Un testo a metà tra spiritualità personale e coscienza collettiva che esprime un desiderio di liberazione da certi pesi esistenziali attraverso un rituale collettivo come la danza
IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ORIGINALE DELLA BAND
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Il video di Ecla è stato girato e realizzato da Sans Film, Gabriele Ottino, Paolo Bertino e Sharon Ritossa. La performance di Jade Fehlmann, una talentuosa performer e danzatrice parigina, è stata fondamentale per plasmare l'idea centrale del video.
La performance di Jade è la vera protagonista del video, in cui la danza assume un significato quasi rituale, agendo come un esorcismo per i mali della società contemporanea, il senso di oppressione che avvertiamo e il tempo che stiamo vivendo. Il senso che volevamo comunicare è che con la forza, che è tipica della fragilità umana, e attraverso il suo sguardo onesto, con la tenerezza e la morbidezza è possibile andare oltre e provare a superare il disagio che tutti proviamo in questi tempi spiazzanti, immersi in una società dell’ego dove i rapporti umani sono distrutti e il nuovo “quieto vivere” è basato sull’aggressività e superficialità. Probabilmente è arrivato il momento di sostituire il concetto di libertà con qualcosa di più profondo e preciso come il rispetto.
Jade danza, e attraverso un crescendo che porta a un finale catartico, si libera dal peso del caos, ilBangarang (caos in patwa giamaicano) di cui parla Ecla, che è la terribile “concrete jungle” ma allo stesso tempo il Caos meraviglioso del Cosmo a cui tutti noi apparteniamo. Volevamo evocare, a livello emotivo, un senso di coralità e universalità che avevamo a cuore, cercando al contempo di ottenere una grande fusione tra il brano e il video. Il lavoro sul brano e sul video è stato coerente, l’intento è stato quello di trasmettere con chiarezza e impatto l'emozione che il brano ci ha sempre suscitato, cioè la danza che si fa prima resistenza e infine liberazione dal peso del mondo, arrendendosi alla propria fragilità e accettando il caos bellissimo e terribile insieme. Ecla è stata prodotta da Marco Benz Gentile con il sound engineer Simone Squillario, esce per La Tempesta Dub ed è distribuita da Believe Italia.
Il brano è nato in sala prove da un semplicissimo riff di chitarra a cui si è aggiunto un drumbeat e il tema vocale che si può sentire nell’intro. A livello musicale il nostro tentativo è stato quello di fondere la dancehall giamaicana con il songwriting pop. Sicuramente di ispirazione nella nascita del pezzo è stato l’uso di voci “pitchate” che ricordano quelle di un bambino o di un adolescente, tecnica che si usavano in alcune produzioni new roots giamaicano a cavallo fra gli anni 00 e gli anni 10, di cui l’intro è un chiaro richiamo. Mentre il sound delle strofe è chiaramente influenzato dalla dancehall giamaicana, con il flow in levare della voce ispirato al ragamuffin e a certa trap d’olteoceano, il ritornello è un party liberatorio dove un coro di voci di bimbi vuole esprimere lo stupore davanti al caos del mondo. Il testo è invece lontanissimo sia dalle tematiche solitamente festaiole della dancehall sia da quelle romantiche di certo pop, essendo ispirato alla consciousness del primo roots reggae giamaicano. Pur essendo un testo a metà tra spiritualità personale e coscienza collettiva, non è tuttavia una canzone di lamentela, ma esprime solo un desiderio di liberazione da certi pesi esistenziali attraverso unrituale collettivo come la danza.