movimenti li si può rappresentare o articolare in un modo diverso così che possano diventare qualcos'altro. Ed è questo che mi interessa della relazione tra danza e IA. L’intelligenza artificiale può essere uno strumento e un partner creativo per creare una sorta di forma d' arte ibrida o forme di danza che non abbiamo mai visto prima. E, naturalmente, dobbiamo essere responsabili nell'uso dell'IA nelle arti. Ma penso che nel migliore scenario possibile, ci sia una vera alchimia tra quei processi che ci permettono di vedere nuove visioni di ciò che può essere il potenziale dell'arte”.

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