Lo ha rilevato lo studio di Fase 3 “KEYNOTE-716”, recentemente discusso nel corso del Congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO). Grazie al percorso immunoterapico con “pembrolizumab”, infatti, è possibile constatare una riduzione del rischio di metastasi a distanza pari al 36% nei pazienti con melanoma in stadio ad alto rischio di recidiva
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L'immunoterapia, trattamento che tende a combattere i tumori come se fossero un'infezione, cioè “armando” il sistema immunitario del paziente in maniera tale da riconoscere le cellule tumorali e annientarle, può avere effetti benefici anche nei pazienti con melanoma in stadio ad alto rischio di recidiva (IIB e IIC) operati e finora privi di opzioni di cura. Infatti, grazie al percorso immunoterapico con “pembrolizumab” è possibile constatare una riduzione del rischio di metastasi a distanza pari al 36%. Lo ha segnalato lo studio di Fase 3 “KEYNOTE-716” in cui il “pembrolizumab” è stato analizzato rispetto al placebo nel trattamento adiuvante, successivo cioè all’intervento chirurgico. I dettagli dello studio sono stati stati discussi durante il Congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO), svoltosi a Chicago.
“Un importante traguardo”
Secondo quanto riferito da Paolo Ascierto, direttore dell’unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative presso l'Istituto nazionale dei tumori “Pascale” di Napoli, “i pazienti con melanoma in stadio IIB e IIC presentano una sopravvivenza simile a quella che si osserva nei pazienti in stadio IIIB, ma a differenza di questi ultimi, non hanno opzioni di trattamento sistemiche disponibili e lo standard di cura finora è stato rappresentato dall'osservazione”. Ma, proprio grazie allo studio KEYNOTE-716, ha precisato, “si è raggiunto un importante traguardo perché è stato dimostrato che, anche in questi pazienti, l'immunoterapia adiuvante con pembrolizumab per un anno è in grado di migliorare non solo la sopravvivenza libera da recidiva ma anche quella libera da metastasi a distanza, parametro surrogato della sopravvivenza globale”.
Le valutazioni di Fda ed Ema
Grazie alle capacità dell'immunoterapia in fase precoce, ha poi concluso l’esperto, è possibile “infatti aumentare il numero di pazienti che ottengono la guarigione. In particolare, la riduzione del rischio di metastasi a distanza è stata del 36%, un dato molto importante”, ha sottolineato. Tra l’altro, sulla scorta dei risultati ottenuti da questo lavoro di ricerca, il “pembrolizumab” ha ricevuto l'approvazione da parte dell'ente regolatorio americano, la Food and Drug Administration (Fda) oltre al parere positivo del Comitato per i prodotti medicinali per uso umano dell'Agenzia dei Europea dei Farmaci (Ema).