Franco Ricciardi: "Mi sento un cantapopolo perché racconto la gente e sono uno di loro"
MusicaL'appuntamento clou è il 10 giugno allo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli (già sold out); prima ci saranno il 17 aprile Milano (Fabrique), il 18 aprile Torino (Venaria Reale) e il 20 aprile Padova (Hall). L'INTERVISTA
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Franco Ricciardi è considerato come il re del crossover partenopeo e negli ultimi anni ha incamerato successi su scala nazionale che lo hanno incoronato come uno degli esponenti napoletani più importanti della scena musicale. Il tour che partirà a marzo e si concluderà con un grande concerto, già tutto esaurito, il 10 giugno allo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli, toccherà il 17 aprile Milano (Fabrique), il 18 aprile Torino (Venaria Reale) e il 20 aprile Padova (Hall).
Franco partiamo dai tre concerti annunciati: come li stai pensando e visto che sono tutti al Nord avranno una scaletta speciale?
Non sarà una scaletta speciale, è il racconto del mio percorso. Internet ci fa arrivare a tutti, ha aperto una finestra sul mondo, non ci sono più le distanze e dunque arrivi nel mondo.
E’ solo l’inizio di un tour più capillare che proseguirà tutta l’estate? C’è già uno stadio Maradona sold out e per la prima volta andrai a New York e Miami.
Ti annuncio che si è aggiunta la Germania. Poi torno in Italia e parto da Palermo per dedicarmi a tutto il Sud e dunque giriamo un po’. L’ultima data, che è anche la prima di un nuovo ciclo, sarà a Napoli allo stadio Diego Armando Maradona: ecco lì finisce un ciclo e contestualmente con le cose estive se ne origina un altro.
Negli Stati Uniti troverai italiani ormai di terza se non quarta generazione che ti conoscono magari solo di nome: come pensi di portarli nel tuo mondo?
Faccio musica da trent’anni e quando sono oltre confine ritrovo persone che sono emigrate e stranamente, quando sei fuori dall’Italia, ad ascoltarti arriva un italiano, non conta la regione d’origine. Mi dicono che a Miami è quasi sold out ed è una soddisfazione. Poi già che sono lì ne approfitto per registrare delle cose nuove.
Uno dei motivi del tuo trentennale successo è che la gente ti sente come uno di loro. Oggi invece si percepisce distacco tra artista e fan. Non per nulla ti definisci cantapopolo e non cantautore: credi che sia una delle degenerazioni dell’era social?
Secondo me i social hanno arricchito il nostro essere al mondo. I social sono quella che era la vecchia piazza di un tempo dove ti scambiavi idee e opinioni. Mi definisco cantapopolo perché ne faccio parte e lo vivo quotidianamente; metto in musica i loro pensieri.
Nel 2013 con il Sole di Domani e le sue sonorità africane e nel 2009 con Cuore Nero Project, dove hai avvicinato la tradizione al rap, hai dimostrato di sapere anticipare le tendenze: ti senti un visionario? Per altro io considero Layla, proprio per il suo sound, una pronipote del Cuore Nero Project.
Più che altro sono un curioso, sono affamato di cose e di sapere. Alla fine ti ritrovi a fare cose che ti spingono avanti e poi torni al punto di partenza. Ho fatto un disco con suoni che inconsapevolmente avevo già utilizzato. Oggi funzionano gli anni Novanta ed io li ho vissuti: siamo felici del suono bellissimo di Je ma erano cose che già avevo fatte. Sulla riflessione legata a Layla ti dico che hai ragione: non ci avevo pensato ma è così.
Il tuo ultimo album si intitola Je cioè io. Che è una dichiarazione di consapevolezza: chi è oggi Franco Ricciardi?
Quello del primo giorno. Il segreto è mantenere lo spirito della conoscenza e del coraggio.
In che percentuale la tua carriera si è sviluppata tra logica e follia?
La follia è molto più alta della logica perché ti porta a fare cose che altri non fanno per paura. Ti spinge verso nuovi suoni e nuove idee.
Dove sono esposti i tuoi due David di Donatello? E quando li guardi cosa ti dici?
Sono casa sul pianoforte del mio home studio. Ancora non ci credo, non li avevo neanche pensati, è stata una cosa magica, due premi ricevuti grazie al cinema che consideravo inarrivabili. Sono figli dell’incoscienza, di quello che non ti aspettavi e ciò mi ha permesso di affrontare il tutto con più leggerezza.
C’è una linea di confine che divide Francesco e Franco? Francesco è un uomo in costante evoluzione come Franco?
Francesco è un po’ più spettatore ma poi raggiungere la follia anche lui.
Oggi a un adolescente che ti chiede cosa è la canzone neomelodica cosa rispondi?
E’ la tradizione, il popolo, la canzone popolare che declina i sentimenti e racconta le viscere di una terra.
Infine ti chiedo quale è il prossimo desiderio che vorresti realizzare e se è in gestazione l’erede di Je.
Ci sarà un’altra cosa ma il desiderio e fare sempre musica per emozionarmi ed emozionare chi mi segue.