Il brano, attraverso la narrazione di esperienze personali, ci porta in quella zona di confine dove l'ingenuità può essere bene e male
IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ESCLUSIVO DELL'ARTISTA
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Rubi in chiesa è una canzone che ha come tema principale l’ingenuità. Ho sempre
molto riflettuto su che cosa significhi essere ingenui, e su che cosa comporti;
probabilmente perché so di esserlo. Soprattutto, so di esserlo quando si tratta di
amore. Lo ho capito che più uno cresce, più mette su delle maschere – dei sistemi di
sicurezza, per tutelarsi – e penso anche di invidiare molto chi ne è capace, sotto
certi aspetti.
E non ti somiglio, la cosa mi tocca;
ma non più di te, che mi tocchi...parecchio
Però, sì, sono un’ingenua. E non c’è cosa che mi innervosisca di più di trovarmi di
fronte una persona che, non soltanto, architetta alla perfezione cosa mostrare e cosa no, ma si presenta, per giunta, come “ingenua”. È successo un paio di volte, ma la
prima la ricordo perfettamente. Ero a letto con l’uomo meno ingenuo che ci sia, nudi.
Lui mi chiede di dirgli qual è la qualità che preferisco di me stessa, e io rispondo.
Poi, gli rigiro la domanda; mi risponde che è l’ingenuità.
Ancora mi ricordo che mi dici
che la cosa che più ami di te
è la tua ingenuità.
Ah, e io ti ho bevuto come solo chi sa
cos’è l’ingenuità.
Se non mi avesse manipolata rivoltandomi come un calzino volta dopo volta, forse
non me la prenderei così tanto, ripensando a quella scena. Ma lo ha fatto, volta dopo
volta. Però Rubi in chiesa, come pezzo, per me ha anche significato riesplorare l’ingenuità. Nobilitarla. Rivendicarla. Tante volte ho pensato – e mi sono sentita dire – che il mio essere ingenua fosse qualcosa di negativo, che mi sminuisse, che mi facesse meno intelligente, meno sveglia. Cazzate. Trovo, invece, che essere ingenui ‘consapevoli’ sia pieno di valore. Prima di tutto: cosa vuol dire essere ingenui? Per me significa essere vulnerabili, rimanere morbidi, senza troppe armature. Lasciarsi penetrare, lasciarsi travolgere, lasciarsi meravigliarsi, lasciarsi fantasticheggiare, lasciarsi dare. Rimanere in ascolto, non darsi una risposta definitiva, né darsene una scontata. Il rasoio di Occam ci insegna che spesso la risposta più ovvia è quella giusta, ma “spesso” non è sempre – o non lo è per un ingenuo.
Forse non lo sai, ma credo
che l’amore vero
sia dare senza limiti,
senza tenere il freno.
Forse non lo sai, ma credo
che ingenuo sia davvero
il modo sacro e vero
di chi non tiene il freno.
Nel pezzo quello che cerco di fare è di riprendermi quella parola, di strapparla dalle
sue mani. E quello che cerco di dire è che chi ama in modo vero deve farlo con un po’ di ingenuità. Insomma, deve essere un po’ tontolone. Essere un po’ tontoloni serve, ed è valido e sacrosanto. Soprattutto, in fondo, come si può amare e come ci si può fidare senza essere ingenui? Senza ingenuità, si rischia di rimanere armati. E io non sarò armata.