Terminator: Destino oscuro, la recensione del film con Arnold Schwarzenegger

Cinema

Linda Avolio

Terminator: Dark Fate, sesto film del franchise cinematografico iniziato nel 1984, fa un bel reset e riparte dal finale dello splendido Judgement Day. Qui sotto la nostra recensione. (ATTENZIONE, GIGANTESCHI SPOILER PER CHI NON HA ANCORA VISTO IL FILM).

Uscito nelle sale italiane il 31 ottobre 2019, Terminator: Dark Fate (Terminator: Destino oscuro) è il sesto film del noto franchise cinematografico iniziato con il classico del 1984 scritto e diretto da James Cameron, qui in veste di produttore. Dimenticate però quanto visto nei capitoli successivi a Judgement Day: Sarah Connor, infatti, è ancora viva e lotta insieme a noi. Per noi. Oltre a Linda Hamilton ritroviamo Arnold Schwarzenegger, di nuovo nel ruolo di un T-800 dalla parte degli esseri umani. Completano il cast Mackenzie Davis, Natalia Reyes e Gabriel Luna, rispettivamente nei ruoli della soldata potenziata Grace, della nuova salvatrice dell’umanità Dani Ramos e dell’inquietante terminator modello Rev-9. Leggi la recensione.

 

 

*** ATTENZIONE: SPOILER OVUNQUE PER CHI NON HA ANCORA VISTO IL FILM ***

 

 

Terminator: Destino oscuro, la trama del film

1998. Tre anni dopo aver sconfitto il T-1000 e dopo aver impedito la nascita di Skynet, Sarah e John Connor si rilassano in Guatemala, ignari del fatto che sulle loro tracce c’è un altro T-800. Un terminator arrivato da un futuro che non accadrà, spedito indietro prima della distruzione di Skynet. Portata a termine la sua missione, la letale macchina se ne va, lasciando dietro di sé un ragazzino morto e una madre distrutta dal dolore.

2020, Città del Messico. Dal 2042 arrivano un nuovo terminator capace di sdoppiarsi, il Rev-9, e una soldata “potenziata” di nome Grace. Il primo è chiaramente lì per terminare qualcuno, mentre la seconda è lì per proteggere qualcuno: Daniella “Dani” Ramos, una ragazza all’apparenza come tante, ma che, evidentemente, qualcosa dal futuro vuole morta. In fuga dal Rev-9, Grace e Dani vengono raggiunte da Sarah Connor, che rimane sconvolta quando scopre che le macchine hanno comunque preso il sopravvento, cosa che rende assolutamente vana la già insensata morte di John. La nascita di Skynet sarà anche stata evitata, ma in compenso è nato Legion, un sistema informatico intelligente che, per riassumere al massimo, ha dichiarato guerra all’umanità, causando miliardi di morti in tutto il mondo. Un olocausto nucleare “degno” di Skynet.

Ad ogni modo, Sarah – che non ha mai smesso di combattere le macchine –, decide di aiutare Grace e Dani e rivela loro che da alcuni anni riceve messaggi misteriosi con delle coordinate relative ai luoghi di arrivo di altri terminator. E’ infatti proprio così che è riuscita a localizzarle. Ma chi ha mandato quei messaggi, che peraltro finiscono tutti con le stesse due parole, “Per John”? Grace, che grazie al suo potenziamento può connettersi online toccando i circuiti del cellulare di Sarah, riesce a scoprire le coordinate del luogo da dove sono stati inviati. Coordinate che, evidentemente non è un caso, le sono state tatuate sul corpo, su ordine del suo comandante.

Per arrivare in quel posto, in Texas, bisogna però passare la frontiera. Entrate di nascosto negli U.S.A., Dani, Grace e Sarah vengono immediatamente catturate dalla polizia di frontiera, allertata proprio dal Rev-9, che, come Grace, può connettersi alla rete, cosa che gli ha permesso di scoprire l’esatta posizione della sua preda. Scampate miracolosamente alla furia distruttrice del terminator nel centro di detenzione temporanea in cui sono state portate (anche Sarah è ricercata dalle forze dell'ordine), le tre salgono a bordo di un elicottero e finalmente raggiungono la loro meta.

E qui scopriamo che a mandare i messaggi a Sarah è stato il T-800 visto nel prologo, il killer di John. Portata a termine la sua missione, la macchina infatti si è ritrovata a vivere in mezzo agli esseri umani, imparando pian piano da loro. Carl, questo il nome che il T-800 si è dato, addirittura ha una moglie e un figlio (biologicamente non suo, è chiaro), e fa il tappezziere. A spingerlo a mettersi in contatto con Sarah è stata la sua progressiva “umanizzazione”, se così si può chiamare. Sarah è, giustamente furiosa, e giura che, una volta tolto di mezzo il Rev-9, si vendicherà.

Intanto, però, c’è da eliminare il terminator più evoluto di sempre. Il piano? Attirarlo in una “kill box” e terminarlo. Ma come? Usando un’arma che vada direttamente a impattare sul suo funzionamento, un’arma a impulsi elettromagnetici prontamente recuperata tramite un contatto di Sarah nell’esercito. Nel frattempo l’instancabile Rev-9 è riuscito però a trovarli. Grace, Dani, Sarah e Carl fuggono a bordo di un aereo militare, ma vengono inseguiti e infine raggiunti.

Durante un combattimento ad alta quota, l’arma a impulsi elettromagnetici viene irrimediabilmente danneggiata e diventa inutilizzabile. Lo stesso vale per l’aereo, che va in picchiata senza controllo. Sarah, Grace e Dani si salvano atterrando con un mezzo corazzato dotato di paracadute, mentre Carl e il Rev-9 finiscono dentro il bacino artificiale di una diga. Sfuggite per l’ennesima volta al terminator che le insegue sott’acqua, grazie all’aiuto di Carl – senza un braccio ma comunque ancora operativo – le tre riescono a entrare nella sala turbine dell’impianto, e lì Dani – che, come rivelato prima, è la nuova John Connor, dunque sarà lei a organizzare la resistenza umana contro Legion – ormai stufa di scappare prende una decisione: sarà quella la loro kill box. E’ di nuovo essere umano contro macchina: da una parte Sarah, Grace, Dani e Carl (considerato “umano onorario” proprio da Sarah), dall’altra il Rev-9.

L’ultima battaglia è quella definitiva, o almeno così dovrebbe essere: Grace e Carl riescono a spingere il Rev-9 dentro il meccanismo rotante di una turbina, ma purtroppo Carl ne esce così malconcio da crollare a terra e disattivarsi. Non va meglio a Grace, ferita a morte dal terminator durante il precedente corpo a corpo. Non è però ancora finita, perché il Rev-9, seppur quasi completamente distrutto, è ancora in piedi. E, come sappiamo bene, non si fermerà finché non avrà portato a termine la sua missione.

Grace, che ha giurato di salvare Dani – quella stessa Dani che, nel futuro, ha già salvato la vita a lei quando lei era solo una ragazzina rimasta orfana a causa della guerra – dice alla futura leader della Resistenza di estrarre il suo reattore al torio (la sua fonte di energia interna) e di usarlo per disattivare definitivamente il Rev-9. Una malconcia Sarah tenta di guadagnare un po' di tempo, ma viene colpita e finisce a terra. Intanto Dani accetta il sacrificio di Grace ed estrae il reattore. Riesce ad avvicinarsi abbastanza al Rev-9, e alla fine, con l’aiuto di Carl – che si riavvia su ordine di Sarah –, riesce a piantare il dispositivo atomico nella cavità oculare della macchina. Che però si muove ancora. A quel punto anche Carl si sacrifica, trascinando con sé su un gigantesco magnete il terminator rivale e squagliandosi e disattivandosi per sempre insieme a lui.

Nel finale, Dani e Sarah osservano una giovanissima Grace felice e spensierata in un parco giochi insieme alla sua famiglia. Poi le due salgono su un fuoristrada e si allontanano insieme. E insieme lotteranno contro la nuova avanzata delle macchine. Perché, come diceva John, il futuro non è scritto.

 

"Terminator – Destino Oscuro": l’intervista a Schwarzenegger e al cast del film

 

Terminator: Destino oscuro, grandi ritorni e interessanti new entry

Terminator: Dark Fate segna il grande ritorno di Linda Hamilton, l’indimenticabile Sarah Connor dei primi due film del franchise. La madre di John, la (non troppo!) Virgin Mary originale della saga, è in ottima forma. La sua Sarah è una donna indurita dalla morte dal figlio – morte assolutamente insensata, considerando che la nascita di Skynet era stata effettivamente evitata in Judgement Day – e una combattente senza più uno scopo. Fino al primo di quei misteriosi messaggi inviati, come scopriamo nel corso del film, proprio da quello stesso T-800 che ha terminato John. Da lì in avanti per lei c’è una sorta di rinascita, e quando la vediamo entrare in scena alla fine della prima sequenza di inseguimento come una “dea ex machina” (no pun intended) non abbiamo dubbi: Sarah è sempre Sarah. E’ ovviamente invecchiata, non ha più i bicipiti di una volta (per la “quota bicipiti vedere alla voce Mackenzie Davis) e la sua voce si è fatta roca a casa delle migliaia di sigarette che avrà fumato dal 1998 a oggi, ma la sua determinazione e la sua voglia di “fare il c*lo” alle macchine sono quelle di sempre. Hamilton torna nei panni del personaggio che, nel bene e nel male, è diventato il suo alter ego, e lo fa in maniera così naturale che, a dire il vero, non c’è molto da aggiungere, se non: BENTORNATA, SARAH CONNOR!!

Escludendo il prologo ambientato nel 1998, Arnold Schwarzenegger entra invece in scena nella seconda parte del film, più o meno dopo un’ora, peraltro in una scena già vista e rivista nel trailer, dunque niente effetto sorpresa. A sorprendere, però, è il modo in cui questo nuovo T-800 è stato inserito nella storia: rimasto nel passato senza più uno scopo dopo aver portato a termine la sua missione, il terminator, proprio come accaduto al suo collega in Judgement Day, si ritrova a vivere in mezzo agli esseri umani, e impara a conoscerli, a capirli e, perché no, a essere un po’ come loro. Addirittura arriva a sposarsi (con una donna maltrattata dal proprio uomo, e non è un caso) e a diventare padre, adottivo ovviamente. Della serie: se ci riesce una macchina e essere un buon genitore e un buon marito, gli uomini in carne e ossa non hanno veramente scuse. E se vi state chiedendo come sia possibile che questo T-800 sia “invecchiato”, la risposta in realtà è semplicissima: nel primo film della saga viene chiaramente detto che quello specifico modello è ricoperto di pelle umana, dunque non stupisce che nel mondo della saga la copertura biologica e “viva” di Carl non sia più freschissima. Dentro, però, il T-800 è sempre la macchina da guerra che conosciamo. Rivedere Schwarzy in azione, così come rivedere Linda, è effetto nostalgia allo stato puro, e va benissimo così. 

Dai veterani ai novellini, cioè Mackenzie Davis, Natalia Reyes e Gabriel Luna. Partiamo da Luna, che in Destino Oscuro interpreta il Rev-9, il terminator più pericoloso mai creato (ndr, furba l’idea di farlo sdoppiare, in modo da avere delle scene d’azione in cui i nostri si trovano a combattere di fatto contro due avversari alla volta). L’attore texano di evidenti origini messicane (già visto nelle serie Matador, True Detective e Agents of S.H.I.E.L.D.) si è sottoposto a un duro allenamento fisico per rendere al meglio il Rev-9, ma c’è da dire che, al di là della sua possanza, a rendere terrificante il suo terminator è il fatto che ci troviamo di fronte a una macchina assolutamente capace di passare per un essere umano non solo a livello fisico, ma anche a livello di capacità d’interazione. Se il T-1000 di Robert Patrick vi aveva fatto dormire con un occhio aperto, il Rev-9 di Luna vi toglierà direttamente il sonno!

Mackenzie Davis – che interpreta Grace, la soldata potenziata arrivata da 2042 per proteggere Dani Ramos – è la vera rivelazione di questo film. All'uscita della notizia del suo coinvolgimento nel sesto capitolo del franchise ci si chiedeva se sarebbe riuscita a essere credibile in un action movie: ebbene, dopo aver visto Dark Fate possiamo dire che i nostri timori erano sicuramente legittimi ma infondati, perché Davis nei panni di Grace è semplicemente perfetta. Tanto delicata nei lineamenti quanto letale in combattimento, è, idealmente e spiritualmente, l’erede ideale di Kyle Reese. Per prepararsi a questo ruolo, l’attrice e modella canadese (già vista nella splendida serie tv Halt and Catch Fire e nei film Blade Runner 2049 e Tully) si è, passateci l’espressione, “ammazzata di palestra”, ma d’altronde per interpretare una guerriera del futuro potenziata e in grado di tenere testa a un Rev-9 ci voleva un certo physique du rôle. La cyborg Grace – un ibrido uomo/macchina fortissimo e allo stesso tempo fragilissimo, e ci riferiamo al cocktail di medicine di cui ha bisogno per continuare a funzionare – è il vero punto d’aggancio emotivo tra il film e i nuovi spettatori, e Mackenzie Davis è semplicemente, e inaspettatamente, impeccabile in questo ruolo.

Veniamo infine a Natalia Reyes, cioè Daniella “Dani” Ramos. Che, per fortuna, non è la madre dei salvatore dell’umanità, ma è lei stessa la salvatrice dell’umanità. Da Mother of Jesus a Jesus il salto in avanti è a dir poco notevole, ed è assolutamente frutto del momento storico. Il casting di Reyes, giovane attrice colombiana molto famosa in patria ma pressoché sconosciuta all’estero, ha spiazzato un po’ tutti, ma alla fine è stata la scelta vincente. Fisicamente Dani è minuta – la differenza di statura con Grace è veramente notevole e contribuisce a caratterizzare a colpo d’occhio i personaggi –, guardandola non si ha assolutamente la sensazione di trovarsi di fronte a una guerriera. Eppure dentro Dani è una combattente nata. Lo capiamo quando affronta a muso duro il gringo che ha sostituito suo fratello con un macchinario, e lo vediamo nelle sequenze successive. Il punto di svolta è a casa di Carl: lì per la prima volta vediamo un accenno della Dani del futuro, della leader della Resistenza, e quando la ritroviamo poco dopo in un flashback post apocalittico (quando salva una giovanissima Grace da un gruppo di teppisti senza legge) non stupisce vedere cos'è diventata. Lavoro non facile quello di Natalia Reyes, che si trova a vestire i panni del personaggio per ora meno interessante di questo sequel/reboot ma che comunque non sfigura a fianco di colleghi del rango di Hamilton e Schwarzy.

 

Terminator: Destino oscuro: la recensione

Anzitutto un commento che non ha a che fare con il film in sé, ma che è doveroso: quanto fa impressione vedere le versioni digitalmente ringiovanite di Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton e Edward Furlong nel prologo??!! I passi avanti fatti dalla CGI negli ultimi dieci anni lasciano semplicemente senza fiato chi non è “del settore”, il deepfake è tanto stupefacente quanto inquietante, e il fatto che sia stato utilizzato (di nuovo e in versione ancora più evoluta) in un film della saga di Terminator – una saga che parla di un’intelligenza artificiale che tenta di annientare completamente l’umanità, considerata “difettosa”, addirittura dannosa – non può fare a meno di far riflettere.

Detto ciò, veniamo a Dark Fate. Destino Oscuro è un buon action movie, con un buon ritmo e ha delle scene d’inseguimento e di combattimento ben strutturate. D'altronde, dietro la realizzazione di questo nuovo capitolo oltre a James Cameron c’è Tim Miller (Deadpool, Love, Death & Robots), uno che non è proprio alle prime armi, e si vede. Le due ore e più del film scorrono senza problemi, e non si arriva mai a pensare “certo che qui potevano anche tagliare!” Insomma, da questo punto di vista Destino oscuro intrattiene e coinvolge lo spettatore, portando assolutamente a casa il risultato.

La scelta di ripartire dal finale di Judgement Day, le numerose citazioni, gli innumerevoli riferimenti ai primi due capitoli del franchise e il ritorno di Hamilton e Schwarzenegger non sono una mera “operazione nostalgia” (che, peraltro, qui funziona alla grande), ma sono una precisa scelta, una dichiarazione d’intenti: si riparte da qui.

C’è un po’ di politica in Dark Fate – il famigerato muro tra Messico e Stati Uniti e le scene ambientate nel centro di detenzione –, mentre la riflessione sul rapporto uomo/macchina e sulle conseguenze di un’eventuale emancipazione dell’intelligenza artificiale è meno marcata rispetto a Judgement Day, ma va bene così, si tratta di una tematica già affrontata. C’è, in compenso, un forte radicamento nella contemporaneità per quanto riguarda i personaggi femminili. E’ vero, la Sarah Connor del secondo capitolo era una forza della natura, ma era pur sempre “la madre di John Connor”, mentre Dani Ramos, la nuova salvatrice dell’umanità, è lei stessa John Connor, come viene detto chiaramente proprio dal personaggio di Hamilton nella sequenza ambientata a bordo dell’aereo militare. Di nuovo, sono le donne a salvare il mondo, o quantomeno a provarci.

 

Terminator: Destino oscuro, quale futuro?

Pur non avendo rivelato nessun particolare, James Cameron – il padre del franchise, qui nelle vesti di produttore – in una recente intervista ha dichiarato di avere le idee molto chiare sulla direzione che prenderà la saga di Terminator da qui in avanti, dopo questo (doveroso) reboot. Volendo azzardare qualche previsione, e volendo rimanere coerenti con quanto visto nel finale di Destino oscuro e con l’essenza della saga, prossimamente possiamo aspettarci di rivedere Sarah Connor e Dani Ramos impegnate a trovare il modo di evitare l’olocausto nucleare, dunque impegnate a impedire la nascita di Legion. Non è però da escludere anche un salto temporale in avanti, in un futuro post-apocalittico in cui la guerra tra le macchine e gli esseri umani è già in atto. Ciò che è certo è che sarebbe bello vedere nuovamente Linda Hamilton in azione!

 

Terminator: Destino oscuro, il commento finale

Senza troppi giri di parole, Terminator: Dark Fate è il miglior film della saga di Terminator uscito dopo Judgement Day, e non è un caso che l’intervento di Cameron – che ha detto chiaramente che questo è il terzo capitolo ufficiale – sia quasi palpabile. I richiami alle pellicole del 1984 e del 1991 sono così evidenti da sfociare spesso nella citazione e nell’omaggio (si veda per esempio la scena finale ambientata in un parco giochi, giusto per citarne una a caso), ma la cosa non dà assolutamente fastidio, anzi, non fa altro che rafforzare il legame emotivo ed emozionale con lo spettatore che conosce a memoria tutti i film usciti finora e che, quasi sicuramente, è rimasto (un po’) deluso da Le macchine ribelli, Salvation e Genisys. Lo spettatore che invece si approccia per la prima volta alla saga rimarrà magari un po’ spiazzato in certi punti, ma si troverà comunque di fronte un film comprensibilissimo e, soprattutto, godibilissimo, anche solo per le intense scene d’azione e di combattimento. Se l’originale, in questo caso Terminator e Terminator 2: Il giorno del giudizio, è (quasi) sempre meglio, anche solo perché c’è in atto l’operato del potentissimo filtro della nostalgia, possiamo affermare con certezza che Terminator: Destino oscuro è, oltre che un buon action movie, anche il degno successore e il degno erede di una delle saghe cinematografiche più amate di sempre. Da vedere.

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