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Vaccino Covid ai bambini, cosa sappiamo e cosa dicono gli esperti

Salute e Benessere

Quasi tutta la comunità scientifica concorda sul fatto che anche nelle fasce più giovani della popolazione i vantaggi offerti dalla vaccinazione siano superiori ai rischi. Le autorità vaccinali stanno comunque continuando ad analizzare le segnalazioni di farmacovigilanza per intervenire in caso di necessità

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La possibilità di somministrare il vaccino anti-Covid ai bambini ha generato vari dibattiti all’interno della comunità scientifica. È stato dimostrato, infatti, che la patologia è meno pericolosa per i giovani, dunque il rapporto rischi-benefici relativo alla vaccinazione è diverso rispetto a quello esistente per gli adulti. Uno degli studi più completi sugli effetti del Covid nei minori di 18 anni è stato pubblicato all’inizio di luglio sulla rivista Public Health England. I suoi risultati indicano che in un anno, in Inghilterra, sono stati ricoverati per l’infezione 6mila tra bambini e adolescenti. Tra di loro le vittime sono state 25. Si parla, quindi, di un tasso di mortalità di appena due su un milione. È anche per questo motivo che nel Regno Unito i minori di 18 anni non vengono vaccinati, a meno che le loro condizioni di salute non li espongano a un rischio più elevato di complicazioni.

(VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)

Le scelte dei vari Paesi

In altri Paesi, tra cui la Norvegia e il Portogallo, i minorenni sono esclusi del tutto dalla campagna vaccinale. L'Italia, proprio come Israele e gli Stati Uniti, ha scelto di somministrare i vaccini dai 12 anni, privilegiando i sieri a mRna. Quello di Pfizer è ben tollerato nella fascia tra i 12 e i 16 anni e ha un’efficacia del 100% nella prevenzione del Covid-19. Quello di Moderna ha la stessa efficacia tra i 12 e i 18 anni e non causa reazioni avverse gravi. Le case farmaceutiche stanno anche sperimentando i propri vaccini nella fascia di età compresa tra i due e gli 11 anni: l’autorizzazione dovrebbe arrivare entro settembre, perlomeno negli Stati Uniti.

 

Il rapporto rischi-benefici

Nonostante il via libera alle vaccinazioni dei minorenni, le autorità vaccinali stanno continuando ad analizzare le segnalazioni di farmacovigilanza per tenere sotto controllo il rapporto rischi-benefici. Negli scorsi mesi sono state proprio queste analisi a portare a non raccomandare (o vietare del tutto) l’uso dei vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson per i più giovani, in quanto associati a rarissimi eventi tromboembolici

 

I possibili effetti avversi dei vaccini a mRna

Nel caso dei vaccini a mRna, invece, gli esperti stanno monitorando l’incidenza dei casi di miocardite e pericardite, che risultano più frequenti in chi ha meno di 30 anni e negli uomini, soprattutto dopo la seconda dose. Come riporta Fanpage, i dati del sistema di farmacovigilanza Vaccine Adverse Events Reporting Systems (VAERS) degli Stati Uniti, all’11 giugno sono stati segnalati circa 40,6 casi di miocardite per milione di seconde dosi tra i maschi e 4,2 casi per milione tra le femmine nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 29 anni. Tra i vaccinati con più di 30 anni le segnalazioni di miocardite e pericardite erano rispettivamente di 2,4 e 1,0 per milione di seconde dosi per maschi e femmine.

 

Anche in Israele sono stati raccolti dei dati significativi a proposito di questa probabile associazione. Nel Paese, dove la campagna vaccinale è interamente basata sul vaccino di Pfizer, sono stati registrati 275 casi di miocardite su più di 5 milioni di dosi somministrate tra dicembre 2020 e maggio 2021. I ricercatori israeliani ritengono possibile l’esistenza di una correlazione tra questa malattia e la somministrazione della seconda dose nei maschi di età compresa tra i 16 e i 30 anni. Questa eventualità è stata rilevata anche dall’Oms. 

I dati a disposizione indicano anche che, nella maggior parte dei casi, la miocardite e la pericardite sono lievi. Di solito i ragazzi che le sviluppano vengano dimessi dall’ospedale dopo 2-6 giorni, in seguito a un trattamento con immunoglobuline e corticosteroidi. 

 

La posizione della comunità scientifica

Quasi tutti gli esperti concordano sul fatto che anche nel caso dei bambini e degli adolescenti i vantaggi offerti dalla vaccinazione siano superiori ai rischi. Anche tra i più giovani, infatti, sono stati registrati dei casi di Covid-19 grave e decessi. Inoltre, gli effetti a lungo termine del cosiddetto Long Covid devono ancora essere valutati. Un altro fattore di rischio da non sottovalutare è la sindrome di PIMS, che può insorgere nei bambini che hanno contratto il coronavirus. Si tratta di un’infiammazione che ha effetti sulla salute del cuore e può determinare delle gravi conseguenze a lungo termine. Inoltre, non vaccinare le fasce più giovani della popolazione potrebbe favorire lo sviluppo di nuove varianti. Prima di sottoporre un bambino alla vaccinazione, gli esperti invitano comunque a consultare un medico o un pediatra, così da valutare caso per caso.

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