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Covid, in Cile casi in aumento nonostante le vaccinazioni: ecco perché

Salute e Benessere
©Ansa

Una possibile spiegazione del "paradosso cileno" è la scarsa efficacia del vaccino  cinese Sinovac, il più utilizzato nel Paese. L'ipotesi più immediata, invece, è che con l’allentamento delle restrizioni i cileni abbiano abbassato troppo presto la guardia

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Da fine marzo gran parte del Cile è tornata in lockdown quasi totale, per l'aumento dei casi di infezione da coronavirus, in crescita nonostante la campagna di vaccinazione di massa anti-Covid, per la quale circa 7,2 milioni di persone (su 18 milioni di abitanti) hanno già ricevuto almeno una dose.
Ma cosa sta succedendo in Cile? E perché il numero di nuovi contagi non smette di salire nonostante il Paese abbia uno dei più alti tassi di vaccinazione al mondo? Come riporta il Corriere della Sera, il cosiddetto "paradosso cileno" ha più di una possibile spiegazione. Una di queste è legata alla "scarsa" efficacia dei vaccini anti-Covid utilizzati nel Paese, e in particolare del preparato cinese Sinovac.

Vaccino cinese Sinovac, studio: efficacia del 54%

Uno studio dell’Universidad de Chile sui risultati della campagna di vaccinazione del Cile, dove si utilizza principalmente il vaccino cinese Sinovac (93%) e per il restante 7% Pfizer-BioNTech, ha dimostrato che l'efficacia del vaccino cinese nel prevenire le infezioni da Covid-19 è di circa il 54% nei soggetti che hanno ricevuto anche la seconda dose. Si tratta di  un valore simile a quello emerso da uno studio di efficacia del preparato cinese effettuato in Brasile dall’Instituto Butantan (50,4%).
Anche la stessa Cina, negli scorsi giorni, ha ammesso che per la prima volta la scarsa efficacia dei suoi vaccini contro il Covid-19. "Non hanno un tasso di protezione molto alto", ha dichiarato Gao Fu, direttore dei Centri cinesi per le malattie Controllo e prevenzione, in una conferenza stampa sabato scorso.

Un'altra possibile spiegazione

Un'altra possibile spiegazione del "paradosso cileno", come spiegato in un articolo del New York Times pubblicato negli scorsi giorni, è che con l’allentamento delle limitazioni agli spostamenti e la riapertura di scuole e negozi, i cileni abbiano abbassato troppo presto la guardia, illudendosi che la pandemia fosse solo un ricordo.  
Come ha sottolineato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), l’immunizzazione non sostituisce la prevenzione. "C’è chi smette di osservare misure come il distanziamento fisico, l’igiene personale, l’aerazione degli spazi o il divieto di assembramento. Ma o vaccini sono solo uno degli strumenti per frenare i contagi e non possiamo dormire sugli allori solo perché ci siamo vaccinati", ha dichiarato Maria Van Kerkhove, responsabile dell’unità tecnica anti-Covid dell’Oms.
Posizione condivisa anche da Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'Azienda ospedaliera di Padova, che si è recentemente espresso sul caso cileno. "Non si può pensare che il vaccino risolva tutto automaticamente se non si fa un monitoraggio sulle varianti e se non si fa una blindatura dei movimenti transnazionali. Il Cile ci dice esattamente cosa può succedere se si usa un vaccino, o un mix di vaccini, come in Cile, che non ha una grande capacità protettiva, allo stesso tempo se non si fa attenzione all'entrata delle varianti e si lascia liberi tutti con movimenti internazionali. Non ci vuole la sfera di cristallo", ha dichiarato Crisanti all'Ansa.

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