Nell’ultima edizione l’Academy aveva deciso di snellire il programma della cerimonia non consegnando live ben otto statuette. Una scelta che provocò grandi polemiche e che ora è stata rinnegata, facendo tornare la notte degli Oscar alla formula storica
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“Cambiare tutto affinché nulla cambi”, si teorizzava ne Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Quella frase restituiva la fotografia di una società che finiva sempre per rimanere uguale a se stessa, nonostante tutto. La cerimonia degli Oscar si avvia a diventare con la prossima novantacinquesima edizione ancora più un’istituzione e, come tale, appare refrattaria alle evoluzioni (soprattutto quelle poco illuminate). Ecco quindi che, dopo quanto accaduto nel 2022, dalla prossima volta si cambierà ancora formula: niente più spettacolo “snello” in favore di un ritorno alla tradizione. La premiazione avverrà di nuovo in diretta per tutte le ventitré categorie, un cambiamento che rende la cerimonia dell’anno passato una rapida e stravagante eccezione non ripetibile. Anche nel regno di Hollywood in fondo si cambia “affinché nulla cambi”.
Niente figli e figliastri all’Oscar
L’anno scorso si era deciso di sperimentare, relegando diverse categorie a uno spazio subalterno. L’idea era di premiare quegli aspetti del cinema che avevano meno appeal sul pubblico prima dello spettacolo principale, con discorsi registrati e trasmessi durante la trasmissione. Questo, nelle idee dell’Academy avrebbe “svecchiato” gli Oscar, rendendo l’evento molto più agile e fruibile per il pubblico. Le statuette per miglior cortometraggio documentario, miglior montaggio, miglior trucco e acconciatura, miglior colonna sonora originale, miglior scenografia, miglior cortometraggio animato, miglior cortometraggio live-action e miglior suono furono tutte sacrificate sull’altare dello show, incontrando le proteste degli addetti ai lavori (prevedibili) e le rimostranze di chi assisteva da fuori (meno facili da mettere in conto). Proprio quel pubblico che doveva apprezzare l’audace mossa dell’Academy non ne fu entusiasta, facendo calare ancora di più a picco gli ascolti della grande notte del cinema. Anche da casa la sensazione poco piacevole era d’altra parte che Hollywood stesse in questo modo facendo figli e figliastri, decidendo arbitrariamente quale aspetto di un lavoro cinematografico meritasse maggiore attenzione. In molti avevano evidenziato la contraddizione in termini di un premio per il cinema che ne squalifica alcune sue parti (per dare alla fine più spazio a passerelle e lustrini). Persino Steven Spielberg era insorto, facendo sentire la sua influente voce sul tema. Oggi le rimostranze del papà di E.T. e di tanti ammiratori della settima arte sono state accolte. Non ci sarà più un’edizione come quella del 2021. Tutti i premiati avranno il loro spazio nella serata più attesa dai fan del grande schermo.
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La retromarcia della statuetta
Bill Kramer ha deciso di risolvere la controversia praticamente subito, appena pochi mesi dopo la sua investitura nel ruolo di CEO dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences: “Siamo intenzionati a celebrare uno show dove verranno premiati artisti, arti e scienze e la natura collaborativa del fare film. Questa è proprio la missione dell’Academy, e spero che celebri tutte le componenti del cinema in un modo in grado di intrattenere e coinvolgere”. Le parole di Kramer sono state chiare: tutte le categorie hanno pari dignità e meritano di essere celebrate come si è sempre fatto in passato. Per questo si “tornerà all’antico” subito, in un’edizione 2023 in cui si respira aria di restaurazione un po’ da tutte le parti. Alla ricerca dell’allure perduta, l’Oscar guarda indietro e si avvicina al suo centenario ripercorrendo sentieri già battuti con successo in passato. Non è un caso che anche la conduzione sia tornata nelle mani sicure di Jimmy Kimmel che, il 12 marzo, tornerà a officiare una cerimonia che si spera all’altezza degli antichi fasti. L’Oscar è un po’ appannato e forse è il momento di ascoltare i consigli della nonna per lucidarlo di nuovo come si deve una volta per tutte.