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Matt Dillon ha ricevuto il Premio Speciale Umbria Cinema Festival a Todi

Cinema

Elena Pomè

©Getty

In occasione della rassegna cinematografica diretta dal regista Paolo Genovese, l'attore e regista hollywoodiano ha raccontato l'amore per il cinema davanti e dietro la cinepresa e ha espresso il desiderio di lavorare in Italia con Matteo Garrone o Paolo Sorrentino

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“Avete lavoro per me?”. In occasione della terza giornata di Umbria Cinema Festival, la rassegna cinematografica diretta dal regista Paolo Genovese a Todi, Matt Dillon ha scherzato sull’attuale mancanza nel curriculum di film girati in Italia, “magari con registi come Garrone e Sorrentino”. L’attore e regista hollywoodiano ha apprezzato il cinema italiano odierno perché “sa raccontare storie specifiche che si interfacciano con la globalità”, mentre tra le pellicole passate ha ammirato “l’autenticità” del lavoro di Federico Fellini e Accattone di Pier Paolo Pasolini, recentemente visto e ritenuto “un capolavoro che ti rimane dentro”. A Todi, Dillon ha ricevuto il Premio Speciale Umbria Cinema, uno dei tanti della sua carriera, nella quale “ho fatto bei film ma anche altri non così grandi, ma se c’è una cosa bella del mio lavoro è quella di emozionarsi ancora nel ricevere un riconoscimento ulteriore”.

LA GRANDE PASSIONE PER IL CINEMA

Come attore, Dillon ha raggiunto il grande pubblico grazie ai film I ragazzi della 56ª strada e Rusty il selvaggio diretti da Francis Ford Coppola. “Lavorare con Francis per noi era come lavorare con un Dio. Alla mia audizione avevo lasciato ogni speranza di essere preso, ma poi mi ha chiamato. Ero il più giovane del gruppo, avevo 18 anni. Aver lavorato con lui ha cambiato la direzione della mia carriera”. Da allora, la star di Hollywood ha collezionato una serie di successi, tra i quali il film Crash – Contatto fisico, per il quale ha ottenuto una candidatura agli Oscar come Miglior attore non protagonista, e la recente pellicola Asteroid City di Wes Anderson, “una delle voci più uniche del cinema di oggi”. Nell’immediato futuro, sono invece due i progetti in arrivo. Il primo, Haunted Heart di Fernando Trueba, “ha alla base una componente sentimentale, ma con lati oscuri che attraversano i personaggi”, ha spiegato Dillon, che con il regista spagnolo condivide l’amore per la musica sudamericana. Il secondo, An Ocean Apart con Charlotte Gainsbourg, è ambientato tra Parigi e Chicago alla fine deli anni Quaranta e ruota attorno all’appassionata e tempestosa storia d’amore tra la scrittrice femminista della Rive Gauche Simone De Beauvoir e il romanziere americano Nelson Algren. In parallelo, Dillon ha intrapreso anche la carriera di regista, “la cosa che mi gratifica di più ora. L’attore lo so fare e lo faccio da tempo e quindi adesso ho questo stimolo, più rischioso. Mi piace fare cose che non mi fanno stare comodo”. Nel corso del festival, l’artista ha affrontato anche il tema dell’intelligenza artificiale, talvolta percepita come una minaccia alla settima arte: “Ci sono molte cose positive ma anche molte negative da tenere in considerazione. Gli esseri umani hanno intenzioni che possono esprimere anche senza linguaggio, le macchine invece no. La differenza sarà fatta solo in base a come verrà regolato tutto questo. Devono esserci giuste regole”.

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