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Scoperto un nuovo corpo d’origine per le meteoriti ferrose IIE

Scienze
Carl Agee, Institute of Meteoritics, University of New Mexico

Il progenitore di questi oggetti misteriosi è un unico planetesimo con un nucleo ferroso e magnetico. La scoperta del Mit apre nuovi scenari riguardo la formazione dei corpi celesti primordiali

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I primi ritrovamenti delle meteoriti ferrose IIE risalgono agli anni Sessanta e fin da subito gli scienziati hanno capito di trovarsi di fronte a un fenomeno molto particolare. Uno studio pubblicato su Science Advances, curato dal Mit, individua il progenitore in un unico corpo primordiale: un planetesimo dalle caratteristiche ibride ed inusuali. È per questo che nelle pagine della ricerca vengono paragonate a una chimera, creatura mitologica nata dall’unione di leone, capra e serpente; come si legge sul sito dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

La particolarità delle meteoriti ferrose IIE

Lo studio suggerisce che questi oggetti rari provengano dall’interno differenziato di un unico planetesimo - corpo roccioso che sta alla base della formazione dei pianeti- con un nucleo ferroso e magnetico. E non secondo il classico schema bimodale, che presuppone che nessun singolo corpo planetario possa essere fonte contemporanea di meteoriti non fuse, condriti (la maggior parte) e acondriti. I frammenti di IIE raccontano però una storia diversa: il loro progenitore doveva essere un oggetto formato da strati diversi e con un nucleo abbastanza consistente da generare un campo magnetico di intensità pari a quello terrestre. L’analisi è stata condotta sui campioni di due meteoriti ferrose di tipo IIE, Colomera e Techado, e ha rivelato in diversi grani meteoritici un allineamento degli elettroni verso una direzione comune. È questa la prova che il corpo di provenienza delle IIE ha un campo magnetico di intensità paragonabile a quello del nostro pianeta.

L’importanza della scoperta

“Questo esempio di planetesimo con strati fusi e non fusi incoraggia la ricerca di ulteriori prove dell’esistenza di strutture planetarie primordiali composite”, spiega Clara Maurel, prima autrice dell’articolo e studentessa del Dipartimento di scienze terrestri, atmosferiche e planetarie (Eaps) del Mit. “Comprendere l’intero spettro di strutture primordiali, da quelle non fuse a quelle completamente fuse, è la chiave per decifrare come si sono formati i planetesimi nel Sistema solare”, conclude. Resta infine anche da capire se si tratta di una rarità nel Sistema solare primordiale o se faccia parte di una famiglia di corpi ancora da scoprire. “La maggior parte degli asteroidi appare indifferenziata sulla loro superficie - osserva uno dei coautori, Benjamin Weiss - se riuscissimo a vedere al loro interno potremmo avere la risposta che cerchiamo”.

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