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Raffaella Zago pubblica l'album Love Letters: "Ogni canzone è una dedica d'amore"

Musica

Fabrizio Basso

L'artista padovana debutta sul mercato musicale con un disco poco dopo che un suo brano, So Precious, è entrato nella top ten della UK Soul Chart. L'INTERVISTA

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Love Letters è il primo album della cantautrice urban Raffaella Zago. Il disco esce per l’etichetta milanese Groovin Recordings e arriva poco dopo che uno dei suoi brani, So Precious, è entrato nella top ten della UK Soul Chart. Anticipato da tre singoli, Money Tree, Open Your Heart e Zoso, l’album di debutto dell’artista di origine padovana ma residente a Milano contiene dieci brani influenzati da soul, jazz, funk e hip hop che trattano a più riprese il tema dell’amore.  

Raffaella partiamo dalla storia di Love Letters: c’è un momento esatto in cui hai capito che avevi costruito un domino di brani d’amore?
Il momento è stata Zoso, una delle ultime per altro, e me ne sono resa conto relativamente tardi. Guardando le canzoni nel loro insieme ho visto che c’era una dedica in tutte e si è acceso il nome dell’album.

Quando hai scelto il titolo hai riflettuto che Love Letters, prima di te, lo avevano scelto artisti quali Elvis Presley, Metronomy e Bryan Ferry, per citarne solo qualcuno?
Non ci ho pensato, mi premeva l’idea di trovare un nome perfetto per raccontare il viaggio. Una volta identificato ero contenta, anche come impatto: ecco perché è bella la sensazione che provo ogni volta che canto queste canzoni.

Credi che in qualche modo la tua versione di Money Trees di Kendrick Lamar possa avere influenzato il tuo album?
Relativamente. La mia scelta di realizzarla in quella chiave è nata da un esperimento fatto anni prima; il brano era Lose Yourself di Eminem ed era il professore di canto che voleva ci lavorassi ma non lo sentivo nelle mie corde. Allora ho pensato di metterci la melodia, rallentarlo un filo e vedere cosa sarebbe venuto fuori. Mi ha dato soddisfazione: oggi dico che il prof aveva ragione. Sono andata diretta su quel pezzo di Kendrick: inizialmente volevo modernizzare un qualcosa degli anni Settanta poi ho pensato che lo fanno tutti. L'ho anche mandato ai suoi due profili ma senza ottenere risposta.

Hai commentato che, seppur involontariamente, ogni canzone ha una dedica: ce ne è una che ti ha, col senno del poi, infastidito?
Rifarei tutte le stesse dediche.

Apri l’album con Fly Away che si dibatte tra insicurezze e voglia di fuggire: oggi hai trovato un equilibrio? Ti sei ritrovata?
Assolutamente sì, quando ho iniziato a registrarlo coi musicisti, ho realizzato che ce la stavo facendo, mentre suonavano la mia musica ho afferrato la magia.

Still Here è un inno alla procrastinazione: oggi ti senti più on time? Negli affetti pratichi il carpe diem?
Rispetto a qualche anno fa va un po’ meglio, io sono come la mia musica, rincorro il tempo. Però ora ne ho preso atto, in passato buttarmi in una relazione mi ha messo in difficoltà, oggi invece mi butto e basta cavolate.

Open Your Heart è figlia della sofferenza oltre a essere il tuo primo brano in forma completa: dunque è vero che l’arte germoglia meglio quando si soffre?
Sì, assolutamente. Non come quantità ma è maggiore il mio sentire interiore, penso a Never Felt Unloved, quella dedicata a mio nonno: quando la canto ho il suo viso davanti a me e nulla mi distoglie.

A confutazione della domanda precedente c’è Zoso, che è una dedica al tuo attuale fidanzato: è difficile scrivere d’amore nella stagione di Tinder e dei social?
Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare e penso. Zoso nasce a casa e penso, mentre siamo a letto, a cosa gli vorrei dire. Forse in So Precious, mi ero sentita più vincolata, ero partita scrivendo un’altra cosa. Poi l'ho messa da parte a maturare, quando l'ho ripresa mi sono detta che dovevo lasciarmi andare. Con le scadenze faccio fatica, ma se l’ispirazione parte dentro di me sono in grado di scrivere dieci testi in mezz’ora.

Tropical Joint è una delle due anomalie dell’album, secondo me, anche dal punto di vista interpretativo: perché hai scelto di raccontare l’intimità dei corpi quasi con un talking?
Non ci ho pensato, quando ero in studio avevo quel pallino del mezzo parlato e mezzo cantato, volevo sottolineare il contrasto. Parlando con un tono di voce più chill riesco a entrare di più nella carnalità.

Il finale ha due dediche, tuo papà e tuo nonno: la tua famiglia come ha commentato queste scelte? Nei prossimi lavori completerai l’albero genealogico?
Alla mamma e alla sorella devo farle perché hanno fatto le gelose. Papà è rimasto molto sorpreso, Funky Daddy l'ha ascoltata a lavoro ultimato. Lui per me è un luminare, mi ha avvicinato a questo genere, senza di lui forse avrei fatto hip hop o farei un altro lavoro. Mio nonno è sempre stato mio fan, mi chiedeva di cantare e suonare, è mancato prima che mi laureassi e dunque non mi ha mai ascoltata.

La seconda anomalia è Since I Found You: quasi sette minuti per raccontare una amicizia. Ti senti un'eretica nella stagione della musica fast a comporre un brano così lungo? È questa la libertà artistica?
Per me sì. Non mi sento un'eretica, sono contenta di avere al fianco persone che mi hanno permesso di fare un brano che mai arriverà in radio ma che a tutti i costi volevo pubblicare.

Una curiosità: scrivi lettere d’amore? Nel senso con carta e penna.
Scrivo soprattutto agli amici, scrivo a me stessa quasi ogni giorno, alla mia famiglia, al mio fidanzato non ancora ma ha avuto tre canzoni. Uso una penna sempre nera e stilografica.

Che accadrà nelle prossime settimane? Stai ragionando sulla trasposizione live di Love Letters?
Ho fatto la prima presentazione, mi pace essere in tanti sul palco a condividere la musica e in quell’occasione eravamo in nove. Love Letters ha finalmente preso vita dal vivo. Il suono è lo stesso del disco. La mia idea è creare un live di soli pezzi miei o al limite con qualche cover che accompagna nel mio mondo. Facciamo fatica a trovarci per provare essendo in tante. Ora faremo un mini live in due e in acustico a Padova, la mia città, a fine aprile e poi confido di trovare altre date.

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