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Decreto elezioni, cosa cambierebbe con la legge del terzo mandato per i sindaci

Politica

Il governo ha rivisto le norme riguardanti il limite agli incarichi per i primi cittadini, optando per l'abolizione completa nel caso dei Comuni più piccoli. Secondo i dati raccolti in un report da Openpolis, però, non si evidenzia la necessità di aumentarne il numero. Ora, in vista delle Regionali, è in discussione un emendamento della Lega che vorrebbe ampliare la possibilità anche per i sindaci delle grandi città e per i presidenti di Regione. Una modifica che però potrebbe comportare qualche rischio

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Il dibattito sull’eventualità di un terzo mandato per sindaci e governatori sta creando tensioni in tutto l’arco parlamentare, sia nella coalizione di centrodestra sia nel Pd, dove anche la segretaria Elly Schlein si muove su un terreno minato. La maggioranza è chiamata a trovare una composizione prima di giovedì, quando è previsto il voto sull'emendamento della Lega, che chiede di non porre limiti alle rielezioni di sindaci e governatori. Recentemente il governo ha emesso un decreto legge (Dl 7/2024) con disposizioni urgenti riguardanti le elezioni del 2024 con cui stabilisce i giorni e gli orari per le elezioni europee di giugno. Oltre a questo, il dl modifica il testo unico degli enti locali (Tuel) per quanto riguarda il numero massimo di mandati per i sindaci, aumentando il limite a 3 per i comuni con una popolazione tra 5 e 15mila abitanti e abolendolo completamente per quelli più piccoli. Una delle motivazioni principali di questa norma è agevolare i piccoli centri che spesso hanno difficoltà a trovare candidati. La norma, però, sembra entrare in conflitto con alcuni principi costituzionali importanti. Ciò non implica necessariamente che sia illegittima, ma, come sottolinea Openpolis in un suo recente report, ci sono ragioni valide per riflettere sull'opportunità di concedere a una singola figura politica un potere così ampio sul proprio territorio per lunghi periodi. Come già sottolineato, mentre il parlamento discute la conversione del decreto in legge alcuni esponenti della Lega hanno proposto emendamenti che estenderebbero il limite di mandati a tre anche per i primi cittadini dei grandi Comuni e i presidenti di Regione, i un contesto in cui c'è un forte dibattito politico sulla tendenza a rafforzare gli organi esecutivi.  Il Carroccio infatti non ha ritirato i provvedimenti sul terzo incarico dei sindaci delle grandi città e dei governatori, che saranno dunque votati in Commissione Affari costituzionali, dove Fi e Fdi si sono espressi contro. 

Come funziona la legge sui mandati in Regioni e Comuni

La legge prevedeva quindi un limite di due mandati per i Comuni con una popolazione superiore ai 5mila abitanti e di 3 per quelli di dimensioni inferiori, almeno nelle regioni a statuto ordinario. Tuttavia, sottolinea Open Polis, il nuovo decreto stabilisce un limite di 3 mandati per i Comuni con una popolazione compresa tra 5 e 10mila abitanti e nessun limite per quelli più piccoli. Secondo quanto chiarito nella relazione al decreto, la ragione di questa modifica deriverebbe dalla difficoltà nel trovare candidati per il ruolo di sindaco nei piccoli centri. Infatti, con la diminuzione del numero di residenti, cresce la percentuale di Comuni in cui il primo cittadino è almeno al secondo mandato. Secondo le rilevazioni di Open Polis, questo dato raggiunge quasi il 50% (48,4%) nei centri più piccoli, mentre si riduce al 42,3% nei comuni tra 5 e 15mila abitanti e al 36,8% nei Comuni più grandi. Comefa notare sempre Open Polis, “il dato è influenzato dalle norme stesse”. Se però la legge stabilisse ovunque un limite di due mandati, come fa notare Openpolis, “i Comuni in cui oggi i primi cittadini sono al terzo incarico avrebbero necessariamente un sindaco al primo mandato. Osservando allora esclusivamente la quota di sindaci al secondo mandato emerge che il dato nei piccoli Comuni (34,3%) è addirittura più basso di quello dei comuni più grandi (36,9%)”. 

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L’Umbria è la regione con la percentuale più alta di sindaci oltre il primo incarico

Attualmente, esistono già alcuni piccoli Comuni con sindaci al quarto mandato e altri, con una popolazione tra 5 e 10mila abitanti, in cui il sindaco è al terzo mandato. Nel primo caso, spiega Openpolis, ce ne sono cinque in Sardegna. In queste località, infatti, la legge regionale consentiva già questa possibilità. Questa normativa però è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale e non è più in vigore, ma la sentenza non ha avuto effetti sui sindaci di questi territori, che sono rimasti in carica. Inoltre, va considerato che attualmente la loro posizione risulta conforme alle regole previste dal nuovo decreto. La Sardegna non è però una delle regioni con la percentuale più alta di sindaci che hanno superato il primo incarico (42%) nei piccoli comuni. Nelle prime posizioni, infatti, secondo i dati di Openpolis si trovano l’Umbria (57,1%), le Marche (54,4%), la Toscana (51,7%) e il Lazio (51%). In termini assoluti, tuttavia, le regioni in cui in futuro potrebbero beneficiare maggiormente dell'abolizione del limite di mandati sono il Piemonte e la Lombardia, territori che ospitano numerosi comuni con una popolazione inferiore ai 5mila abitanti. Oltre alla Sardegna, fa notare Open Polis, anche nella Provincia autonoma di Bolzano le disposizioni della legge elettorale differiscono da quelle nazionali, consentendo tre mandati consecutivi in tutti i Comuni. Ad oggi, non ci sono sindaci al terzo mandato nei Comuni con una popolazione superiore ai 15mila abitanti, ma sei Comuni nella fascia di popolazione tra i 5mila e i 15mila abitanti si trovano in questa situazione. Nonostante le modifiche apportate dal nuovo decreto, questa legge provinciale continua a contrastare con la normativa nazionale riguardo ai Comuni più grandi. “Per questo, nonostante la norma sia ancora in vigore, è probabile che in futuro venga cambiata o che incorra a sua volta in una dichiarazione di illegittimità costituzionale”, spiega Openpolis.

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Il caso Sardegna e il caso Bolzano

Nel suo report, Openpolis poi si concentra sui motivi s che hanno portato alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale della Sardegna (e presumibilmente anche di quella di Bolzano). “Da una parte – si legge - è bene chiarire che le ragioni della pronuncia si fondano sulla violazione dell’articolo 51 della Costituzione. Una norma che garantisce la parità di accesso alle cariche elettive di tutti i cittadini Italiani. Infatti malgrado lo statuto regionale preveda la competenza della Sardegna in materia di ordinamento degli enti locali, la consulta ha ritenuto che aumentare il numero massimo di mandati avrebbe comportato una differenza ingiustificata nel diritto di elettorato passivo tra i cittadini italiani”. Nel motivare la sua decisione, quindi la Corte ha dichiarato che la questione della difficoltà nel trovare candidati sindaco nei piccoli Comuni non riguarda in modo particolare la regione Sardegna, “suggerendo dunque che la questione debba eventualmente essere risolta sul piano nazionale”. Da questo punto di vista, il nuovo decreto sembra seguire la direzione indicata dalla Consulta. Tuttavia, per Openpolis permangono dubbi sia sulla legittimità costituzionale sia sull'opportunità politica di tale decreto.

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Quali rischi comporta l’abolizione del limite dei tre mandati

Dalle considerazioni della Corte, infatti, emergono diversi punti che suscitano perplessità, specialmente riguardo alla decisione di abolire completamente il limite nei Comuni più piccoli. Il report di Openpolis, infatti, spiega che, come evidenziato dalla giurisprudenza e dalla dottrina, c'è un ampio consenso sul forte legame tra elezione diretta e limite al numero di mandati. Inoltre, la Corte ha sottolineato i rischi di clientelismo e di personalizzazione del potere che potrebbero derivare dall'assenza di questo margine. “Il limite – recita la sentenza della Consulta 60/2023 - in parola ha lo scopo di tutelare il diritto di voto dei cittadini […] impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi […] che possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo; serve a favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere dell’amministratore locale”. Inoltre, secondo la Corte, questo principio ha anche il ruolo di proteggere altri diritti costituzionalmente garantiti, incluso l'effettivo carattere democratico della vita politica nei comuni: “La previsione del numero massimo dei mandati consecutivi – spiega la stessa sentenza - riflette infatti una scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali”. Secondo Openpolis, l'obiezione riguardante l'abolizione del limite solo nei Comuni più piccoli non sembra essere particolarmente solida. Infatti, la stessa sentenza sottolinea chiaramente come i potenziali rischi diventino più evidenti nei livelli di governo in cui vi è una maggiore prossimità tra elettore ed eletto. Per avere una comprensione completa della posizione effettiva della Consulta, sarà quindi necessario attendere che la norma venga eventualmente sottoposta al suo giudizio, se ciò avverrà. Tuttavia, spiega Openpolis, resta il fatto che l'abolizione completa del limite sembra comportare numerosi rischi. Infine, da un punto di vista politico, è importante notare come questa legge sembri essere parte di una tendenza più ampia che favorisce un rafforzamento del potere esecutivo, soprattutto nel suo vertice, a tutti i livelli di governo. “Di estendere o abolire il limite al numero di mandati infatti si è parlato anche per i sindaci dei Comuni più grandi e per i presidente di Regione. Senza contare poi il disegno di legge costituzionale in discussione in parlamento, con cui la maggioranza intende introdurre in Italia una forma di premierato”, conclude Openpolis.

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