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Fast Animals and Slow Kids, l'album Hotel Resistenza: "Il cinismo non deve distruggerci"

Musica

Fabrizio Basso

Credit Andrea Venturini

La band umbra pubblica il settimo album in studio e tra la rassegnazione e il disincanto del diventare adulti si dice parte di una generazione che sa andare all'arrembaggio del futuro

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Hotel Resistenza è il settimo album in studio dei Fast Animals and Slow Kids pubblicato da Woodworm in licenza esclusiva M.A.S.T./Believe. Oltre ai singoli Festa e Come No che negli ultimi mesi hanno anticipato l’arrivo dell’album, Hotel Resistenza contiene altri nove brani, portando al culmine tre anni di lavoro e vita che hanno trovato la loro sintesi in studio dove Aimone Romizi (voce, chitarra), Alessio Mingoli (batteria, seconda voce), Jacopo Gigliotti (basso) e Alessandro Guercini (chitarre) si sono raccolti dopo il precedente album È già domani (2021) e una lunghissima serie di concerti in Italia e in Europa. Hotel Esistenza racchiude gli ultimi tre anni delle loro vite, tra cambiamenti e cose che invece, non cambieranno mai.

Partiamo dalla storia dell’album che è spesso un gioco di opposti: attrazione e repulsione, partenze e ritorni, normalità e anormalità: entriamo in un hotel senza bussola ma pieno di vita?
Alla fine la tracklist potrebbe aiutarci a orientarci, è un viaggio in ogni singola stanza che contiene una serie di sentimenti che approfondiamo in maniera personale. Riflettiamo sugli opposti, spesso scriviamo canzoni che paiono dialoghi e dunque ci sta la percezione di canzoni che sono conversazioni.

“Mi fingo per farti felice” paragona la quotidianità a una fiction oppure è come Finzioni, il libro di Borges che prende personaggi immaginari e li tratta come fossero reali?
Quello è il pensiero più orizzontale possibile: nella vita di tutti i giorni, per alimentare una situazione, ci imponiamo cose per renderla migliore per gli altri. Ci inorgoglisce sapere che persone intorno a noi stanno bene ma c’è anche un sincero slancio di empatia verso il prossimo. A volte questo accade dimenticandoci delle proprie urgenze.

Quasi universo racconta di universi paralleli che in realtà dovrebbero convergere: quale è il valore della musica per causare la convergenza… ”se bastasse solo un’altra canzone”, cantate.
Ce lo auguriamo, veniamo dai millennial che hanno visto la musica come una associazione, come una occasione per fare cose insieme. L’insieme può dare qualcosa che il singolo non può fare. La musica ha una funzione di utilità e creazione di insieme.

Festa è un inno al tempo sprecato? E’ il nÈon sapere dire di no perché siamo troppo accondiscendenti, a costo di limitare le nostre libere scelte?
È un non inno al tempo sprecato, dice non sprechiamo tempo in situazioni che non ci rappresentano. Ti facciamo un esempio sul concetto di sprecare tempo: c’è un contesto di cena con uno stinco al forno cui partecipi per scelta e poi c’è un happening al quale devi esserci.

E comunque io a Ventotene, che citate in Festa, ci andrei sempre, solo per la storia europeista che ha, da Altiero Spinelli a Ernesto Rossi.
È la descrizione della casa che la fa respingente. Per il resto a Ventotene sempre, c’è anche chi di noi li ha sperimentato il primo vero bacio.

E solo colpa tua racconta il peso delle aspettative. Già nel 1977 Edoardo Bennato cantava che “è stata tua la colpa volevi diventare come uno di noi”: cosa è cambiato, o cosa non è cambiato in quasi 50 anni?
Oggi c’è un contesto di insicurezza che è sempre aleggiato ma ora sappiamo che nulla è per sempre. Prolunghiamo una piccola agonia e averne certezza ma non speranza è un cambiamento radicale. Nostro padre sapeva che se provava qualcosa poteva andare bene come no, noi ragioniamo sul fatto che andrà male. Ma siamo anche una generazione più all’arrembaggio della vita.

Parliamo di Brucia che è rassegnazione e disincanto adulti. Negli anni Sessanta la musica prometteva di cambiare il mondo, cito per tutti Bob Dylan e Joan Baez: ogni epoca offre sogni che diventano fallimenti?
Non so se è l’epoca o il diventare adulti. Perché non tiriamo fuori più quell’energia? Perché ci indigniamo davanti al male e non agiamo per eliminarlo? Noi dovremmo fare qualcosa…quando abbiamo visto quello che è successo a George Floyd volevamo spaccare tutto e poi ci siamo fermati perché che potevamo fare? Il cinismo non deve distruggerci.

Torna mi ha ricordato Incontro di Francesco Guccini: “E correndo mi incontro lungo le scale”. Lì c’era la tristezza che avvolge come miele, voi come giocate con melanconia e speranza?
La melanconia che viene dal pezzo deriva dalla ripetizione: torna a casa amore detto una volta è normale, se lo dici mille volte è profondo. Rimpolpiamo il concetto alla base di quella mancanza, te lo dico mille volte un po’ come la maestra ripeteva una nozione all’infinito.

In Torna e Come No la parola manifesto è restare: è la vostra idea di resistenza?
È una possibilità in più che se scappi non c’è. È una forma di resistenza antica, è anche restare se stessi, chi sei o cosa rappresenti.

Mentre in Santuario c’è il forte senza del fallimento anche se ci si aggrappa a un “facciamo qualcosa”: perché non ci lascia mai al momento giusto rovinando la maggior parte del bello che abbiamo vissuto?
Il senso di speranza esiste. Il 99 per cento delle volte è così, ma qui ci si aggrappa a quell’uno per cento. Si molla quando tutto diventa ingestibile rispetto all’amore. E comunque c’è un vago sentore di speranza.

Parafrasando due vostri versi e portandoli dall’amore all’attualità dei Fask: oggi nella vostra vita artistica i larici applaudono e fioriscono promesse?
Le promesse non più di tanto, però i larici ci applaudono. Andiamo a suonare e la gente ci viene a sentire e non abbiamo ancora capito perché. C’è una vaga poesia in tutto questo. Le promesse sono fallimenti!

Infine cosa si può dire degli instore e delle prime date annunciate?
Tendiamo a integrare tutto. Il concerto deve diventare spettacolo, un’onda con tanta energia ma anche con l’intimità sociale. In Hotel Resistenza c’è tanta roba e devi trovare un suono che è la sintesi di quattro chitarre. Per quanto riguarda gli instore sai che ci piace chiacchierare con la gente, è asettico limitarsi a firmare il disco. Dunque aspettiamo le domande degli appassionati.

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