La rockstar irlandese è pronta a iniziare una mini-tournée mondiale che toccherà 14 diverse città. Per la prima volta senza gli U2, Bono promette di portare sul palco le storie della sua vita
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Dopo una carriera di successo durata decenni, può succedere di arrivare a 62 anni sentendo il bisogno di arrendersi a un impulso nuovo. È ciò che è accaduto a Bono Vox, preso per la prima volta dalla voglia di raccontare una storia che fosse solo tua. Surrender: 40 Songs, One Story è la prima autobiografia ufficiale del cantante, un viaggio necessario che attraversa tutta l’esistenza del frontman degli U2 senza saltare le parti più dolorose. Surrender non è per Bono solo un semplice libro ma piuttosto il risultato di un tentativo di guardarsi dentro. Per questo, nel tentativo di promuovere un tale progetto, ha deciso di salire sul palco da solo senza la sua band. Non perché stia pensando di staccarsi dai compagni di una vita ma perché questo percorso in cui si alternano musica e parole è troppo personale per venire condiviso. L’esordio solista di Bono Vox su un palcoscenico non arriverà dunque per lanciare un disco ma piuttosto per promuovere un’avventura letteraria, nata per far venire fuori tutto quello che non poteva emergere con la musica.
Serate “di parole, musica e qualche malizia”
Il mini-tour mondiale di Bono toccherà quattordici diverse capitali, da New York a Madrid passando per l’immancabile Dublino ma l’esibizione non sarà un semplice concerto. Bono stesso ha parlato di “serate in cui si alterneranno musica, parole e qualche malizia”, un po’ come accade anche nel libro in uscita il primo novembre. Surrender promette in più di 500 pagine di “disegnare nel dettaglio ciò che fino a ora è stato solo abbozzato nelle canzoni” e il breve tour a corredo è un modo anche per combattere la nostalgia del palco, proponendo uno show ibrido in cui ci siano “un po’ di storie da cantare e un po' di canzoni da raccontare”. D’altronde la struttura dell’autobiografia conferma la medesima doppia natura dell’operazione, con quaranta capitoli che prendono il titolo ognuno da una canzone diversa degli U2.
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all that you can't leave behind
Di Surrender sono già trapelati degli estratti, in grado di raccontarci un Bono privato e fragile, lontano dal mondo dorato dello showbiz. In quaranta capitoli si ricostruisce la storia di un ragazzo cresciuto nella dura Irlanda degli anni Settanta, un luogo dove era complicato confrontarsi con concetti come quello di “resa” (da qui il titolo del volume). Bono non si fa problemi a raccontarci la storia del giovane Paul Hewson, segnato dalla scomparsa dell’adorata madre e incapace di esprimere il dolore finché non ha scoperto la musica. “Tutto è cominciato con quell’evento, la morte di mia madre” ha scritto l’autore del libro, “Nella mia mente è diventata un’opera sull’assenza di una donna di nome Iris. La musica arriva per smuovere il silenzio che avvolge una casa e i tre uomini che la abitano, di cui uno è solo un ragazzino.” Bono Vox ricorda il padre Bob e suo fratello Norman ma pure la loro incapacità nel ricordare insieme la donna che avevano più amato, dopo la sua scomparsa. Più avanti Bono avrebbe espresso tutto quell’amore e quel dolore a lungo nascosto attraverso diverse canzoni scritte pensando a mamma Iris, da I Will Follow del 1980 fino a Mofo del 1997. Questa maniera di esorcizzare il trauma attraverso la musica, che gli permetterà di trovare la sua strada nella vita, è stata possibile grazie al fratello maggiore Norman. Fu infatti lui il primo a mettere in mano alla futura rockstar una chitarra, insegnargli gli accordi di brani come Blowin’ in the Wind di Bob Dylan o I Want to Hold Your Hand dei Beatles.
Bono è troppo duro con se stesso quando presenta Surrender solo come “la storia della mancanza di progresso di un pellegrino. Con una buona dose di divertimento lungo il percorso”. L’autobiografia è il racconto di una vicenda umana in cui l’amore alla fine ha incontrato il modo di trovare la sua strada. Un meraviglioso modo per guardare in faccia “all that you can't leave behind”.