Stefano Salvati: "IMAGinACTION e i videoclip musicali sono e producono cultura"
MusicaE' la storia dei video musicali in Italia e non solo, al punto da essere stato ribattezzato il Fellini dei videoclip. Racconta quel mondo in una rassegna che si chiama IMAGinACTION. Ultimamente si è dedicato alle Frecce Tricolori. L'INTERVISTA
La storia dei video musicali avrebbe preso una strada diversa senza Stefano Salvati. Ribattezzato il Fellini dei videoclip, per affinità geografiche e visionarie col grande regista romagnolo, sul finire degli anni Ottanta ha girato i suoi primi video, complici Zucchero e Antonello Venditti. La sua arte è riconosciuta a livello internazionale e quella che è l'evoluzione di un mondo che ha, per differenti filosofie, in Videomusic e MTV i suoi genitori naturali, ha la sua consacrazione a IMAGinACTION, il solo festival che racconta il respiro dei video musicali: la prossima edizione sarà dopo l'estate.
Stefano proviamo a fare un viaggio alle origini di IMAGinAction?
Il punto di partenza è dovuto alla rete, il grande successo dei videoclip è arrivato con la tecnologia, lì sono nate le grandi visualizzazioni. Siamo quasi ai dieci miliardi di una canzone per bambini seguita da Despacito. Come italiani siamo sui 400 milioni. In queste graduatorie non c’è la Cina perché non comunicano informazioni ma credo che con la popolazione che hanno i loro videoclip brucerebbero tutti. Nel 2015 mi è venuta questa idea con Raffaella Tommasi, il vero motore di IMAGinACTION, e abbiamo iniziato a contattare le case discografiche col supporto iniziale di Stefano Zappaterra.
Il debutto?
Nel 2016 c’è stata una anteprima a Ravenna con Antonello Venditti. C’erano le case discografiche per capire l’appeal del videoclip in un festival vero e non in rete.
E direi che è andata bene.
Nel 2017 abbiamo avuto il primo grande ospite internazionale, Sting, che in quell’anno aveva fatto solo altri due Festival oltre al nostro.
Quanto Videomusic ed MTV possono essere considerati i genitori di IMAGinACTION?
Videomusic è il mio seme, ci sono cresciuto, nasco come regista di videoclip: da spettatore ho capito che poteva trasformarsi in una passione che poi è diventata un lavoro. Ora ti dico che IMAGinACTION ha i numeri per diventare l’emanazione di MTV, a quel mondo ci rifacciamo. I suoi fasti sono nel nostro DNA e alla prossima edizione cercheremo di fare anche delle serate. A MTV mancava l’aspetto culturale che noi curiamo. Proprio per questo pensiamo a organizzare anche workshop con artisti di cinema che si sono cimentati in video musicali. Pensiamo ad artisti internazionali e un paio li abbiamo già contattati. E poi attori importanti che hanno affrontato il mondo dei video musicali. L’ex ministro Dario Franceschini ha decretato i video musicali opere d’arte e infatti hanno diritto al taxcredit.
So che avete creato anche delle magie?
IMAGinACTION ha realizzato videoclip di canzoni che sono pietre miliari e non avevano il video.
In alcuni momenti ho avuto la sensazione che da parte delle case discografiche ci fosse un po’ di resistenza a fare partecipare gli artisti.
Il mondo della musica è in mano ai grandi organizzatori di concerti, gli artisti non campano più di discografia, spesso le canzoni servono a trainare il tour. Sono pochi quelli che credono solo nel progetto discografico. Sono tutti favorevoli e compartecipanti ma non posso essere attivi come vorrebbero perché i concerti hanno il sopravvento. I grandi Festival li fai con le istituzioni: so che il ministro Gennaro Sangiuliano è appassionato di musica e competente e dunque sarebbe bello incontrarlo per illustrargli le vere potenzialità di IMAGinACTION. Il videoclip è la vera palestra dei giovani registi: è un modo di crescere artisticamente e professionalmente.
Nel mondo esistono altre realtà come la vostra?
Qualcosa esiste ma nulla di così importante come a meno che non sia in Cina e non lo sappiamo. Ci sono Festival analoghi sul web ma non in presenza. Noi viaggiamo all’ottavo anno seguiti dalle istituzioni a livello regionale e anche dal Mic. Servono un po’ più di contributi, quelle che si chiamano le classiche risorse.
C’è un video che avresti voluto girare tu?
Tanti anni fa vidi un video che mi sconvolse perché c’era dentro quello che ho sempre ricercato, cioè la parte Pop alla Andy Warhol mischiata alla cultura, ed era Losing My Religion dei Rem. L’anno dopo incontrai il regista del video a Firenze perché in quel periodo Zucchero e Luciano Pavarotti cercavano il regista perfetto per il video di Miserere. A Tarsem Singh, questo il suo nome, feci sentire la cassettina nella macchina con la canzone e purtroppo lui non aveva tempo.
E come ve la siete cavata?
Provai con Federico Fellini. Nel 1992 ero considerato il Fellini del videoclip per il mio modo surreale di interpretarli, tra emozioni ed ironia e mi venne l’intuizione lui: lui ci mette l’idea e io lo giro. Tramite Renzo Renzi incontrai Fellini a Cinecittà e mi trattò come un bambino di prima elementare davanti al preside. Mi chiamava Stefanino perché io sono piccolo e lui era un gigante, poi mi disse che dagli Stati Uniti lo aveva chiamato una religiosa, che era Madonna.
Il progetto andò in porto?
La sua idea non poteva essere fatta. Zucchero lo voleva vestito da clown triste che canta in un circo vuoto, Pavarotti era il clown allegro e voleva che corresse intorno a Zucchero per tutto il tempo della canzone. Alla fine lo girai io, si fidarono.
Chiudiamo con l’ultima produzione della tua società, il doc film Le Frecce Tricolori che vedremo su Rai Tre il 10 gennaio in prima serata, alle ore 21.20.
Lo abbiamo girato nel 2023, siamo stati quasi sei mesi dietro le Frecce anche se non continuativi. Averlo realizzato è una grossissima soddisfazione, si tratta di piloti che nel mondo sono considerati una eccellenza. E’ una tradizione che parte nel 1961 e ti dico per certe evoluzioni hanno aerei dei primi anni Ottanta, senza computer e con circa un metro tra un’ala e l’altra in volo. Vivono come se fossero una grande famiglia. Sono 11 piloti, 10 più il comandante. Si frequentano nella vita, vanno in vacanza insieme, condividono i weekend e ho compreso che deve essere per forza così se no ogni volo sarebbe un rischio: quando si esibiscono ognuno mette la sua vita nelle mani degli altri. Tanti cercano di entrare nella pattuglia ma per essere ammessi non basta essere bravi, deve esserci empatia: è una famiglia che ti deve accettare. Raccontiamo la vera vita di una pattuglia acrobatica.