Non solo Fentanyl:
le nuove droghe sintetiche
I dati, le storie, ma anche le definizioni per capire come si sta muovendo il mercato degli stupefacenti
Il mercato della droga cambia costantemente. Come tutti i beni di consumo, subisce l’influenza delle mode – spesso importate dagli Stati Uniti – ma anche dei cambiamenti politici nei paesi di produzione della materia prima. Negli ultimi anni la messa al bando della produzione di papaveri da oppio decisa dal regime talebano in Afghanistan - il paese che era il principale fornitore del mercato europeo – secondo molti osservatori ha fatto alzare il costo dell’eroina.
Contemporaneamente da una decina di anni hanno preso sempre più piede nuove sostanze psicoattive (note con l’acronimo di NPS, Novel Psychoactive Substances), molecole di diverso tipo e per lo più di origine sintetica che mimano stupefacenti classici quali cannabis, ecstasy, Lsd. Per legge, tutte le molecole con effetti stupefacenti e psicoattivi – compresi i medicinali – sono catalogati in tabelle. Le nuove sostanze psicoattive sono diverse dalle sostanze già presenti nelle tabelle perché sono state modificate chimicamente. Dal punto di vista giuridico non possono essere classificate come illegali fino a quando la loro struttura non viene identificata: solo a quel punto vengono inserite nelle tabelle. Quindi tracciare e identificare le nuove sostanze è cruciale per combattere traffici, abusi, dipendenze e decessi. Ma, come vedremo in questo viaggio, il tracciamento non è sempre facile.
27,6%
studenti tra i 15 e i 19 anni che hanno consumato sostanze illecite nell'ultimo anno
1. Cosa dicono i dati
Il consumo di sostanze illecite tra i giovani è ai livelli più alti degli ultimi 20 anni. Lo raccontano i dati di ESPAD, un'indagine europea coordinata dall'IFC-CNR di Pisa che da oltre due decenni monitora dipendenze e comportamenti a rischio degli studenti tra i 15 e i 19 anni. Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, erano oltre il 27% gli studenti di questa fascia di età che affermavano di avere consumato sostanze illecite nell'ultimo anno, più di uno su quattro. Il 17% - quasi uno su cinque - nell'ultimo mese.
Il Covid, sotto questo aspetto, ha lasciato il segno: i consumi sono schizzati in alto. "Dopo il calo nel periodo della pandemia, dovuto anche alla maggiore difficoltà di reperire le sostanze a causa delle misure di contenimento dell'epidemia, abbiamo visto un rebound che nel 2022 ha portato i consumi ai livelli più alti mai registrati", spiega Sabrina Molinaro, dirigente dell'IFC-CNR e coordinatrice di ESPAD. "E dati 2023, che stiamo per rilasciare, confermano quelli del 2022".
Tra gli stupefacenti utilizzati dai giovani trovano posto da qualche anno anche le cosiddette "Nuove sostanze psicoattive" o NPS, droghe sintetiche che emulano gli effetti di stupefacenti illegali più noti. Si tratta - come si legge nell'ultima indagine ESPAD - di uno dei "fenomeni più complessi e dinamici" nel panorama delle dipendenze. Dove "dinamico" vuol dire pericoloso perché il principio attivo delle NPS cambia in continuazione. E vuol dire difficile da monitorare.
Nel 2022 uno studente su 10 ha detto di avere consumato questo tipo di droghe nella sua vita (10,2%: 12% tra i maschi, 8,2% tra le femmine).
1 su 10
Studenti che hanno assunto NPS
nella vita
"Il consumo degli NPS negli anni era diminuito, ma dopo la pandemia, come per le altre sostanze, abbiamo visto una nuova tendenza di aumento. Se escludiamo gli psicofarmaci senza prescrizione medica le NPS, ed in particolare la cannabis sintetica, sono la seconda tipologia di sostanza più usata fra gli studenti", spiega Molinaro.
Tra le NPS la singola droga più assunta è la cannabis sintetica. "Si tratta di una sostanza molto pericolosa per due ragioni. Innanzitutto, il contenuto è totalmente chimico, in molti casi super potente . In secondo luogo è 'mascherata' da cannabis e questo ne facilita l'adozione: il 63% degli studenti che ne fa uso non sapeva che fosse sintetica quando l'ha utilizzata la prima volta".
Secondo la ricerca IPSAD, sempre coordinata da IFC-CNR, si stima che in Italia 480mila persone tra i 18 e gli 84 anni abbiano assunto NPS almeno una volta nella loro vita.
Non solo le NPS, tutte le tipologie di sostanze hanno subito un rimbalzo dopo il Covid, dagli oppiacei, a cocaina e crack. Nello steso periodo - emerge sempre dall'indagine ESPAD - sono aumentati gli studenti che fanno uso di diverse sostanze contemporaneamente.
C'è un legame forte oggi tra l'ansia e l'abuso di sostanze. "I ragazzi stanno vivendo una fatica nel crescere, non vedono davanti a loro un futuro possibile - spiega Stefania Capoferri, psicoterapeuta della Casa del Giovane di Pavia - Cresce l'ansia e cresce il disagio, con essi crescono le dipendenze. L'utilizzo di droga, alcol, e anche il gioco d'azzardo viene usato come anti depressivo".
"Oggi l'ansia misura anche il disagio, rompe i confini, è uno tsunami che a volte il giovane si porta dentro - spiega Simone Feder, psicoterapeuta e responsabile della Casa del Giovane - che poi porta ad altro, ad attacchi di panico, ad atti di autolesionismo, a disturbi dell'alimentazione e all'abuso di droghe".
2. Le sostanze
Tra tutte le nuove sostanze, ce ne sono due i cui nomi si iniziano a sentire più spesso: Fentanyl e Xilazina. Quando si parla di “droga degli zombie” c’è sempre di mezzo una delle due. Anche se sono sostanze ben diverse. Il Fentanyl è un oppioide interamente sintetico, usato come analgesico per malati cronici, circa 80 volte più potente della morfina. Negli Stati Uniti questo farmaco - perché tecnicamente ci troviamo di fronte a un farmaco (e del resto in greco “pharmakon” vuol dire “rimedio”, ma anche “veleno”) così come il suo “cugino” semisintetico Ossicodone, è stato protagonista della cosiddetta “crisi degli oppiodi”, cioè una diffusione senza controllo di queste sostanze, che ha fatto impennare il numero annuale di morti per overdose. Un fenomeno in cui, però, hanno giocato un ruolo cruciale le prescrizioni dei medici e la spinta all’uso di queste sostanze da parte delle case farmaceutiche.
In Italia questi oppioidi si possono vendere solo su ricetta non ripetibile del medico, anche se non sono mancati alcuni casi di sottrazioni sospette dagli ospedali. E poi ci sono i derivati, cioè prodotti non legali, realizzati alterando chimicamente la sostanza a partire dai suoi precursori in laboratori improvvisati: il Carfentanyl o il Sufentanyl, per esempio, possono arrivare a una potenza 10mila volte superiore alla morfina. Che queste sostanze siano usate per tagliare lo dimostra, tra le altre cose, il recente caso di Perugia su cui la Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti.
La Xilazina, poi, è forse ancora più pericolosa: si tratta di un medicinale con fortissime proprietà sedative, usato con funzione anestetica in ambito veterinario per animali di grossa taglia come cavalli e bovini. Non è un oppioide e per questo non viene neutralizzato dal naloxone, che è invece il più efficace antidoto contro le overdose da oppioidi.
Tracciare le sostanze
Per capire quali sono le sostanze assunte dai tossicodipendenti, non basterebbe compiere periodiche analisi su questi ultimi? In realtà, dipende. Un’analisi negativa del capello o delle urine, infatti, non vuol dire necessariamente che la persona non abbia fatto uso di nulla. Lo spiega bene il tossicologo Luca Salvaderi, che da circa 20 anni studia la presenza di droghe da abuso nel laboratorio Cedam Italia di Milano, in cui si analizzano circa 300 campioni di urine al giorno e 300 campioni di capelli a settimana prelevate da persone in cura nei Servizi territoriali per le Tossicodipenze.
“Le analisi – spiega Salvaderi - vengono eseguite su richiesta dei clinici. A noi arrivano i campioni già etichettati da parte dei servizi territoriali e a seconda della valutazione clinica che esegue il medico che ha in cura quel determinato paziente noi eseguiamo le analisi che ci vengono richieste”. Quindi, si trovano le sostanze che si decide di cercare. Se il medico che ha in cura un certo tossidipendente non chiede di cercare nelle sue analisi del capello il Fentanyl, chiaramente quella sostanza non sarà tracciata.
“Nell’ultimo anno – spiega Salvaderi - abbiamo avuto comunque un’impennata di richieste, non tanto di Fentanyl, quanto di Ossicodone e Tramadolo”. La presenza di queste sostanze al momento, secondo Salvaderi, rimane comunque marginale. E riguarda per lo più “pazienti che non sono i classici abusatori di eroina ma persone che magari a seguito di un intervento chirurgico vengono a contatto con queste sostanze che poi sappiamo dare una dipendenza molto forte”. Ma lo stesso Salvaderi ammette di non avere un osservatorio sulla popolazione generale, la platea in cui si trova ad analizzare le sostanze è comunque quello di una popolazione patologica. Infatti, precisa: “Noi vediamo secondo me la punta dell’iceberg, il nostro non è uno screening di popolazione generale. Io ritengo che in realtà l’uso di queste sostanze è maggiore di quello che io riesco a vedere all’interno della popolazione patologica che analizziamo”.
3. L'inchiesta
4. Le testimonianze
È difficile stare senza nulla quando si è provato di tutto, e da molto presto. Dylan oggi ha 22 anni, ha cominciato a fare uso di droghe quando ne aveva 11.
All’inizio erano più che altro marijuana, qualche pasticca. Poi chetamina, Lsd, quelle che chiama “droghe da festa”. A 18 anni se n’è andato dalla casa dove abitava a Pavia, perché “all’ex di mia madre non stavo a genio”, spiega malcelando il fastidio. È in quel momento che scopre l’eroina, fumandola con un amico che ne faceva già uso. Da lì, poi, il passaggio dopo circa cinque mesi alle siringhe. Eroina in vena, cocaina per tenersi su. Perché nei momenti in cui stai bene, spiega, “pensi solo a far soldi per comprare altra droga”. Principalmente al Boschetto di Rogoredo, a Milano. Dylan ha passato quattro anni così. È finito in ospedale diverse volte, ha avuto più di una trombosi. Indossa solo pantaloni lunghi e maglie a maniche lunghe perché il suo corpo è pieno di segni, “e si vedono”.
Oggi si sta curando, alla Casa del Giovane di Pavia, con l’aiuto di Simone Feder, psicologo che da anni si occupa di disagio giovanile e che il Boschetto di Rogoredo lo frequenta come volontario da anni, tanto da essere diventato anche un punto di riferimento per i familiari di chi, nel buio del Boschetto, si è perso.
Per lui, oggi, quello “è solo il posto giusto per rovinarti e perdere tutto”.
È iniziato tutto una sera di inizio estate a Santa Marinella. Riccardo aveva 14 anni, stava preparando gli esami di terza media. “Per caso è passata una persona della zona che conoscevo e ce l’aveva in tasca, mi ha detto che era ‘cocaina marrone’, ma io già sapevo che era eroina. Ero attratto, volevo provarla, ero curioso”. Riccardo quella sera l’ha fumata per la prima volta, al porto, poi, quasi due anni dopo, ha cominciato a bucarsi. “Non conoscevo quello a cui andavo incontro, da lì è stato il declino totale”. A 19 anni finisce in comunità. “Ero disperato, stavo male, avevo le braccia rovinate e avevo distrutto tutti i miei rapporti affettivi”.
Con un programma residenziale di 18 mesi riesce a riprendersi. Al punto da restare pulito per ben 10 anni, durante i quali si diploma e inizia a lavorare in banca. “Stavo facendo carriera, avevo una vita normale”. Conosce una ragazza, lei resta incinta, decidono di tenere il bambino ma è lì che Riccardo ci ricade. Incredibilmente, non ricorda il momento in cui dopo 10 anni è tornato a farsi. “Il mio cervello mi protegge, so che ho cercato la sostanza ma non so esattamente come ho ricominciato, non ricordo quei giorni né in generale tutto quel periodo”. Riccardo è la testimonianza vivente di quanto le sostanze siano subdole.
Quel periodo lo ha passato in strada, fino a quando non è arrivato alla Fondazione Villa Maraini a Roma, dove tutt’ora è in cura. “Quando sono arrivato – dice – ero devastato, non credo che sarei sopravvissuto ancora molto”.
Non conoscevo quello
a cui andavo incontro,
da lì è stato
il declino totale
Samuele oggi ha 22 anni, vive in comunità alla Casa del Giovane di Pavia da quasi un anno. Ci è arrivato perché aveva capito che doveva smettere, aveva bisogno di fermarsi e soprattutto di chiedere aiuto. A 14 anni ha iniziato a fumare spinelli, una decina al giorno, tutti i giorni. "Arrivato alla fine delle superiori non mi bastavano più, sono passato alla cocaina per non sentire le mie emozioni, per non sentire quello che provavo", racconta Samuele. All'inizio faceva uso di cocaina solo al sabato, poi ogni weekend, poi tutti i giorni. Per Samuele la risposta alla sua ansia di stare in pubblico, alle incertezze della vita, a tutte le sue emozioni era stata la cocaina: per lui era l'unico modo per soffocare i pensieri. Poi è arrivato al giorno in cui ha capito che non riusciva a uscirne da solo, aveva bisogno di aiuto. E ha bussato alla porta della Casa del Giovane.
La cocaina mi toglieva
le emozioni
Riccardo ha 20 anni, è in comunità con Samuele da poco più di cinque mesi. Ha un percorso simile. Le prime canne a 13 anni, la cocaina a 15 anni. A 16 ne fa uso quotidiano. "Non credo di essere mai stato una settimana senza aver fatto uso di cocaina", racconta. Poi Riccardo lascia la scuola e inizia a lavorare con il padre. A 17 anni viene arrestato durante una rissa, la sua "messa alla prova" è alla Casa del Giovane dove sta cercando di ritrovare se stesso: deve rispettare le regole, non fare uso di droghe. E deve capire come riprendersi il suo presente e il suo futuro. "Ho fatto molte cavolate, molti errori che mi hanno portato a mettermi nei guai - racconta - Quando sono entrato in comunità il primo pensiero è stato 'meno male' perché stavo attraversando un pessimo periodo, in quel periodo buio non ero connesso, non ero mai lucido. Ero un ragazzo perso, perso in sé stesso".
5. Rogoredo e Tor Bella Monaca
Qualcuno ha detto, scritto o fatto scrivere, che “il Boschetto” di Rogoredo non esiste più. Smantellato, ripulito, cancellato. Dipende. È vero che dopo diverse operazioni nessuno dorme più in pianta stabile lì, tra materassi sporchi e buche scavate per gli escrementi. Ma è altrettanto vero che non si cancella un fenomeno sociale con i blitz delle forze dell’ordine. Basta passarci una notte per scoprire che la linea lungo i binari tra le stazioni di Rogoredo e San Donato è ancora una linea dell’inferno. Ci sono i dannati della dipendenza e ci sono quelli lo diventeranno, solo che ancora non lo sanno. Qualcuno arriva persino in bicicletta, una mano sul manubrio e l’altra che tiene una bottiglia di birra. Si compra la coca come si comprerebbe qualunque altro bene di consumo al supermercato. Ma sono la minoranza. Gli altri sono gli habitué. C’è il padre di famiglia che dice, quasi per convincere (forse più se stesso che noi): “Ma no, io in vena mai, la fumo solo, e comunque non più di due volte al mese, ho un figlio eh”. Ci sono quelli per cui ormai la zona del Boschetto è una seconda casa, come la signora Simona, corpo minuto e volto solcato da rughe profonde. Ha passato una vita a entrare e uscire dal carcere, beccata e finita dentro sempre per furto, perché rubava per comprarsi la droga, e i segni di questa vita se li porta tutti in faccia. “Sono andata dentro, nel Boschetto, solo per cercare una ragazza, perché mi ha scritto sua madre che non sa più dov’è”. Non sappiamo se è vero, dice Simone Feder, psicologo della Casa del Giovane di Pavia, che di persone dal buio del Boschetto ne ha salvate tante. E che spesso è l’unico tramite che resta tra i due mondi, tra chi si è perso e le famiglie, gli affetti di prima, che perdono le tracce dei loro cari. Chi sta peggio di tutti sono gli stranieri. A riprova che le sostanze ormai non sono roba da ricchi. Ma se vivi in un paese che non è il tuo nessuno ti verrà a cercare. C’è un ragazzo del Burkina Faso che ha iniziato a farsi a Napoli, a Secondigliano. È venuto a Milano perché sperava in più lavoro e più soldi, è finito dritto al Boschetto di Rogoredo. E c’è un signore cingalese sui 40 anni almeno, le gambe devastate da bolle, ferite da taglio, reazioni di quelle che anche gli addetti ai lavori fanno fatica a decodificare. Perché alla fine quando sei disperato prendi di tutto, e nella roba che ti inietti c’è di tutto. “Lo hanno medicato già diverse volte, se va avanti così la gamba gliela amputeranno”, dicono, a mezza voce, i volontari.
Se percorri via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca con un’auto che non è familiare magari ti tengono d’occhio ma ti lasciano stare. Se dal retro di quella stessa auto notano una telecamera che fa delle riprese succede questo: chi sta di guardia davanti a un palazzo – perché sì, davanti a ogni palazzone, tra i murales e i cassonetti dell’immondizia mezzi bruciati c’è qualcuno a fare da palo – fa qualche passo avanti e lancia un grido, per avvisare quello del palazzo dopo. Una specie di passaparola per lanciare l’allerta, ma stando attenti a girare la faccia quando la telecamera rischia di inquadrare i volti, sia mai che finiscano dove non hanno controllo. Perché è tutta una questione di controllo: ciò che vi sfugge rappresenta un pericolo. Non è poi tanto diverso da quello che succede in quartieri degradati più “famosi”, tipo le Vele di Secondigliano. I palazzoni di via dell’Archeologia sono il luogo di Roma dove gira più droga e si nascondo molti dei soldi che questo mercato genera, come periodiche operazioni antidroga dimostrano. Ma per vedere chi della droga abusa bisogna scendere qualche metro più in basso, nel parchetto vicino alla pompa di benzina, prima dello stradone e del ponte che conducono ai palazzoni. È il posto dove si piazzano di solito anche i volontari della Croce Rossa perché tra l’erba incolta di quel prato e gli sparuti alberi si piazza chi l’eroina la fuma o se la inietta. La loro presenza e quella della Croce Rossa è un po’ come l’uovo e la gallina: non si sa bene chi c’era per primo. Di certo i volontari sono quelli che spesso evitano il peggio, perché hanno dietro il Naloxone per sventare le morti da overdose, oltre che siringhe pulite da distribuire. Perché se proprio devi farti tanto vale che tu lo faccia con qualcosa di pulito. “Tantissimi dei ragazzi che sono qui hanno l’epatite” – ci spiega Giancarlo Rodoquino, volontario da 20 anni e responsabile di una Unità di Strada. Per esempio Mauro, un ragazzo magrissimo dagli occhi verdi che si avvicina proprio per farsi dare siringhe pulite. “Nelle dosi che ti vendono oggi c’è dentro di tutto”, ammette. Giancarlo racconta che Mauro, da qualche parte nelle Marche, ha un figlio, e che è scappato da diverse comunità e alla fine torna sempre lì, nel parchetto di Tor Bella Monaca.
L'inchiesta, da cui sono stratte alcune testimonianze, è realizzata da Giuliana De Vivo, montaggio di Vincenzo Esposito e Antonio Augugliaro. Le storie e le interviste tratte dal podcast Generazione AnZia sono a cura di Emanuela Ambrosino e Marianna Bruschi. Il video approfondimento sulla xilazina è di Ludovica Passeri. La ricerca dati e le visualizzazioni sono di Raffaele Mastrolonardo.