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Smart working, polemica in Sardegna. Assessore: "Dipendenti lavorano poco". Poi si scusa

Politica
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Bufera dopo le parole di Chessa intervenuto in videoconferenza durante la seduta del consiglio comunale di Dorgali. "I lavoratori stanno a casa, non possono essere controllati, hanno preso anche i buoni pasto e ciò è immorale". Le affermazioni sono state criticate anche dalla presidente della commissione Lavoro alla Camera, Romina Mura: "Esternazioni fuori luogo"

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Lo smart working al centro di una polemica in Sardegna. A scatenarla un intervento dell’assessore regionale al Turismo Gianni Chessa (Partito Sardo d’Azione), collegato in videoconferenza, durante la seduta del consiglio comunale di Dorgali (Nuoro) dello scorso 19 aprile. "I dipendenti pubblici stanno a casa, non possono essere controllati e lavorano pochissimo, hanno preso anche i buoni pasto e questo è immorale e poco etico. Ma è quello che è successo in Regione Sardegna", ha detto Chessa. Le sue parole sono state rilanciate sui social, non senza critiche. Chessa ha successivamente chiesto scusa. "Esprimo profondo rammarico - scrive in una nota - e nutro il massimo rispetto per i dipendenti della Regione e, specificamente, per quelli del mio assessorato, e sono consapevole dei sacrifici e disagi ai quali si sono sottoposti soprattutto nel corso dell'ultimo anno".

Chessa: "Pratiche in ritardo perché lavorano in pochi"

Chessa durante l’intervento al consiglio comunale di Dorgali ha spiegato ai consiglieri le ragioni dei ritardi nel disbrigo di varie pratiche, compresi i ristori per i sardi che hanno più pagato la crisi. "L'unico piano che in questo assessorato lavora è il quarto, dove mi trovo io con il mio staff - dice - gli altri sono a casa, ecco il perché dei ritardi: non c'è il personale che fa le pratiche e a pagarne lo scotto sono i cittadini che hanno bisogno dei soldi, non certo l'impiegato pubblico con la busta paga. Altro che fare il processo alla politica e ai politici”.

Le proteste contro l'intervento di Chessa

Il consigliere regionale di LeU, Eugenio Lai, ha chiesto un chiarimento a Chessa in una delle ultime sedute dell'Assemblea sarda. Anche il gruppo dei Progressisti ha protestato contro l’assessore. L’affermazione di Chessa non è piaciuta nemmeno al presidente dello stesso Partito Sardo d’Azione Antonio Moro, il quale, postando il video sul suo profilo Facebook, ha scritto: "Il problema sarà quando controlleranno te. Contieniti e porta rispetto a chi lavora e a chi si impegna per la Sardegna dopo aver studiato, fatto sacrifici e fatto i concorsi. Ora basta”.

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La presidente della commissione Lavoro alla Camera: "Amarezza"

Anche la presidente della commissione Lavoro alla Camera Romina Mura (Pd) ha contestato l’intervento di Chessa sullo smart working: "Amarezza e stupore per parole che rivelano mancanza di rispetto sia verso il lavoro dei dipendenti pubblici sia verso il ruolo istituzionale ricoperto: un assessore regionale dovrebbe ben sapere cosa sia il lavoro agile in emergenza e soprattutto non lasciarsi andare a esternazioni completamente fuori luogo. Invece di avventurarsi a discettare sulla possibilità di controllare i dipendenti attraverso le telecamere dei pc - suggerisce Mura - l'assessore Gianni Chessa si impegni nelle sue competenze e, assieme a tutta la Giunta, si adoperi per l'urgenza vera della Sardegna: uscire dalla pandemia e dalla zona rossa per far ripartire l'economia. Con la Regione in queste condizioni prendersela con i dipendenti o con il coprifuoco è assurdo".

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Le scuse di Chessa

Chessa, nella nota in cui ha fatto marcia indietro, ha spiegato che le sue affermazioni "erano il frutto non di un mancato riconoscimento del lavoro svolto, ma della frustrazione nel continuare a vedere che, a causa della pandemia, gli uffici sono costretti a lavorare sempre in un regime di emergenza, ciò che comporta necessariamente (ma per cause che non dipendono dall'impegno dei dipendenti) un rallentamento della macchina amministrativa e, quindi, l'impossibilità di raggiungere tutti i risultati che come Giunta e come assessorato avevamo programmato". Tuttavia, ha concluso Chessa, "mi rendo conto che le mie parole sono risultate fuori luogo. Chi mi conosce sa che è nel mio carattere utilizzare spesso espressioni simboliche e colorite, per enfatizzare i miei discorsi. In questo caso, lo riconosco, è venuto fuori un pensiero che non mi appartiene e pertanto ribadisco a tutti le mie scuse”.

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