Nobel matematica, la vittoria di Figalli in un Paese di umanisti
ScienzeÈ la seconda medaglia Fields in oltre 80 anni. In Italia si conta la più alta percentuale di laureati in materie umanistiche, e solo il 4% delle matricole si iscrive a una facoltà scientifica. Che però garantisce maggiori possibilità di trovare un lavoro.
L'Italia festeggia la medaglia Fields, il nobel per la matematica tornato nel nostro Paese dopo 44 anni, assegnata ad Alessio Figalli. Eppure da noi la matematica, insieme ad altre specializzazioni scientifiche come la statistica, sono piuttosto neglette.
Un Paese di umanisti
Ce lo ha detto l'Ocse: non solo abbiamo una percentuale di laureati che ci pone agli ultimi posti rispetto ai Paesi più avanzati, ma siamo quello con la più alta percentuale di laureati in materie umanistiche. E questo non solo nella fascia d’età 25-64 anni, ma anche tra i più giovani, segno che la preferenza accordata alle facoltà umanistiche non è un retaggio del passato, ma continua ancora oggi. E infatti se andiamo a guardare le matricole, cioè i ragazzi che si sono appena iscritti all'università, vediamo che nel 2016 appena quattro studenti su 100 hanno scelto una facoltà scientifica: 12mila iscritti tra statistica, matematica, fisica e chimica su un totale di oltre 280mila immatricolati. Ce lo dicono, inoltre, le richieste di lavoro che non riescono a trovare figure professionali adeguate, e le cattedre di matematica che senza titolare per mancanza di candidati.
L'esempio di Alessio Figalli
Eppure in un Paese come il nostro, con un innegabile problema di disoccupazione, specie tra i giovani, sarebbe particolarmente importante che la scelta della facoltà e della carriera da intraprendere ricadesse sulle materie scientifiche, visto che sono quelle che più facilmente possono garantire un posto di lavoro. Vale per i laureati in matematica, ma anche per quelli che scelgono di specializzarsi in tecnologia, ingegneria o scienze, discipline sulle quali restiamo indietro rispetto ad altri Paesi. Sul fronte della matematica i numeri sono in crescita. Nel 2001 i laureati erano poco più di 1500, nel 2016 (dopo il passaggio al nuovo ordinamento che prevede una laurea triennale e a seguire una specialistica di due anni) siamo arrivati a quasi 2700. C'è un aumento, è un buon segnale, ma i numeri sono ancora troppo bassi. E chissà che l'esempio di Alessio Figalli non invogli i giovani studenti a intraprendere una carriera universitaria sicuramente non facile ma piena di sbocchi.