Il trattamento, basato su “estratti” di cellule staminali del midollo osseo è stato al centro di uno studio preliminare, condotto da Silvia Coco dell'Università di Milano Bicocca su cellule in provetta e poi su animali con la malattia
In futuro, una nuova terapia sperimentale a base di “estratti” di cellule staminali del midollo osseo (note come cellule mesenchimali) potrebbe essere veicolata sotto forma di spray nasale nei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer per ridurre l’infiammazione del cervello e proteggere i neuroni, portando, forse, a un miglioramento del quadro cognitivo della malattia. Questo trattamento sperimentale è stato al centro di uno studio preliminare, condotto da Silvia Coco dell'Università di Milano Bicocca su cellule in provetta e poi su animali con Alzheimer. I risultati ottenuti hanno dimostrato la sua capacità di ridurre lo stato infiammatorio del cervello in aree chiave per l’apprendimento e la memoria, quali l’ippocampo e la corteccia enterinale.
Lo svolgimento dello studio
L’esito positivo di questa ricerca, pubblicata sulle pagine della rivista specializzata Stem Cells Translational Medicine, potrebbero portare allo sviluppo di una terapia finalizzata a rallentare il decorso del morbo di Alzheimer, difendere i neuroni e forse ridurre la formazione di placche tossiche della sostanza beta-amiloide. A sostenerlo è la dottoressa Coco in persona, la quale però ribadisce che si tratta di un lavoro ancora in fase preliminare, lontano da possibili applicazioni cliniche. "Con due iniezioni nasali a distanza di poche ore l'una dall'altra abbiamo somministrato agli animali le vescicole estratte dalle staminali e visto che hanno effetto antinfiammatorio su ippocampo e corteccia enterinale, le aree maggiormente affette da Alzheimer", spiega l’esperta.
I risultati ottenuti
“Non sappiamo esattamente cosa contengano le vescicole - precisa la dottoressa Coco - possono contenere proteine e grassi e anche piccoli pezzetti di materiale genetico; il tentativo delle prossime ricerche sarà capirne il contenuto, per capire in che modo sortiscono l'effetto antinfiammatorio notato che sembra perdurare almeno fino a 25 giorni dalla somministrazione. Abbiamo visto anche effetti protettivi sul neurone e un'azione preventiva sulla formazione di placche tossiche", precisa. Il prossimo passaggio, conclude, sarà verificare se gli effetti osservati si traducono in un miglioramento cognitivo e comportamentale del topo con Alzheimer.