Levante in concerto all'Arena di Verona: "Vado di fretta la mia vita mi aspetta"
MusicaL’artista siciliana celebra all’Arena di Verona i suoi primi dieci anni di carriera raccontando la sua "Opera Futura" attraverso quattro stagioni, a partire dall’autunno, e 36 canzoni. IL NOSTRO RACCONTO DELLA SERATA
Quello che è, quello che rappresenta, quello che trasmette è un messaggio chiaro insito già nella prima canzone di una serata che ne prevede 36. Claudia Lagona, in arte Levante, apre con Invincibile la sua festa per i dieci anni di carriera. Per più di due ore all’Arena di Verona va in scena l’Opera Futura costruita dall’artista siciliana e dal suo gruppo di lavoro. Sceglie il bianco come colore clou (creati da Alessandro Dell’Acqua per N.21) della serata che declina in forme differenti, sempre elegante, sempre sensuale, sempre (e per sempre) signora del palco. E lo ha dimostrato in due occasioni abbandonando il palco per scendere tra il suo pubblico e cantare passeggiando in platea. Pochi lo fanno, quindi complimenti Claudia, anche in questo un esempio. Due i duetti della serata, uno annunciato in scaletta in Nuvola con Bianco “che ringrazio perché è sempre stato al mio fianco fin dagli inizi” e poi uno a sorpresa sul brano Gesù Cristo sono io quando sul palco al suo fianco appaiono Veronica de La Rappresentante di Lista, Emma Nolde, Erica Mou, Angelica e Ginevra: un momento di musica e sorellanza emozionante e commovente. Sul palco con lei una famiglia allargata composta da Alessio Sanfilippo alla batteria, Alessandro Orefice alle tastiere, Eugenio Odasso alle chitarre, Matteo Giai al basso oltre a Lorenza Giusiano, Roberta Grana, Monica Hill, Elisa Semprini ai cori e gli Archimia String Quartet (Serafino Tedesi primo violino, Paolo Costanzo secondo violino, Matteo Del Soldà viola, Andrea Anzalone violoncello) oltre a Daniele Navone e Luca Medioli (French horns). Le parole di Levante per questa occasione si fanno anche corpo grazie alle coreografie curate da Macia Del Prete e al corpo di ballo formato da Nagga Giona Baldina, Mariano Carluccio, Nicolò Besozzi e Giorgia Raffetto.
Sono le 21.15 quando il palco si popola e sulle note di Invincibile. Il pubblico si alza e per una buona mezz’ora, titubante, lavora di gamba tra seduto e in piedi poi si libera da ogni pudore e trasforma l’Opera Futura in una festa: canta, balla, urla, si commuove, accenna coreografie e sogna. Io ti maledico, terzo brano della serata, è il primo che vede Levante con la chitarra, al centro del parco, come una divinità pagana. Iride è raccontata attraverso tanti occhi che appaiono sul videowall: il loro ordine che ruota trasmette il senso panottico di Bentham mentre Diamante dipinge alle spalle di Claudia un immaginifico caleidoscopio. Accenna un ballo psichedelico in Metro: quelle immagini sono la solitudine dei numeri primi e la solitudine dei multipli che non sanno riconoscersi; le scale della subway sono hitchcockiane. Il giorno prima scorre con immagini in dissolvenza e sgranate in bianco e nero, molto neorealistiche. E anche qui il pubblico vede delle scale: stavolta nel loro straniante verticalismo ricordano la biblioteca del nome della rosa: sono emotivamente disturbanti. Andrà tutto bene scatena Levante che salta come un grillo parlante e diffonde il suo desiderio rivoluzionario. Il look è sempre più minimalista per “il futuro che sognavi per te”. Dietro di lei fiamme sessantottesche, rivoluzionarie. Cuori d’Artificio ha la disperazione nell’anima e la polvere di stelle è la salvezza: una Via Lattea con nebulose la macula sul videowall in un finale da Maddalena 2.0. Regno Animale è mare e si e l’attesa Magmamemoria è ammantata di una sacralità laica, lei dea e il corpo di ballo le vestali. Suona la chitarra protetta da una natura incosciente e selvaggia. Abbi cura di Te una omelia, un testo così può anche essere uno speaking per la forza del messaggio. Il momento di Mater è, per me, uno dei più alti dell’Opera Futura in Arena: ha la forza di una installazione di Marina Abramovich. Anarchia del pubblico sulle note e le parole di Capitale e Le lacrime non macchiano (quest’ultima impreziosita da uno sfondo floreale): sono tutti in piedi. Siamo su una giostra, sulle montagne russe dell’anima: La rivincita dei buoni sembra una favola e Farfalle è rock. Leggera chiude la primavera (il concerto è in quattro transizioni, uno per stagione, dall’autunno all’estate) e Levante celebra il passaggio scendendo dal palco e passeggiando per l’Arena in cerca di sogni, donando sogni. L’estate porta liberazione e la forza della natura avvolge il luogo senza però spegnere i pensieri; Fa male qui è un messaggio forte vestito di leggerezza, e porta un monito che non andrebbe mai dimenticato: non dico ciò che non so. Il finale che Claudia ha scelto è da antologia: Canzone d’estate, Non me ne frega niente, Alfonso, Pezzo di me, Vertigine, Tiki BomBom e Vivo. Insomma…”vivo come piace a me”.