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Fine dell’universo, una teoria ipotizza l’esplosione delle nane nere

Scienze

In seguito alla morte termica dell’universo, le reazioni nucleari che avverranno all’interno di queste stelle potrebbero portare a delle detonazioni colossali, pari a quelle delle supernove

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A differenza di quanto ipotizzato finora, la fine dell’universo potrebbe non essere un processo lento e sommesso. A sostenerlo è il fisico Matt Caplan dell’Università dell’Illinois, autore di un nuovo studio sul tema pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Secondo l’esperto, la fine dell’universo sarà accompagnata da una staffetta di esplosioni di “relitti stellari” noti come nane nere. 

 

La nuova teoria

 

Scendendo più nel dettaglio, Caplan spiega che, come sostengono i modelli attuali, in un futuro molto lontano le stelle smetteranno di nascere, le galassie diventeranno buie e i buchi neri evaporeranno, lasciando solo energia e particelle subatomiche. L’espansione dello spazio porterà la temperatura vicino allo zero assoluto, segnando la morte termica dell’universo. In questo scenario desolante, potrebbe ancora esserci spazio per un’ultima “sorpresa”: a organizzarla sarebbero le nane bianche, delle stelle come il Sole che hanno bruciato tutto il combustibile e perso i loro strati esterni. I calcoli di Caplan indicano che le nane bianche dotate di una massa di poco superiore a quella del Sole, dopo essersi raffreddate e trasformate in nane nere, potrebbero continuare ad alimentare reazioni nucleari al loro interno, a causa della loro elevatissima densità. Col passare del tempo, queste reazioni potrebbero portare le stelle al collasso e generare un’esplosione di proporzioni gigantesche, pari a quella delle supernove. 

 

L’espansione dell’universo

 

Nei primi mesi del 2020, il fisico teorico Lucas Lombriser, dell’Università di Ginevra, ha formulato una nuova ipotesi sull’espansione accelerata dell’universo. Lo studioso ha proposto un nuovo modello teorico che colloca la Terra, il Sole, la Via Lattea e le galassie ad essa più prossime in un’unica bolla cosmica che si estenderebbe per circa 250 milioni di anni luce. Questo modello potrebbe spiegare la differenza in termini di velocità di espansione dell’universo evidenziata dai due principali approcci utilizzati finora per descrivere il fenomeno. L’ipotesi di Lombriser indica che all’interno della bolla che racchiude la Via Lattea e le galassie circostanti la densità di materia è inferiore del 50% rispetto al resto dell’universo.