E' uscito al cinema, il lungometraggio che trasporta la tragedia di Shakespeare nei primi anni 2000 e ultilizza il dialetto romano e napoletano. Nel cast oltre a Leo, Javad Moraqib, Ambrosia Caldarelli e Antonia Truppo
Uscito nelle sale cinematografiche a partire dal 14 novembre, Non sono quel che sono è una trasposizione cinematografica dell'Otello di Shakespeare diretta e intepretata da Edoardo Leo. Oltre a Leo che intepreta Iago, il cast è composto da Javad Moraqib, Ambrosia Caldarelli, Antonia Truppo, Matteo Olivetti, Michael Schermi, Vittorio Viviani.
La trama
L’Otello di Shakespeare non ha bisogno di essere raccontato. Ha solo bisogno di essere riletto esattamente com'è stato scritto, con la sola forza del dialetto a riportarlo al presente. Iago, Otello, Desdemona sono purtroppo ancora tra noi. La cronaca attraverso un grande classico. Ambientata nei primi anni 2000, una storia senza tempo in cui il bene e il male si mescolano in un vortice di inganni, tradimenti e folle gelosia.
approfondimento
Edoardo Leo a Sky Tg24 racconta "Era ora". VIDEO
NOTE DI REGIA
L'idea di lavorare all'Otello di Shakespeare nasce quindici anni fa da un articolo letto su un quotidiano. Un uomo, accecato da una folle gelosia, uccide sua moglie e poi si suicida. È allo stesso tempo la sinossi di una delle opere teatrali più famose nel mondo e triste cronaca dei nostri giorni. Da lì è partita una lunga ricerca per pensare un adattamento contemporaneo che fosse il più possibile rispettoso dell'originale. Dal confronto tra le numerose traduzioni italiane della tragedia, fatte in epoche diverse, è maturata la convinzione che per restituire la 'parola' di Shakespeare, il dialetto (romano e napoletano) fosse paradossalmente il più vicino a rappresentare la forza di quel linguaggio. Un lavoro di traduzione che è durato molti anni e mi ha permesso di filmare Otello senza 'toccare' il testo che è stato, tranne per i tagli necessari, integralmente riportato.
Razzismo, violenza, invidia sociale, maschilismo, femminicidio, un'indagine sul male di una modernità sconcertante per una drammaturgia che ha più di 400 anni.
Racchiusa nella frase di Iago che più di tutte suggerisce la profondità dell'analisi psicologica che questo testo opera sui suoi personaggi e ancora su di noi indagando nelle nostre contraddizioni. E che dà il titolo a questo film. "Non sono quello che sono".
INTERVISTA A EDOARDO LEO
L’uscita del film nelle sale è stata preceduta da un masterclass tour nelle Università italiane, dove ha incontrato e dialogato con studenti: è stato un modo per stimolare nel pubblico giovanile l’interesse verso il cinema italiano di qualità?
Credo sia necessario cercare di coinvolgere il pubblico in certi spazi e penso che le Università possano avere in questo senso una funzione decisiva. Nei diversi Atenei, abbiamo avuto la possibilità di parlare di temi molto attuali come la violenza di genere, ma anche l’opportunità di interagire con gli studenti da un punto di vista più “accademico”. Ho parlato, ad esempio, del modo in cui ho lavorato alla traduzione integrale del testo: la mia idea era di riuscire a tradurre integralmente l’Otello eliminando la pietas presente in tutte le traduzioni nei confronti dell’eroe romantico vittima del troppo amore. Ho cercato invece di dar vita a una trasposizione che mostrasse la sua responsabilità ed evidenziasse come fosse in realtà il carnefice di Desdemona, nel momento storico in cui viviamo credo sia una traduzione adeguata ai tempi. “Otello” è la storia di un femminicidio, viene chiamato “la Tragedia di Otello” ma si dovrebbe chiamare “La tragedia di Desdemona”. Questa intuizione mi ha permesso di parlare agli studenti di Shakespeare e dei temi eterni di “Otello” come la gelosia, il maschilismo, il patriarcato e la violenza di genere; e, dal punto di vista più accademico, di raccontare il lavoro fatto sulla traduzione e del modo in cui possiamo utilizzare le risorse straordinarie che vengono dai dialetti.