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Riccardo Muti porta l’Italian Opera Academy alla Fondazione Prada a Milano. L’INTERVISTA

Spettacolo

Chiara Ribichini

Credit: Luca Concas

Dal 4 al 15 dicembre il Maestro preparerà il Nabucco di Verdi con i giovani direttori d’orchestra prescelti. “Posso donare la mia esperienza, mi sento come l’ultima frangia di una cometa che sta sparendo” dice a Sky Tg24. “Il Va’, pensiero? Va cantato sottovoce come Verdi voleva, non strombazzato”

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“Posso donare ai ragazzi la mia esperienza raccolta in questi decenni in cui sono stato a contatto con grandi artisti che ormai appartengono alla leggenda. Ogni tanto penso a me stesso come all’ultima frangia di una cometa che sta sparendo. Certo ne nascono e ne nasceranno altre ma è importante che non ci sia una frattura con il passato, che le radici non vengano tagliate”. Riccardo Muti porta per la prima volta a Milano la sua Italian Opera Academy giunta alla settima edizione. Dal 4 al 15 dicembre i giovani direttori d’orchestra e maestri collaboratori al pianoforte prescelti avranno la possibilità di preparare il Nabucco di Verdi in forma di concerto con il Maestro negli spazi della Fondazione Prada. Dieci giorni di studio intenso, con prove aperte al pubblico, che culmineranno in due date: il 14 dicembre un concerto con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta da Muti (e da lui fondata nel 2004, ndr) che cederà il podio il giorno dopo ai suoi allievi.

Incontriamo il Maestro alla Fondazione Prada, in occasione della presentazione di quello che si preannuncia essere un vero e proprio evento in una città che proprio in quei giorni sarà in fermento per la prima della Scala.

E, in una conferenza stampa in cui Muti si è raccontato come accaduto raramente, piena di aneddoti e ricordi conditi con quell’ironia, schiettezza e teatralità tipiche del suo essere napoletano, non si è sottratto alla domanda sulla coincidenza con il 7 dicembre. “Ma siamo in provincia qui? Questo è l'unico periodo in cui sono libero tra la tournée in Oriente con i Wiener Philharmoniker e il ritorno a gennaio in America per dirigere la Chicago Symphony Orchestra. La grande Scala fa la sua attività e il povero Muti fa la sua accademia” risponde sorridendo. E ancora: “Figurarsi se a ottant'anni vengo qui per scocciare. Qualcuno può pensarlo dall'altra parte ma è un problema suo”.

Un passaggio in un’ora e mezza di presentazione in cui il Maestro ha difeso la scuola musicale italiana, così attenta alla qualità, che insegna a non usare il gesto per ottenere visibilità.

"Oggi ci sono direttori che zompano, con i capelli che vanno da tutte le parti ma è nel lavoro di preparazione che si vede il grande direttore, non il clown sul podio" afferma Muti che poi cita Toscanini: "Le braccia sono l'estensione del pensiero musicale, in fondo battere il tempo lo fanno anche gli asini, fare musica è una cosa diversa". Una musica che va difesa e tramandata.

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Lei ha avuto come maestro Antonino Votto, che fu assistente di Toscanini alla Scala. Una linea che in qualche modo la lega a Giuseppe Verdi. Cita spesso una frase di Votto: “Il direttore d’orchestra deve respirare la polvere del palcoscenico”. Cosa significa?
Sono parole molto profonde. Vuol dire che un direttore d’orchestra deve conoscere tutto il sistema, non solo quello musicale ma anche quello tecnico del palcoscenico, per poterlo dominare. Molto spesso i direttori d’orchestra si interessano solo della parte sinfonica dell’orchestra, dimenticano persino i cantanti. Non si preoccupano della messa in scena, delle luci. Il direttore non deve prendere il posto del regista ma collaborare con lui. Deve sapere di tutto e avere un rapporto non solo con la buca ma con tutto il palcoscenico. E quindi respirare la polvere… di solito sul palcoscenico ce n’è di polvere!

 

Come è nata l’idea di questa settimana edizione in un contesto così diverso come la Fondazione Prada?

Miuccia Prada e suo marito sono sempre stati molto vicini alla cultura. Con Prada abbiamo anche fatto i costumi dell’Attila andato in scena al Metropolitan di New York nel 2010. Questa possibilità di avere il sostegno e lo spazio della Fondazione Prada è per noi un passo in avanti nel cammino dell’Accademia.

 

Perché ha scelto il Nabucco?

Perché è un’opera che ancora non ho affrontato nell’Accademia e perché è poco conosciuta ad eccezione del “Va’, pensiero” che però avrò modo di insegnare nel modo giusto, come Verdi lo ha scritto. E’ un coro che va cantato sottovoce, in modo grave, non strombazzato come in genere si fa. E’ un’opera molto delicata eseguita molto spesso in modo “bandistico”. Credo che sia un’opportunità per i ragazzi di capire come la scrittura di Verdi, anche laddove dovesse sembrare elementare, possa essere invece eseguita in modo molto elegante e nobile. Non in maniera volgare come a volte si sente con il famoso “zumpappà”. E’ quindi un modo per far capire ai giovani che Verdi può essere eseguito in un’altra maniera.

 

Come ha scelto i giovani direttori di orchestra e maestri collaboratori al pianoforte che parteciperanno all’Academy?
Abbiamo avuto centinaia di domande di ammissione, la prima scelta viene fatta in base ai video e ai curricula. Si arriva a venti giovani che vengono qui e fanno l’esame sia al pianoforte preparando un cantante sia con l’orchestra. Ne resteranno 4 o 5 a cui io mi dedicherò minuziosamente mentre gli altri potranno rimanere come uditori. Anche il pubblico può partecipare e assistere alle prove. I prescelti potranno poi dirigere il concerto finale.

 

Lei ha affermato di continuare a dirigere per difendere la musica. Come si può insegnare questo ai giovani?
Come ho detto anche al ministro dell’Istruzione Bianchi credo che sia necessario cominciare a insegnare ai bambini dalla scuola materna ma non il solfeggio o le cose che possono allontanarli dalla musica. Bisogna insegnare a muoversi divertendosi. Però ci vogliono dei maestri che siano in grado di fare questo, non semplicemente di dare un piffero. Una delle chiavi di lettura per capire il livello musicale di un popolo è sentire cantare un coro. In chiesa o in una taverna. Quando i ragazzi sono cresciuti nel solco della musica cantano bene, altrimenti no. E abbiamo purtroppo molta strada da fare in questo senso.

 

Mozart diceva che la musica più profonda è quella che è tra le note o dietro le note..
La nota in se stessa è un fatto concreto, un fatto oggettivo. E’ il suono che senti, quello che c’è dietro è molto misterioso. Molto spesso viene recepita in modo maggiore dall’animo dell’incolto in campo culturale rispetto all’orecchio del colto.

 

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