Secondo una ricerca pubblicata su Science Immunology, gli anticorpi cominciano a diminuire dopo 20 giorni dall'insorgenza dei sintomi, ma alcune cellule all’interno del sistema immunitario sono capaci di "ricordare" il virus e di stimolare una nuova produzione di anticorpi in risposta a un'eventuale riesposizione al virus
L'immunità al nuovo coronavirus per chi ha contratto l'infezione durerebbe almeno 8 mesi. È quanto emerso da un nuovo studio australiano, pubblicato su Science Immunology, che ha analizzato la risposta anticorpale di un campione composto da 25 pazienti.
I risultati, inoltre, rafforzano la probabilità che la protezione conferita dai vaccini, come quelli prodotti da Pfizer e Moderna, potrebbe durare per lunghi periodi.
Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che le cellule B della memoria presenti all'interno del sistema immunitario sono in grado di "ricordare" l'infezione da parte del virus e di innescare una risposta immunitaria protettiva, in seguito a un'eventuale riesposizione al virus, attraverso la rapida produzione di anticorpi.
Lo studio nel dettaglio
Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori hanno effettuato misurazioni periodiche dei livelli di anticorpi su 25 pazienti Covid-19, prelevando in totale 36 campioni di sangue dal giorno 4 dopo l'infezione al giorno 242. "I pazienti sono stati classificati in tre livelli di gravità della malattia: sei con malattia grave che richiedeva supporto respiratorio nell'unità di terapia intensiva, tre con malattia moderata che richiede il ricovero ospedaliero non in terapia intensiva e 16 con malattia lieve", precisano gli autori dello studio.
Anticorpi in calo dopo 20 giorni dai sintomi
Esaminando la risposta anticorpale del campione, il team di ricerca ha scoperto che gli anticorpi contro il virus hanno iniziato a diminuire dopo 20 giorni dall'insorgenza dei sintomi. Tuttavia, è emerso che fino a otto mesi dopo l'infezione tutti i partecipanti hanno continuato ad avere cellule B della memoria in grado di "riconoscere" uno dei due componenti proteici del virus Sars-CoV-2. "I risultati danno speranza sull'efficacia di qualsiasi vaccino contro il virus e spiegano anche perché vi siano stati così pochi esempi di vera reinfezione tra milioni di persone risultate positive al virus a livello globale", ha precisato il professor Menno van Zelm, della Monash University, tra i ricercatori che hanno condotto lo studio.