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L’aria serena del Nordest. Billy, esordio al cinema di Emilia Mazzacurati, figlia di Carlo

Cinema

Alessio Accardo

Passato al Bellaria Film Festival è in sala dal 1° giugno Billy, originale opera prima servita da un cast notevole: Giuseppe Battiston, Alessandro Gassmann, Carla Signoris e Roberto Citran

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Emilia Mazzacurati: nel nome del padre

Si respira aria di casa nel primo lungometraggio di Emilia Mazzacurati, figlia di Carlo, autore di rara sensibilità scomparso troppo presto. L’aria inquieta del nord-est, tradotta in garbata elegia minimalista, con derive lunatiche che appartengono al bagaglio genetico degli artisti di quella terra e risiedono nei corpi istrionici che popolano il cast, e che riguardano ancora una tradizione di famiglia giustamente non rinnegata: Roberto Citran, Giuseppe Battiston… Uno spirito da fiaba triste tutto inscritto nelle atmosfere di quella provincia emarginata non solo geograficamente, abitata da personaggi candidi e dolenti, da antieroi sbilenchi e grotteschi come Zippo, rocker capelluto e stropicciato interpretato da un Alessandro Gassmann mai visto, tra Ligabue e il folk-singer texano Townes Van Zandt (che già fu di ispirazione del cortometraggio d’esordio della Mazzacurati: Maniche a vento)

Un film che si nutre di molto cinema visto e assimilato (la giovane cineasta spiega di essere stata influenzata tra gli altri da American Graffiti, Stand By me, Boyhood e Sirene), ma svolto certamente nel nome del padre, di cui fece in tempo ad essere fotografa di scena nel suo titolo di commiato, La sedia della felicità.

Stregati dalla luna: una commedia lunatica

E proprio sull’elaborazione del lutto per l’addio di un padre fuggiasco si apre questa tragicommedia di formazione; da parte di un ragazzo bello, svagato e fragile: soffre di attacchi di panico. È lui il Billy del titolo, candido e ciondolante, ma costretto a essere saggio perché sua madre (una Carla Signoris assai spiritosa) è fatua e vagamente irresponsabile, con un nome che la definisce: Regina.

Billy si diceva, che ha il bel viso di Matteo Oscar Giuggioli, stella nascente milanese, già visto in Sotto il sole di Riccione e Il filo invisibile; ingenuo, trasognato e innamorato di Lena, giovane promessa canora in forma di sirena che come Viola bacia tutti.

Ma, insomma, più dei personaggi e dei loro interpreti (occorre menzionare ancora la coppia di “nonni” formata da Roberto Citran e Sandra Ceccarelli), il vero protagonista di Billy è il territorio in cui la storia è pensata e ambientata, mai soltanto location. Una provincia fluviale e folle molto padana, tra la Via Emilia il west e Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni; collocata in un posto che non c’è: la fantomatica città di Imelia. Una macroarea norditaliana particolarmente veneta ma non solo, cui ha dato corpo e voce il bravo Giuseppe Battiston, vero trait-d’union tra il cinema di Carlo e questa prima, promettente, prova di Emilia; e che ha fruttato una serie di opere tutte sospese tra chiaroscuri crepuscolari e screziature surreali, dirette principalmente dal Mazzacurati senior, e da autori come Andrea Segre, Matteo Oleotto, Antonio Padovan (ma anche dal lombardo Silvio Soldini e l’emiliano Gianni Zanasi).

Un cinema lunare e lunatico insomma (si è citato Cavazzoni dal cui libro Fellini trasse la sua ultima pellicola, La voce della luna; ma è indicativo da questo punto di vita anche il recente Il grande passo, in cui Battiston sogna di spararsi sulla luna), che in questo Billy diventa cifra stilistica e punteggiatura drammaturgica: le varie sequenze sono intervallate dalle varie fasi del satellite terreste, che scandiscono il passare del tempo e il mutare degli umori.

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Lo stile è a un tempo personale e derivativo, come già segnalato: tra lentezze estenuate e rarefatte tutte venete; e vere e proprie citazioni di un immaginario cinematografico imprescindibile, quello nordamericano. Indugia, infatti, Emilia in audaci piani-sequenza e carrellate insieme descrittive e stilizzate che rimandano talvolta a certi fotogrammi di David Lynch e Tim Burton (senza però mai possedere quella trasgressione onirica); o quantomeno a un’estetica da film indipendente Usa, tra American Life e Little Miss Sunshine, sulle note struggenti di Micah P. Hinson.

Sullo sfondo, quasi per caso, sfilano silenziosi i treni nella quiete della sera, venendo non si sa da dove e diretti verso un altrove sempre possibile. Questa è la provincia italiana, tra grazia e tedio a morte, dove non sai mai bene se ci vuole più coraggio a fuggire o a rimanerci, come dice una delle battute più ficcanti dello script.

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