Il regista italiano, che il prossimo 15 novembre compirà 90 anni, riceverà il riconoscimento il prossimo 31 agosto, in occasione della proiezione della copia restaurata del suo capolavoro "Il caso Mattei"
E' stato attribuito al regista e sceneggiatore italiano Francesco Rosi il Leone d'oro alla carriera della 69esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia che si terrà dal prossimo 29 agosto. La decisione è stata presa dal Cda della Biennale presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera. "Rosi ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema italiano del dopoguerra - afferma il direttore della Mostra Alberto Barbera - La sua opera ha influenzato generazioni di cineasti in tutto il mondo per il metodo, lo stile, il rigore morale e la capacità di fare spettacolo su temi sociali di stringente attualità. Ragione per la quale è stato ripetutamente accostato al Neorealismo dell'immediato dopoguerra e indicato come il padre nobile di quel filone di cinema impegnato che segnò in particolare gli anni Sessanta e Settanta della nostra produzione nazionale".
Francesco Rosi può essere considerato autore simbolo e innovatore del cinema italiano di impegno civile, con film - tra i molti suoi importanti e significativi - quali "Le mani sulla città", Leone d'oro alla Mostra di Venezia nel 1963, "Il caso Mattei", Palma d'oro a Cannes nel 1972, e "Salvatore Giuliano", Orso d'argento a Berlino nel 1961. Nato a Napoli nel 1922 si afferma come autore proprio alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1958 con "La sfida", che ottiene il Premio Speciale della Giuria. In quel film, girato nel mercato ortofrutticolo di Napoli, come nel successivo "I magliari" (1959, premiato a San Sebastia'n), ambientato tra venditori di stoffe e tappeti ai limiti della legalità, é già presente quel dato cronachistico che, filtrato dalla finzione drammatica, costituisce la peculiarità del suo cinema.
Nel 1963 ottiene la definitiva consacrazione vincendo il Leone d'oro a Venezia con "Le mani sulla città", film-denuncia delle speculazioni e degli scandali durante gli anni della ricostruzione e del boom economico. Torna alla Mostra di Venezia nel 1970 con un altro film di forte impegno civile, "Uomini contro", tratto da Un anno sull'altopiano di Lussu, fornendo uno sguardo privo di retorica della prima guerra mondiale. "Il caso Mattei" (1972), Palma d'oro a Cannes, segna il ritorno allo stile del reportage nella ricostruzione delle vicende del presidente dell'Eni (interpretato da Gian Maria Volentè, premiato a Cannes con una Menzione speciale), fino alla sua morte in circostanze mai chiarite, gettando una luce inquietante sulle connivenze tra potere politico e oscure trame destabilizzanti. Il successivo "Lucky Luciano" (1975), nuovamente con Gian Maria Volontè ricostruisce gli ultimi anni di vita che il boss trascorre in Italia portando nella tomba i suoi segreti.
In seguito, per il suo alto cinema d'impegno, Rosi si rivolge spesso a testi letterari. "In Cadaveri eccellenti" (1976), premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, tratto da Il contesto di Sciascia, si sofferma sulla spirale del terrorismo e le compromissioni del potere. Da Carlo Levi trae "Cristo si è fermato a Eboli" (1979), David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, vincitore al Festival di Mosca, premiato come miglior film straniero ai Bafta, gli "Oscar" britannici. Rosi realizza quindi "Tre fratelli" (1981), in cui riflette sugli anni di piombo (David di Donatello per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura con Tonino Guerra, Nastro d'argento per la miglior regia), e in seguito "Carmen" (1984) dall'opera di Bizet (David di Donatello per il miglior film e la miglior regia). E' poi la volta di "Cronaca di una morte annunciata" (1987), tratto dall'omonimo romanzo di Marquez (in Concorso a Cannes), "Dimenticare Palermo" (1990), scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal, e "La tregua" (1997) da Primo Levi, in Concorso a Cannes, premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.
Francesco Rosi può essere considerato autore simbolo e innovatore del cinema italiano di impegno civile, con film - tra i molti suoi importanti e significativi - quali "Le mani sulla città", Leone d'oro alla Mostra di Venezia nel 1963, "Il caso Mattei", Palma d'oro a Cannes nel 1972, e "Salvatore Giuliano", Orso d'argento a Berlino nel 1961. Nato a Napoli nel 1922 si afferma come autore proprio alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1958 con "La sfida", che ottiene il Premio Speciale della Giuria. In quel film, girato nel mercato ortofrutticolo di Napoli, come nel successivo "I magliari" (1959, premiato a San Sebastia'n), ambientato tra venditori di stoffe e tappeti ai limiti della legalità, é già presente quel dato cronachistico che, filtrato dalla finzione drammatica, costituisce la peculiarità del suo cinema.
Nel 1963 ottiene la definitiva consacrazione vincendo il Leone d'oro a Venezia con "Le mani sulla città", film-denuncia delle speculazioni e degli scandali durante gli anni della ricostruzione e del boom economico. Torna alla Mostra di Venezia nel 1970 con un altro film di forte impegno civile, "Uomini contro", tratto da Un anno sull'altopiano di Lussu, fornendo uno sguardo privo di retorica della prima guerra mondiale. "Il caso Mattei" (1972), Palma d'oro a Cannes, segna il ritorno allo stile del reportage nella ricostruzione delle vicende del presidente dell'Eni (interpretato da Gian Maria Volentè, premiato a Cannes con una Menzione speciale), fino alla sua morte in circostanze mai chiarite, gettando una luce inquietante sulle connivenze tra potere politico e oscure trame destabilizzanti. Il successivo "Lucky Luciano" (1975), nuovamente con Gian Maria Volontè ricostruisce gli ultimi anni di vita che il boss trascorre in Italia portando nella tomba i suoi segreti.
In seguito, per il suo alto cinema d'impegno, Rosi si rivolge spesso a testi letterari. "In Cadaveri eccellenti" (1976), premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, tratto da Il contesto di Sciascia, si sofferma sulla spirale del terrorismo e le compromissioni del potere. Da Carlo Levi trae "Cristo si è fermato a Eboli" (1979), David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, vincitore al Festival di Mosca, premiato come miglior film straniero ai Bafta, gli "Oscar" britannici. Rosi realizza quindi "Tre fratelli" (1981), in cui riflette sugli anni di piombo (David di Donatello per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura con Tonino Guerra, Nastro d'argento per la miglior regia), e in seguito "Carmen" (1984) dall'opera di Bizet (David di Donatello per il miglior film e la miglior regia). E' poi la volta di "Cronaca di una morte annunciata" (1987), tratto dall'omonimo romanzo di Marquez (in Concorso a Cannes), "Dimenticare Palermo" (1990), scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal, e "La tregua" (1997) da Primo Levi, in Concorso a Cannes, premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.