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Colera, cos'è, quali sono i sintomi e dove è ancora diffuso nel mondo

Salute e Benessere
©Getty

Si tratta di un'infezione che colpisce l'intestino provocando diarrea, vomito e una rapida disidratazione che può essere letale. Secondo l'Oms, nel 2023 si sono registrati casi in almeno 30 Paesi, con migliaia di vittime a causa delle scarse condizioni igieniche

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Il colera è un’infezione acuta trasmessa dal batterio Vibrio cholerae che colpisce l’intestino provocando diarrea e vomito e che causa una rapida disidratazione. Come informa il sito dell’Istituto superiore di sanità, la sua trasmissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione, fino a stati di shock e anche alla morte. Oggi la malattia non è ancora stata debellata del tutto ed è ancora diffusa in molti Paesi del mondo, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il colera è endemico in diversi Paesi in via di sviluppo, soprattutto nel Sud-est asiatico e in Africa, fino all’America centrale (Haiti).

Come si trasmette

Le riserve dei batteri che trasmettono il colera, spiega l'Iss, sono l’uomo e le acque, soprattutto quelle salmastre presenti negli estuari, che sono spesso ricchi di alghe e plancton. Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale, quindi la sua diffusione è strettamente legata alle condizioni economiche e igieniche di una popolazione: può essere contratto attraverso l'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti (malati o portatori sani o convalescenti). I cibi più a rischio sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare, ma comunque anche altri alimenti possono veicolare la malattia.  

Quali sono i sintomi

Il sintomo prevalente è la diarrea. In alcuni soggetti la continua perdita di liquidi può portare alla disidratazione e allo shock, che nei casi più gravi può essere fatale. La febbre non è un sintomo prevalente della malattia, mentre possono manifestarsi vomito e crampi alle gambe. Il periodo d’incubazione della malattia è compreso solitamente tra i 2 e i 3 giorni, ma in casi eccezionali può oscillare tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del numero di batteri ingeriti.

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Come si cura

Nel trattare il colera la priorità deve andare alla reintegrazione dei liquidi e dei sali persi con la diarrea e il vomito. La reidratazione per via orale, spiega il Ministero della Salute, ha successo nel 90% dei casi attraverso l’assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e acqua, e deve essere intrapresa immediatamente. I casi più gravi necessitano, invece, di un ripristino dei liquidi intravenoso che richiede grandi volumi, fino a 4-6 litri. Con un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e, di solito, in seguito al ripristino dei fluidi, la malattia si risolve autonomamente. Anche gli antibiotici, inoltre, possono abbreviare il decorso della malattia.

Le cause della diffusione e la prevenzione

Tra le principali cause di epidemie di colera ci sono le scarse condizioni igienico-sanitarie e la cattiva gestione dell’acqua potabile e delle fogne. Il batterio può vivere anche in ambienti naturali, come i fiumi salmastri e le zone costiere: perciò il rischio di contrarre l’infezione attraverso l’ingestione di molluschi è elevato. Per questo l’approccio seguito nella lotta al colera riguarda sia la gestione della sanità pubblica e dell’acqua, che la pesca, l’agricoltura e l’educazione alla salute. Tra gli interventi più importanti per prevenire le epidemie di colera ci sono la depurazione dell’acqua e il funzionamento del sistema fognario. In assenza di una contaminazione dell’acqua, il contagio diretto da persona a persona è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali ed è molto difficile che avvenga attraverso il semplice contatto. Contro il colera esistono anche dei vaccini, ma l’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea che le principali misure per prevenirne la diffusione restano il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e che in ogni caso l’utilizzo dei vaccini deve essere accompagnato da queste strategie di prevenzione.

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Ancora in corso la settima pandemia

Nel 19esimo secolo il colera si è diffuso più volte dalla sua area originaria, situata attorno al delta del Gange, verso il resto del mondo dando origine a sei pandemie che hanno ucciso milioni di persone. La settima pandemia è ancora in corso: è iniziata nel 1961 in Asia meridionale, poi ha raggiunto l’Africa nel 1971 e l’America nel 1991. Oggi la malattia è considerata endemica in molti Paesi, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, e il batterio che la provoca non è ancora stato eliminato dall’ambiente.

I dati

Secondo l’ultimo rapporto, nel 2023 sono stati segnalati casi in 30 Paesi di cinque regioni dell’Oms, tra cui nove Paesi che hanno registrato più di 10mila casi. Una nuova epidemia è stata segnalata dall'India, risalente a metà maggio. L’Oms ha classificato la recrudescenza globale del colera come un’emergenza di grado 3 nel gennaio 2023, il livello interno più alto per le emergenze. Nel solo mese di gennaio 2024 sono stati 40.900 i casi e 775 i decessi segnalati in 17 Paesi in quattro regioni dell’Oms: la regione africana, la regione del Mediterraneo orientale, la regione delle Americhe e la regione del sud-est asiatico. Lo Zambia e lo Zimbabwe hanno registrato le ondate più elevate. L’Oms definisce la malattia, per le sue caratteristiche, una spia della disuguaglianza presente nel mondo contemporaneo. Per questo per l’organizzazione, che sottolinea la correlazione tra basso reddito, accesso ad acque pulite e diffusione della malattia, controllarla è sia una questione di risposta alle emergenze che di sviluppo delle aree in cui il colera è ancora endemico.

In Italia è scomparso

In Italia oggi il colera si considera scomparso. L’ultima epidemia importante risale al 1973 in Campania e Puglia. Nel 1994 si è verificata a Bari un’epidemia di limitate proporzioni, in cui sono stati segnalati meno di dieci casi. Da allora, l’unico episodio descritto risale all’agosto del 2008 dove a Milano un uomo, di rientro dall’Egitto, è morto di colera in ospedale. Gli accertamenti dimostrarono che l’uomo aveva contratto la malattia all’estero ed esclusero il rischio di epidemie per il nostro Paese. Altri sospetti episodi recenti si sono poi rivelati casi non di colera.

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